Specialistica

Molte specie, ma una sola vita

Copertina del volume L’evoluzione dell’evoluzionismo
di M. F.

Ettore Ruberti ne “L’evoluzione dell’evoluzionismo” (Lillit Books) parte da Charles Darwin per ricordar l’apertura di nuovi filoni di ricerca come l’epigenetica e l’insegnamento che la vita ha avuto un’unica origine, dunque l’evoluzione è un fatto oggettivo, che non significa necessariamente miglioramento. Ma la suddivisione dei viventi è ancora uno degli argomenti più delicati e controversi, grazie soprattutto al progresso delle conoscenze biologiche che ha consentito di identificare centinaia di migliaia di nuove specie

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Ettore Ruberti è un ricercatore dell’Enea appassionato di storia della scienza. Il suo ultimo saggio “L’evoluzione dell’evoluzionismo”, edito da Lillit Books come il precedente “Etologia: lo studio del comportamento animale”, affronta la figura di Charles Darwin e “L’origine delle specie” ricordando come altri naturalisti avessero già ipotizzato una qualche forma di evoluzione, in particolare Lamarck, senza però fornire un adeguato supporto osservativo/sperimentale. Già Linneo, pur rispettoso dell’ipotesi creazionista, aveva del resto collocato l’Homo sapiens tra i primati, sulla base delle evidenze morfologiche. Eppure, lo scandalo destato dall’uscita dell’opera fu notevole, basti ricordare la battuta del primo ministro britannico Disraeli: “Il Signor Darwin discenderà dalle scimmie ma io discendo dagli angeli”. Non a caso, gli studi darwiniani rimasero sconosciuti a lungo: la selezione naturale cumulativa, il concetto di sopravvivenza del più adatto, ha faticato ad affermarsi sulla tesi delle mutazioni casuali a coniare il termine genetica fu nel 1906 William Bateson, mentre il termine gene fu introdotto da Wilhem Johansen nel 1909.

Cosa resta oggi e soprattutto per il futuro di questa rivoluzione scientifica? In primo luogo l’apertura di nuovi filoni di ricerca come l’epigenetica e l’insegnamento che la vita ha avuto un’unica origine. L'evoluzione diviene dunque un fatto oggettivo, ancorché graduale, ancorché . È però utile evidenziare che evoluzione non significa necessariamente progressione o miglioramento. Il dibattito resta aperto e appassionante. Ruberti ricorda le leggi della dominanza, della segregazione e dell’indipendenza dei caratteri e della loro trasmissione generazionale; la faticosa e limitante suddivisione dei viventi fra animali e piante, rispetto a cui già nel 1866 Ernst Haeckel aveva proposto di distinguere gli organismi unicellulari da lui definiti Protisti. Il progresso delle conoscenze biologiche ha consentito di identificare centinaia di migliaia di nuove specie, e nel 1977 Carl Woese ha scoperto gli Archea, organismi procarioti profondamente diversi dai batteri. Nel 1990 Woese ha proposto la classificazione dei viventi in tre domini: Bacteria, Archea ed Eucarya (che comprendono tutti gli organismi eucarioti di cui Plantae, Anomalia e Fungi costituiscono i rami principali). Il dibattito sulla tassonomia, insomma, è ancora vivacissimo.

Così come resta aperto uno degli argomenti più delicati e controversi, eppure affascinante: l’origine della vita dalla materia inorganica e la formazione delle prime cellule. Gli organismi più semplici attuali sono batteri e si ipotizza che esistano da almeno quattro miliardi di anni, poi ci sono i virus ma, studiando gli estremofili, ci siamo resti conto di avere a che fare con un terzo raggruppamento di organismi denominati Archibatteri. Dell’importanza di questi microrganismi da un paio d’anni siamo molto più consapevoli.

Titolo:  L’evoluzione dell’evoluzionismo
Categoria: Saggi
Autore/i:  Ettore Ruberti
Editore:  Lillit Books
Pagine: 150
Prezzo: 12,00