Focus: Animali

Le biobanche a supporto del benessere

Mucca
di Cristina Rapagnà

L’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Cnr cura progetti di ricerca finalizzati alla conservazione delle risorse genetiche di razze autoctone, con capacità di adattamento maggiori rispetto a quelle selezionate. La ricercatrice Flavia Pizzi spiega come questo aiuti anche a risolvere il problema della sofferenza negli allevamenti super intensivi

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Nel corso degli ultimi decenni, il tema del benessere animale ha polarizzato diversi dibattiti circa l’eticità di pratiche quali l’allevamento super intensivo e le condizioni dei corpi di bestiame da reddito. Il benessere non è però solo un tema etico-morale, è anche una condizione intrinseca dell’animale, monitorata e normata a livello europeo con l’ausilio di principi scientifici fondamentali, al fine di garantire la qualità e la salubrità degli alimenti di cui ci nutriamo: un allevamento in condizioni migliori offre maggiori garanzie sanitarie, produttive e riproduttive.

Negli allevamenti intensivi non tutti questi requisiti sono sempre soddisfatti: i capi allevati (i cosiddetti animali da reddito) sono rappresentati da razze selezionate allo scopo di raggiungere migliori rendimenti, a discapito spesso della libertà di assumere un comportamento etologicamente adeguato, di uno spazio sufficiente, di strutture idonee benessere fisico e psicofisico. Che sia una vacca da latte o da carne, un pollo o un ovino, l’uomo ha cercato di ottenere razze sempre più redditizie, che però presentano esemplari e meno longevi più delicati dal punto di vista fisico e dell’adattamento. Tutto questo con conseguenze sulla loro produttività qualitativa.  

“Un esempio calzante sono le vacche di razza Frisona  (la vacca da latte bianca pezzata nera), simbolo della moderna zootecnia. Negli allevamenti intensivi, durante queste forti ondate di calore, per garantirne la sopravvivenza e produttività hanno bisogno di essere rinfrescate e condizionate mediante nebulizzazioni e ventilazione artificiale, con un notevole dispendio energetico”, spiega Flavia Pizzi dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Ibba) del Cnr. “Per questo e per altri motivi da tempo si sta puntando sulla conservazione delle più rustiche razze locali, in grado di produrre anche in condizioni climatiche e geografiche più estreme senza l’ausilio dell’uomo. Sono definite rustiche le razze autoctone italiane con spiccata adattabilità ambientale e alimentare, spesso allevate allo stato semibrado o brado-estensivo”.

Dna

Le razze rustiche comprendono animali con maggiori possibilità movimento e quindi di scelta riguardo agli alimenti, che per questo producono carne e latte con caratteristiche organolettiche peculiari, salutari e genuine. Ma c’è un “però”. “In passato la sopravvivenza delle razze autoctone rustiche è stata minacciata dall’introduzione di quelle selezionate per la produzione, che però sono diventate sempre meno sostenibili per gli elevati costi (energia, alimenti) e per i cambiamenti climatici che ci troviamo ad affrontare”, aggiunge la ricercatrice del Cnr-Ibba. “Lo scopo della conservazione, è di mantenere le popolazioni delle razze in grado di produrre con minori esigenze anche in condizioni climatiche sfavorevoli quantomeno sopra la soglia-limite dell’estinzione. Molto spesso a queste razze sono collegati prodotti tipici, per esempio formaggi, e tradizioni culinarie e culturali”.

In questo contesto operano due progetti di ricerca finanziati dal Cnr che mirano alla conservazione di questo importantissimo patrimonio genetico. “Come ricercatori dell’Ibba portiamo avanti due studi nell’ambito BIOGEN: genomica e agrobiodiversità. Indagini che si focalizzano sui genomi di animali, piante e microbi al fine di individuare i determinanti genetici coinvolti nell’adattamento all’ambiente, naturale o modificato dall’uomo”, chiarisce Pizzi. “Tali applicazioni includono studi di genetica molecolare in laboratorio e tramite simulazioni;  raccolta ed elaborazione di big data; studi della struttura biologica, riproduttiva, genetica ed evolutiva di specie per la conservazione del germoplasma. I progetti sono spesso realizzati in parternship con enti zootecnici; un esempio è BIODIVAL Biodiversità in Lombardia: in collaborazione con la Regione, ha tra gli obiettivi la creazione della criobanca delle razze autoctone lombarde e lo sviluppo di strumenti per una loro facile gestione e valorizzazione al fine di preservare e valorizzare la biodiversità animale autoctona lombarda e gli agro-ecosistemi a esse legati”.

Al progetto BIOMEMORY, partecipano tutti gli Istituti del Dipartimento di scienze bio-agroalimentari del Cnr. Lo scopo è creare una rete di biobanche delle risorse genetiche conservate negli Istituti, e in cui dati e i metadati associati a campioni biologici di diversa natura sono raccolti e conservati in modo sistematico per un loro utilizzo futuro per vari scopi: dal miglioramento genetico degli organismi per affrontare i cambiamenti ambientali e climatici alla lotta contro epidemie e pandemie che colpiscono esseri umani, animali e piante”, conclude Pizzi. “Il Biobanking di campioni biologici di diversa natura evita la perdita di biodiversità ed è una garanzia per far fronte ai rapidi fenomeni globali e alle richieste di prodotti di nicchia”. 

Fonte: Flavia Pizzi, Istituto di biologia e biotecnologia agraria, e-mail: flavia.pizzi@ibba.cnr.it