Focus: Inversioni

Vaccini “informatici” e rapidi

Vaccinazione
di Vito Michele Fazio

Dai primi modelli proposti da Jenner e Pasteur, questi strumenti di prevenzione medica si sono molto  evoluti, arrivando a una sorta di rivoluzione con la "reverse vaccinology", basata non sull'isolamento e la coltura dell'agente patogeno ma sul suo  studio a partire dalla sequenza genica. Di questo e di altre importanti ricadute della "scienza inversa dei vaccini", parla il direttore dell'Istituto di farmacologia traslazionale del Cnr

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La pandemia di Covid-19 ha riportato alla ribalta l’importanza dei vaccini per arginare la diffusione degli agenti infettivi, salvare vite umane e permettere normali relazioni sociali e normali spostamenti di persone. In questo caso però l’agente era completamente nuovo e poche notizie si potevano dedurre dal passato. Il nostro sistema immunitario non aveva sperimentato questo virus e non era possibile assumere informazioni pregresse sulla risposta e l’andamento di malattia. La medicina doveva sviluppare da capo gli strumenti e le analisi dei meccanismi per comprendere come opporsi a questa nuova minaccia.

In questa pandemia, però, l’umanità poteva contare su un nuovo modo di pensare la scienza medica e di rapportarsi alle sfide sanitarie. La cosiddetta medicina di precisione aveva già sviluppato negli ultimi decenni un sistema integrato di analisi dei problemi e strumenti che sfruttano varie discipline via via disponibili, insieme alla capacità di archiviare dati su tutte le componenti degli agenti patogeni (informazione genetica; proteine costituenti e loro conformazione nel patogeno, virus o batterio o altro che sia; lipidi e zuccheri che costituiscono le membrane di questi; etc.) e sulle modalità di risposta a tali patogeni da parte dei diversi individui, in relazione alle differenti modalità di ogni uomo di riconoscere gli antigeni esterni (la risposta immunitaria e la capacità di riconoscere il non-se-stessi, il non-self, gli antigeni). Da una parte la capacità informatica di archiviare, catalogare, interrogare e collegare un numero enorme di dati; dall’altra la capacità di ricostruire e riconoscere funzioni e interazioni funzionali, in relazione le une alle altre, e di ricostruire nello spazio la conformazione delle molecole antigeniche con le molecole del sistema immunitario nelle differenze di ogni individuo (Mhc1-2, Tcr, anticorpi, etc.), ha permesso una accelerazione enorme allo sviluppo di vaccini specifici.

La scienza dei vaccini ha fatto passi da gigante da quando Jenner (1796) e Pasteur (1881) proposero i primi modelli di vaccini. Da questi primi successi la scienza e la tecnologia dei vaccini hanno permesso di eradicare malattie infettive mortali o estremamente invalidanti attraverso vaccini sempre più efficaci, sviluppando al contempo sistemi di controllo e di regolazione sia dei dati necessari alla sperimentazione sull’uomo, sia della costruzione e produzione industriale di questi (scienze regolatorie ed Agenzie Internazionali e nazionali indipendenti). Dalle prime sperimentazioni molto artigianali arriviamo nell’ultimo decennio del ’900 a una vera rivoluzione proposta da due scienziati italiani, Rino Rappuoli e Alessandro Sette: la “reverse vaccinology”. La traduzione diretta, “scienza inversa dei vaccini”, non rende merito alla proposta. In effetti, si tratta di invertire il processo mentale per lo sviluppo dei vaccini: invece di partire dall’isolamento e coltura dell’agente patogeno, con tutte le prove poi di infezione in vitro (in provetta su colture cellulari) o in vivo (su modelli animale), confrontati con l’andamento di malattia e la risposta immunitaria nei singoli casi (processi molto lunghi, pericolosi e dispendiosi), si studia il patogeno a partire dalla sequenza genica. Le tecnologie genomiche sono diventate estremamente sensibili, rapide ed economiche, permettendoci di avere in poco tempo la sequenza genomica completa di batteri, virus, funghi, etc. Allo stesso tempo, la bioinformatica ha sviluppato diversi sistemi di analisi che sono in grado di decodificare rapidamente i genomi, individuando i geni codificanti e poi determinando le strutture proteiche, semplicemente confrontando questi con enormi databases che contengono informazioni sulle funzioni di alcune sequenze proteiche, la loro conformazione in un contesto o l’altro, le possibili interazioni molecolari, la loro posizione nel patogeno, etc. Più la scienza evolve, più questi archivi molecolari si arricchiscono di dati e funzioni. Allo stesso tempo, altri databases sono stati strutturati per contenere tutta la variabilità del sistema immunitario di ogni individuo (Hla 1-2-3, immunoglobuline, etc.) in modo da poter predire come ogni singola variante individuale (per spiegare in concetti conosciuti, le stesse che una volta definite ci permettono i trapianti d’organo) sia capace di interagire con gli antigeni dei patogeni e produrre una risposta immunitaria. Questo modo di procedere riduce enormemente tempi e costi, arrivando a definire in tempi rapidi il miglior antigene da usare in un vaccino. Servono poi la sperimentazione e i dati epidemiologici per comprendere quale, tra i potenziali candidati antigeni selezionati, sia capace di dare una risposta protettiva e indurre una memoria immunitaria, che sia capace di rispondere nel tempo e impedire l’infezione. Ma il processo decisionale è estremamente efficiente ed efficace, nonché rapido e affidabile. Tra il 2000 ed il 2013 il gruppo di ricerca di Rappuoli identificò e portò in clinica il primo vaccino (MenB) ideato secondo questo schema. Un corollario molto recente a questa impostazione è stata la possibilità di iniziare lo studio di un vaccino partendo dalla sola sequenza genomica del patogeno attraverso comunicazione tra scienziati via web e Internet (internet-based vaccines). Questo permette di correlare tra loro numerose sequenze del patogeno da campioni isolati in varie parti del mondo, paragonarli, definire vie evolutive nelle mutazioni, stabilire correlazioni tra eventi e sequenze, etc. Questo processo applicato alla pandemia da Covid-19 ha contribuito a sviluppare in tempi brevissimi vaccini efficaci.

