Nello scorso numero dell’Almanacco della Scienza avevamo promesso che avremmo proseguito il discorso sulla guerra. A dire il vero, speravamo di non doverlo fare e che la crisi tra Russia e Ucraina cessasse entro le due settimane che sono trascorse, ma non ci illudevamo troppo. Pertanto, riprendiamo il tema del conflitto per parlare del nesso e delle conseguenze più stringenti che esso comporta per noi italiani: l’energia.
La guerra rischia di avere conseguenze devastanti per la nostra economia, per il nostro sviluppo, per il Piano di ripresa che l’Europa si è data dopo la pandemia, per la transizione ecologica che è stata decisa a livello Onu. Non solo perché rischia di compromettere l’approvvigionamento di una fonte da cui dipendiamo in misura fondamentale, come il gas, ma per le ricadute che le sanzioni previste contro la Federazione Russa avranno sulla nostra economia e sul nostro interscambio commerciale. Ultimo, ma primo nel pensiero di tutti, l’impatto dei profughi, le vittime civili di questo terribile scontro armato, sulle nazioni europee. Sulle quali, peraltro, si presume prosegua anche la pressione dei flussi migratori mediterranei, “desaparecidos” dai mass media. È un’annotazione a margine, ma nemmeno troppo, poiché proprio questo tipo di comunicazione a spot, che monopolizza improvvisamente le notizie su un certo tema, determina la nostra inconsapevolezza di come i processi storici evolvano e la tendenza ad aumentare ulteriormente l’infodemia, diventando anche noi fonte di ulteriori sedicenti certezze contrapposte.
A questa polarizzazione noi vorremmo, come sempre, cercare di suggerire l’alternativa del ragionamento articolato e quindi non manicheo. Sull’energia ci sono esigenze ineludibili: sostenere lo sviluppo dei Paesi avanzati che non vogliono rinunciare al loro benessere; fare fronte a quelle delle nazioni in via di sviluppo che, per le loro dimensioni demografiche, sono persino superiori alle nostre; abbandonare le risorse su cui ci siamo finora poggiati, per ragioni sia ambientali sia economico-industriali. Proprio queste esigenze rendono chiaro come l’obiettivo non sia perseguibile a livello nazionale né di aree geopolitiche, ma solo se è davvero condiviso da tutto il Pianeta.
Ciò che accade in Ucraina è terribile anche per questo. La guerra è un orrore, provoca morte e distruzione, è banale dirlo, ma se ha sempre accompagnato la storia umana evidentemente risponde a pulsioni ineludibili, aggressive e difensive. L’aggravante ulteriore dell’escalation di violenza in atto è che potrebbe portare a conseguenze imprevedibili e apocalittiche, quelle che sempre più spesso vengono chiamate “terza guerra mondiale” e che, al di là delle espressioni enfatiche, potrebbero consistere nella compromissione per un periodo lunghissimo di una collaborazione tra Est e Ovest dell’Eurasia senza la quale questo pezzo di mondo rischia di diventare sempre più una periferia marginale. Il sogno della pace tra tutti gli uomini va sempre coltivato ma non è certamente la soluzione immediata per questo problema specifico. Dovremmo forse, più pragmaticamente, tornare a focalizzare i nostri interessi di benessere per capire che potremo raggiungerli solo traguardandoli assieme.
Facile a dirsi, come sempre, molto più che a farsi. Ma leggendo questo Almanacco troverete molti spunti di grande interesse per riflettere, per comprendere quanto la situazione sia complessa. Quanto soltanto il ritorno alla ragione e alla responsabilità da parte di tutti possa farci sperare in una fine della guerra. Buona lettura.