Faccia a faccia

Sergio Caputo: “Il jazz è come la ricerca”

Sergio Caputo
di M. F.

Tanti successi, da 'Garibaldi innamorato' a 'L'astronave che arriva', fino alla celeberrima 'Un sabato italiano'. Una grande passione per il jazz, “che somiglia un po' alla ricerca scientifica”, il sodalizio con Baccini. E una lunga esperienza in California, “dove ho letteralmente visto nascere i nuovi media, nella sede Apple con Steve Jobs”

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Nel mezzo di un'estate di concerti, e nonostante una vita privata arricchita ma anche complicata dal ruolo di papà, Sergio Caputo trova il tempo di fare due chiacchiere con l'Almanacco della Scienza a margine del live tenuto a Porta di Roma, centro commerciale che con la bella stagione si trasforma in un'affollatissima arena per musica e spettacolo. Un barbone profetico lo rende quasi irriconoscibile, ma alle prime note si riconosce la voce legata a tanti successi, da 'Garibaldi innamorato' a 'L'astronave che arriva', dall'ultimo 'Scrivimi, scrivimi' alla celeberrima 'Un sabato italiano'. Ma le hit di ieri e di oggi sono intervallate da brani strumentali, eseguiti alla chitarra e con una formazione in quintetto, tracce della passione jazzistica cementata in una lunga fase di attività negli States. Tornato a esibirsi in Italia, ha tra l'altro stretto un sodalizio amicale e artistico con Francesco Baccini.

Ha spesso raccontato di come i suoi gusti musicali da ragazzo la facessero considerare un tipo originale: standard e swing anziché pop o rock. Oggi invece la musica vintage trionfa e non ci sono più grosse barriere di genere o generazionali: il tempo le ha dato ragione?

Spesso si è tentati di dire che tutta la musica più bella sia stata già scritta, e in questo senso attingere al vintage e carpirne i meccanismi di longevità può essere il miglior modo di creare la musica di domani. Per quanto mi riguarda sì, credo che il tempo mi abbia dato ragione, ma per esserne davvero certi bisognerà attendere e riparlarne fra una cinquantina d'anni.

Il jazz, in particolare, si basa sull'improvvisazione che però nasce da una fase di studio molto rigorosa, un po' come nella ricerca scientifica, che combina metodo e fantasia: oppure il paragone è troppo azzardato?

È vero, la fase di studio è molto importante per arrivare all'improvvisazione. Bisogna stare però attenti a non restare intrappolati nella teoria, perché l'eccesso può generare musicisti tecnicamente molto abili, ma creativamente ripetitivi, se non addirittura sterili. Il jazz, più che uno stile musicale, è un concetto di musica, che parte proprio dalla rottura delle regole per arrivare a qualcosa di nuovo. In questo senso il paragone con la ricerca non è affatto azzardato.

Il ritorno dopo un'esperienza importante negli Usa, invece, la fa sentire un po' come i cosiddetti 'cervelli in fuga' (e poi rientrati) della ricerca? 

In realtà dopo il ritorno dagli States c'è già stata una nuova 'fuga', visto che vivo in un Paese estero, anche se stavolta in ambito europeo. Certamente a volte la cronica mancanza di meritocrazia che affligge l'Italia rende complicato restarci, se sei un vero artista e vuoi restare libero da parrocchie, cupole e lobbies. Ma non voglio fare la figura del profeta, che mi calza poco, anche perché sono sempre stato fortemente impegnato a non farmi inquadrare, mentre i profeti partono inquadrandosi da soli.

Nella sua primissima vita professionale è stato un pubblicitario, quindi seguirà le nuove forme di comunicazione: come si trova con i new media, il digitale, l'hi tech? 

Quando vivevo in California ho letteralmente visto nascere i nuovi media. Tra l'altro, ero uno dei circa 120 presenti nel teatrino della Apple a Cupertino quando Steve Jobs presentò iPod e iTunes, prima di Youtube, quando caricare un video online poteva essere frustrante e complicato. Bisogna essere consapevoli che dove ci sono nuovi mezzi di comunicazione ci sono anche nuovi poteri pronti a tentare di controllarli e manipolarli, dunque è importante fare molta attenzione a non sviluppare forme di dipendenza o assuefazione, a non diventarne schiavi. Di regola, direi che non bisognerebbe passare sui nuovi media più di mezz'ora al giorno, tentando di usarli come un canale di comunicazione e non di controllo. Il mio brano 'Scrivimi, scrivimi', dal mio album unplugged 'Oggetti smarriti' parla proprio della comunicazione illusoria fra esseri umani ai tempi dei social e il video è stato realizzato con i selfies dei miei followers.

Com'è cambiato il 'Sabato italiano'? Corriamo il rischio che la Rete smorzi anche tra i giovani il piacere del trovarsi assieme?

No, credo che l'aggregazione fisica non si possa battere, anche se i social sono un ottimo nascondiglio, un mondo di 'avatar' in cui nessuno è veramente chi dice di essere. Però noto con una certa inquietudine la tendenza sempre più frequente ai mega-raduni da stadio o da piazze, e questo sì può creare una forma di alienazione: radunarsi in migliaia intorno a idoli effimeri, eroi stagionali da talent show, per poi tornarsene a casa di nuovo soli davanti a uno schermo, è sicuramente un pericolo dei nostri tempi dal quale mi auguro di riuscire a tenere immuni i miei figli. Trovarsi assieme per me significa ancora essere parte di gruppi magari numericamente ristretti ma che condividono interessi, che sono in grado di comunicare e confrontarsi fra loro.

'L'astronave' dà il titolo a un suo famoso brano, l'immaginario spaziale funziona ancora per ispirare musicisti e artisti?

Credo di sì. L'anno scorso io e Baccini abbiamo realizzato un video ambientato nello spazio per il pezzo 'Le notti senza fine' e da allora ne abbiamo notati diversi altri con la stessa collocazione. Poi, il fatto che un artista, per creare qualcosa di nuovo, debba alzare gli occhi dal quotidiano e guardare in alto, alla fine rende lo spazio la direzione alternativa.

Ha qualche tipo di interesse scientifico, anche a livello divulgativo?

Da piccolo volevo fare il chirurgo, perché con le mani riuscivo a fare lavori di alta precisione. Poi ho cambiato decisamente strada, ma l'approccio scientifico alle cose, una certa forma di empirismo, per così dire, fa parte del mio carattere. In particolare, trovo che la biogenetica sia un campo molto affascinante, una prospettiva che promette di risolvere molti problemi oggi insolubili, ad esempio sostituendo gli 'anelli' difettosi riprogrammando il sistema, un po' come si fa con i computer. Ma immagino che ci vorrà un po' di tempo.

 

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