La scienza riveste un ruolo sempre più importante nei beni culturali e nuove tecnologie affiancano i saperi tradizionali per lo studio e la conservazione di opere d’arte. A ricordarlo è il volume 'Scienza ed arte. La superficie dipinta’, a cura di Antonio Sgamellotti, Brunetto Giovanni Brunetti e Costanza Miliani, ricercatori che hanno fatto nascere e crescere una delle infrastrutture d’avanguardia per la diagnosi non invasiva: il Molab, un laboratorio mobile dotato di sofisticate attrezzature, che si reca dove c’è bisogno di indagare lo stato di salute di un’opera, che non è possibile trasferire nei laboratori.
Il volume edito dalla Royal Society of Chemistry e presentato in anteprima presso la National Gallery of Art di Washington e il Metropolitan Museum of Art di New York, che offre un’antologia di casi studio che testimoniano l’utilizzo di queste metodologie e si avvale del contributo di scienziati, storici dell'arte, archeologici e conservatori. Un’opera corposa che mette insieme lavori di 116 autori di 19 paesi, appartenenti a 79 istituzioni internazionali e a musei tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York, l'Art Institute of Chicago, il Getty Conservation Institute di Los Angeles, l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, la National Gallery e la Tate Britain di Londra, l'Academy of Fine Art di Varsavia e la National Gallery di Copenhagen.
I dipinti descritti e oggetto di studio spaziano dall’antichità al Rinascimento, fino all'arte moderna e contemporanea, e rappresentano espressioni artistiche di differenti parti del mondo: dall'estremo Oriente, all'America e all'Europa. Tra gli esempi: le superfici policrome di manoscritti pre-colombiani e medievali, le immagini nascoste sotto la superficie di dipinti di Van Gogh, la conservazione degli acrilici nell'arte contemporanea e l’affascinante caducità dei materiali impiegati nel disegno contemporaneo. Il coronamento del fruttuoso connubio fra scienza e arte è rappresentato dal capitolo sui dipinti tibetani Thangka – in apertura del volume - scritto dal premio Nobel per la chimica Richard Ernst.
“L’analisi multispettrale ad alta risoluzione dei dipinti permette agli storici dell’arte di scoprire i disegni preparatori sottostanti lo strato pittorico e non visibili, mentre l'uso di tecniche non-invasive o micro-invasive permette agli scienziati di identificare pigmenti, coloranti e leganti, la cui conoscenza è fondamentale per il lavoro dei conservatori e agli storici comprensione della genesi di un’opera, svelandone i percorsi creativi”, spiegano i curatori.
Antonio Sgamellotti, accademico dei Lincei e professore emerito dell'Università di Perugia, è co-fondatore e presidente onorario del centro di eccellenza Smaart di Perugia (Scientific methodologies applied to archaelogy and art); Brunetto Giovanni Brunetti, professore ordinario di Chimica generale e inorganica all'Università di Perugia, è coordinatore del progetto europeo Charisma (Cultural heritage advanced research Infrastructures: synergy for a multidisciplinary approach to conservation/restoration) e presidente di Smaart; Costanza Miliani, ricercatrice dell'Istituto di scienze e tecnologie molecolari del Cnr, è coordinatrice del laboratorio mobile Molab all’interno del progetto Charisma.