Batteri

L’importanza della “reverse vaccinology” non si limita al processo decisionale descritto, ma ricade anche su altri aspetti della scienza dei vaccini. Infatti, l’ingresso delle tecnologie informatiche nella strutturazione del “farmaco vaccino” hanno permesso l’integrazione anche di altre tecnologie che hanno ulteriormente potenziato questo processo e reso ancora più specifici i vaccini prodotti, riducendo tempi e potenziali tossicità o effetti collaterali. La proteomica, la scienza cioè che studia le proteine, quelle molecole che costituiscono in maniera più frequente gli antigeni, ha sviluppato informazioni importanti sulla conformazione delle proteine, le diverse parti che le costituiscono e i loro ruoli funzionali, la posizione che assumono staticamente o dinamicamente all’interno delle cellule, le loro interazioni con altre molecole, tra patogeno per esempio e molecole immunitarie, permettendo il disegno di vaccini basati sulla strutture (structural vaccinology o structure-based antigen design). Questo approccio consente la modellizzazione su computer degli antigeni come sono in natura, sul patogeno, e delle principali molecole umane che permettono la presentazione dell’antigene per la risposta immunitaria, per studiare le loro interazioni. In questa maniera il disegno di un vaccino diviene ancora più preciso e può prevedere risposte non idonee o non volute.

Questa potente evoluzione tecnologica si sposa anche con altri due sviluppi recentissimi. Infatti, la possibilità di dissezionare sempre più specificamente l’antigene e la sua immunogenicità ha permesso di studiare e inserire nei vaccini altre molecole che aiutano e orientano la risposta immunitaria dell’individuo: gli adiuvanti. Queste molecole permettono nella stessa logica di processo di stimolare la presentazione dell’antigene e di aiutare le cellule immunitarie a maturare in direzione di una risposta più efficace e specifica. In questa maniera possiamo orientare il tipo di risposta immunitaria più utile in determinati contesti, dalla modalità di contagio ed infezione allo sviluppo della malattia. La scelta dell’adiuvante si è sposata anche con un altro importante sviluppo della scienza biomedica dagli anni ’90 a oggi. Il vaccino così strutturato ha bisogno di un vettore che permetta l’inoculo dell’antigene insieme all’adiuvante e lo indirizzi verso le cellule immunitarie. La cosiddetta “synthetic biology” ha permesso di sviluppare diversi sistemi per veicolare il vaccino, dai vettori virali alla iniezione diretta di acidi nucleici - Dna e Rna - direttamente nell’individuo allo sviluppo di particelle lipoproteiche, nanoparticelle, etc. Queste tecnologie e le informazioni a loro connesse hanno ulteriormente velocizzato lo studio e la realizzazione di vaccini, unendo le tecnologie del vettore a quelle dell’adiuvante più specifico e utile nel contesto. Anche in questo caso, la pandemia da Covid-19 è stato un importante banco di prova e un successo significativo dei vaccini ad mRna.

La pandemia è stato come detto un importante banco di prova, ma altre emergenze e urgenze simili, meno appariscenti al grosso pubblico, stanno minacciando la salute dell’uomo. La globalizzazione dei viaggi e dei commerci, gli squilibri climatici, gli squilibri nella vita delle persone, dallo stress lavorativo allo stravolgimento dei ritmi giorno-notte, l’uso un po’ indiscriminato di antibiotici per diversi scopi negli animali e nell’uomo stanno producendo effetti imprevisti sulle zoonosi e nuovi passaggi di patogeni dagli animali all’uomo, così come lo sviluppo di resistenze sempre più importanti agli antibiotici. La necessità quindi di nuovi vaccini non riguarda solo nuove malattie insorgenti, ma anche vecchie malattie, per bloccare le infezioni e il ricorso agli antibiotici. Sono infatti allo studio nuovi vaccini per quei ceppi antibiotico-resistenti che creano mortalità significativa e investimenti economici consistenti per la cura. Per fare questo, tutte le informazioni e i processi descritti divengono fondamentali per orientare la risposta immunitaria de vaccini e adattarla al contesto. Nelle malattie infettive croniche o nelle infezioni antibiotico-resistenti dobbiamo sovrastare una risposta che evidentemente non ha funzionato in maniera efficace e quindi dobbiamo saper scegliere in maniera opportuna l’antigene specifico e modulare in maniera appropriata tutto il sistema immunitario.

Fonte: Vito Michele Fazio, Istituto di farmacologia traslazionale, e-mail: vitomichele.fazio@ift.cnr.it