Focus: Animali

Quelle malattie "bestiali"  

Gatto
di Francesca Gorini

Oltre al Sars-CoV-2, destano preoccupazione anche altri virus di provenienza animale, come la peste suina e il vaiolo delle scimmie: il virologo e direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr Giovanni Maga ci aiuta a capire se e quanto dobbiamo temerli

Pubblicato il

Con la pandemia, tutti abbiamo imparato a conoscere termini come “spillover” o “salto di specie”: è così, infatti, che il Sars-CoV-2 è arrivato dall’animale all’uomo. Non sappiamo esattamente quale animale abbia fatto da “ponte” tra il pipistrello, serbatoio naturale del Sars-CoV-2, e l’uomo. Certo è che non tutti gli animali sono portatori di questo virus, né ci sono particolari rischi per coloro che possiedono animali domestici.

La recente notizia di un caso accertato di contagio da un animale domestico all’uomo, l’episodio verificatosi in Thailandia di un gatto che ha starnutito mentre una veterinaria lo stava visitando, ha confermato ciò che i virologi sapevano già: “Era noto da tempo che il virus può contagiare alcuni animali: è una caratteristica di tutti i Coronavirus e Sars-CoV-2 non fa eccezione. Ma a fronte di centinaia di milioni di persone contagiate e altrettanti animali domestici che con loro convivono, questo è finora l’unico caso documentato: un evento pertanto rarissimo, che fa pensare che gli animali domestici non siano vettori efficienti del virus”, afferma il virologo e direttore dell’Istituto di genetica molecolare (Igm) del Cnr Giovanni Maga. 

Oggi, oltre al Sars-CoV-2, sono altri virus di provenienza animale a destare preoccupazione, come la peste suina e il vaiolo delle scimmie: quanto dobbiamo preoccuparci?  “Circa il 75% delle malattie infettive nuove o emergenti, cioè che hanno colpito l'uomo negli ultimi 10 anni, è stato trasmesso da animali o da prodotti di origine animale: pensiamo a Ebola o Zika, solo per citare i casi più eclatanti. Altre le conosciamo da tempo, e di alcune si è persino persa la memoria: rabbia, malattia di Lyme, toxoplasmosi. Tutte queste patologie vanno sotto il nome di zoonosi: sono, cioè, infezioni tra animali e uomo che possono essere trasmesse direttamente - tramite il contatto - o indirettamente, attraverso il consumo di alimenti infetti, o contaminazione dell’ambiente, acqua, aria, suolo, oggetti vari”, spiega il ricercatore del Cnr-Igm.

Con riferimento al vaiolo delle scimmie, che proprio in questi giorni ha registrato oltre 6.000 contagi in Europa di cui circa 300 in Italia, Maga ritiene non sia il caso di allarmarsi. “In questo caso siamo di fronte a una malattia che non si trasmette in modo facile e ha un decorso benigno. Mentre il Covid si trasmette respirando, determinando così una contagiosità molto elevata, per il vaiolo è necessaria una prossimità prolungata con un infetto. Pertanto, adottando comportamenti prudenti è possibile limitare con facilità i contagi. Inoltre, la caratteristica di questo virus è di generare piccoli focolai che vengono agevolmente identificati e circoscritti: sembra, infatti, che i primi contagi siano partiti dalle Canarie durante un evento di massa, un esempio di come, se sussistono le condizioni, la trasmissione possa avvenire anche in contesti lontani dal luogo di origine del virus, che in questo caso è l’Africa”.

Non è invece classificabile come zoonosi la peste suina, una patologia che si sta rapidamente diffondendo tra le popolazioni di cinghiali selvatici, in particolare nelle regioni nordovest del nostro Paese, e che ha portato a misure restrittive soprattutto in Liguria e Piemonte. “Sebbene si tratti di una malattia molto virulenta, non esistono pericoli per noi: è una patologia che non si diffonde nell’uomo, neppure se dovessimo mangiare carne di maiale infetta. Il vero problema - che spiega la ragione delle misure contenitive adottate - consiste nel rischio che il patogeno colpisca gli allevamenti: il danno economico sarebbe molto pesante”, conclude l'esperto. 

Fonte: Giovanni Maga, Istituto di genetica molecolare, e-mail: giovanni.maga@cnr.it

Tematiche