Un fioretto in camice bianco
Daniele Garozzo è il campione italiano in carica di fioretto, già vincitore della medaglia d'oro ai Giochi olimpici di Rio de Janeiro 2016, di quella d’argento ai Giochi di Tokyo 2020 e dell'oro al Campionato europeo di Tbilisi 2017. All’agonismo ha coniugato lo studio universitario, che lo ha portato di recente alla laurea in medicina. Tra i suoi obiettivi, un altro oro olimpico e la diffusione in Italia della scherma, oggi sempre più globale e competitiva
Daniele Garozzo, schermidore classe 1992, laureatosi in Medicina con 110 e lode lo scorso 22 marzo, ha un notevole palmarès. Oltre alle medaglie olimpiche e all'oro ai mondiali nell'individuale, ha vinto una medaglia d'oro nel fioretto a squadre ai Mondiali di Mosca 2015, ai Mondiali di Wuxi 2018 e a quelli di Lipsia 2017, dove ha avuto anche il bronzo individuale. Nel 2018 agli Europei ha vinto due argenti nel fioretto individuale e a squadre. Fidanzato con Alice Volpi, campionessa italiana di fioretto e con un palmarès prestigioso come quello del suo partner, vive a Monteporzio Catone e si allena a Frascati.
Daniele, come è iniziata la sua carriera nella scherma?
Un po’ casualmente, a sette anni. Non era una tradizione di famiglia. Ad Acireale, la mia città, ha aperto una palestra. Prima ha iniziato mio fratello con la spada, poi ho iniziato io. A diciotto anni mi sono trasferito a Frascati dove, guidato dal mio maestro ho raggiunto l’obiettivo più alto, la medaglia d’oro alle Olimpiadi.
Quando ha capito che questo sport faceva per lei?
Già da bambino. Il maestro mi faceva partire sempre con un forte handicap contro i compagni. Cercava di mettermi in difficoltà. Avevo talento. Così a Carnevale iniziai a mascherarmi da Zorro.
A che età si può iniziare?
Conosco persone che hanno iniziato a cinque anni, ma in genere non è necessario cominciare così presto. È uno sport che richiede disciplina, anche se non sono necessarie doti particolari per praticarlo. Oggi la diffusione della scherma a livello mondiale ha fatto comunque salire la componente fisica: tutti sono ben preparati e l’aspetto tecnico è quasi passato in secondo piano.
Quanti sono i tesserati in Italia e quali le scuole più illustri?
In Italia il nostro sport - anche se ha sempre vinto tante medaglie olimpiche - non è molto diffuso. La Federazione scherma conta circa 20mila tesserati. Dovremmo riuscire a crescere. Purtroppo qui da noi della scherma si parla solo in occasione delle Olimpiadi. Per quanto riguarda le scuole più prestigiose, quella di Frascati, dove mi alleno, va affermandosi come uno dei centri più importanti a livello mondiale; il maestro Fabio Galli sta facendo un grande lavoro, richiamando atleti anche da altri Paesi. Poi vorrei ricordare Jesi, cittadina di 40mila abitanti che ha avuto 4 campioni olimpici, Vezzali, Trillini, Di Francisca, Cerioni. C’è stato un grande caposcuola, Ezio Triccoli.
Cosa cambia tra fioretto, sciabola e spada?
Nel fioretto si può colpire solo il tronco e la schiena dell’avversario e chi attacca ha la precedenza; nella sciabola questa regola resta, ma si può colpire dalla cintola in su, e anche di taglio. La spada, infine, non ha regole, chi tocca prima, in qualunque parte del corpo, ha il punto; qui se si colpisce in contemporanea si prende un punto a testa.
Come ci si allena?
Dipende dal periodo: carico, tecnica, resistenza, reattività. L’allenamento è molto variato, simile al tennis. Nel fioretto occorre essere veloci, esplosivi e resistenti; oggi i più forti sono i coreani, che volano sulle pedane, fanno salti a velocità supersonica. Nella spada conta invece molto l’altezza, che ormai negli atleti si attesta attorno alla media di 1,90 m.
Scienza e tecnologia le usate?
Sì certo; usiamo l’analisi delle immagini e degli algoritmi che permettono di evidenziare i punti vulnerabili, pianificare la strategia di difesa e di attacco. Poi ci sono le strumentazioni per la valutazione fisica oggettiva, che usano tutti gli agonisti.
Durante il lungo stop agonistico del Covid, con la sua compagna Alice Volpi, anche lei campionessa di fioretto, come è andata? Lo stress non vi avrà portato ai ferri corti?
Tutt’altro. Lo abbiamo passato in campagna. Il lockdown, a parte la tragica contingenza, ci ha permesso di ritrovare un po’ di tempo per noi, leggere libri, vedere film, passeggiare col cane, cose che due agonisti non possono fare troppo facilmente.
La laurea in medicina è arrivata. Era un sogno?
Era un sogno, esserci riuscito mi riempie di soddisfazione. Comunque non ho ancora voglia di smettere l’agonismo. Mi sento ancora molto forte. Dopo penso che potrei fare bene nella medicina dello sport, per affinità di vita.
Nel modo dello sport: ci sono campioni no-vax. Che ne pensa?
Da medico, essere contro le vaccinazioni sarebbe davvero paradossale. Mi sono vaccinato appena possibile e invito tutti a fare altrettanto. A mio avviso stiamo pagando una scarsa informazione scientifica. La mancanza di cultura scientifica di una società si paga in queste occasioni, quando la paura spinge verso l’irrazionalità.
Doping, nella scherma ci sono stati casi?
Laddove la prestazione fisica prende il sopravvento sulla tecnica è chiaro che qualcuno possa cercare scorciatoie. La scherma non è tuttavia uno sport dove il doping è diffuso. È di gran lunga uno degli sport più puliti.
Il calendario internazionale è ripartito? Che prospettive per la scherma italiana?
Lo stop è stato davvero lungo. Sta ripartendo a rilento in verità. Per le prospettive credo sarà difficile ripetere i successi clamorosi degli anni passati. La scherma è diventata uno sport globale, si è molto diffusa nel mondo; negli Stati Uniti ci sono centinaia di migliaia di iscritti; la Cina ne ha un milione. Paesi che qualche anno fa nemmeno conoscevano questo sport oggi sono diventati altamente competitivi. Pensi che in finale a Tokyo ho perso con un ragazzo di Hong Kong. Anche gli africani vincono medaglie. Tutto sta cambiando.
Sogni e obiettivi per l’immediato futuro
I miei obiettivi sportivi sono vincere i mondiali quest’anno e le Olimpiadi di Parigi. Per la vita vorrei solo essere un ragazzo felice e avere una bella famiglia. Il mio sogno sarebbe poi quello di riuscire a diffondere di più il mio sport, sia oggi come atleta sia come dirigente sportivo.
Foto di © Marie-Lan Nguyen