Studenti in prima linea in difesa dei mari
Grazie al progetto SeaCleaner, gli alunni di molti istituti superiori di Liguria, Piemonte e Toscana hanno partecipato attivamente alle campagne di raccolta e analisi dati sui rifiuti marini, soprattutto quelli in plastica, particolarmente dannosi per l'ambiente e la fauna
L'ambiente marino, come quello terrestre, è contaminato dai rifiuti umani: lo sversamento mondiale di spazzatura in mare è pari a circa 10 milioni di tonnellate e il 75% è costituito da oggetti di plastica. È un problema molto grave, dal momento che questo materiale impiega millenni per decomporsi. “La molecola che forma la plastica è un polimero, quando viene esposto ai raggi solari i legami che tengono insieme gli atomi si rompono (fotodegradazione)”, spiega Silvia Merlino, ricercatrice dell'Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr di La Spezia. “Se i detriti più grandi possono causare danni soprattutto alla macro fauna marina (strangolamento, soffocamento, ecc.), i minuscoli frammenti così prodotti possono essere facilmente ingeriti anche dalla microfauna, con danni non ancora accertati del tutto”.
È necessario che ci sia una maggiore consapevolezza di tale questione anche da parte della popolazione, in particolare delle nuove generazioni. E proprio a questo mira il progetto 'SeaCleaner', che il Cnr-Ismar porta avanti dal 2013 insieme a realtà quali l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, l'Enea, i Parchi marini e associazioni come Legambiente e Marevivo, e che ha coinvolto numerosi istituti scolastici di Liguria, Piemonte e Toscana. “SeaCleaner coniuga ricerca, scienza partecipativa ed educazione alla sostenibilità ambientale e civile e si prefigge di avvicinare gli studenti alla scienza in modo attivo, facendoli partecipare alle campagne di raccolta e analisi dati, ampliando le loro conoscenze e competenze e consentendo così di raccogliere un gran numero di dati utili per la ricerca scientifica”, prosegue la ricercatrice. “All'interno di SeaCleaner è stato definito un protocollo di monitoraggio e conteggio dei marine litter (rifiuti marini) accessibile a tutti dopo una breve formazione e in linea con le direttive europee e con le linee guida dettate dalla Marine Strategy”.
Ma cosa fanno concretamente i ragazzi? “I giovani volontari, alunni delle scuole superiori che aderiscono al progetto durante periodi di Alternanza scuola lavoro o nei tirocini educativi, partecipano attivamente a monitoraggio e raccolta dei macro e micro-rifiuti, in certi casi anche all'analisi dei dati, con la supervisione di ricercatori o tesisti”, continua Merlino. “La loro partecipazione negli ultimi anni ha permesso di collezionare una significativa quantità di dati”.
L'attività di ricerca non è però l'unica svolta dagli studenti. “Hanno partecipato alla realizzazione del documentario 'Marine Rubbish: una sfida da condividere', svolto catalogazione, conteggio e analisi al microscopio di parte dei reperti raccolti, classificato i materiali secondo schede debitamente preparate, realizzato il logo e il sito web del progetto, tenuto lezioni ad alunni di età inferiore alla loro”, conclude Merlino. “Dal questionario, sottoposto ai partecipanti per stabilire quanto il progetto SeaCleaner sia in grado di cambiare la percezione del problema inquinamento marino negli alunni coinvolti, è emerso come una modalità 'citizen science' sia estremamente efficace per avvicinare i giovani ad argomenti attuali ma non contemplati nei programmi scolastici e come porti a un aumento della loro sensibilità e delle loro conoscenze scientifiche”.
Fonte: Silvia Merlino, Istituto di scienze marine - sede secondaria di Lerici (La Spezia), tel. 0187/1788902 , e-mail: silvia.merlino@sp.ismar.cnr.it