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I meccanismi alla base dell’esistenza degli organismi viventi

Scienziata al microscopio
di Mosè Rossi

Si conclude con il testo pubblicato oggi il contributo  alla rubrica Extra di Mosè Rossi, associato dell'Istituto di bioscienze e biorisorse, ex direttore dell'Istituto di biochimica delle proteine del Cnr e Professore emerito di Enzimologia presso l'Università Federico II di Napoli. Il ricercatore arricchisce con altri dettagli la spiegazione della complessità della vita e della sua evoluzione sulla Terra e del ruolo svolto dai virus

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I risultati ottenuti con il lavoro di ricerca hanno permesso di ricostruire avvenimenti di miliardi di anni fa individuando anche gli ambienti in cui alcuni di questi fenomeni si stanno ancora realizzando e sono in evoluzione. Per esempio negli anni 70, all’Istituto per lo studio di molecole di interesse biologico (Icb) del Cnr a Pozzuoli, dal gruppo del prof. Mario De Rosa furono individuati i primi Archaea nei fanghi bollenti della Solfatara, indicati tra le forme più primitive della vita. Da ciò si aprì un nuovo importante filone di ricerca per studiare e capire i meccanismi molecolari di adattamento della vita alle alte temperature e della stabilità delle proteine e attività degli enzimi a 100°C.

Il mio gruppo di ricerca, a quei tempi, operava sia all’Università Federico II che all’Istituto di biochimica delle proteine (Ibp) del Cnr di Napoli, nella stessa area dell’Istituto internazionale di genetica e biofisica (Iigb), inseguendo il sogno del prof. Adriano Buzzati-Traverso di integrare la biochimica con la genetica. Qui mi adoperai per trovare collaborazioni con genetisti e biologi molecolari per clonare i geni di enzimi termofili in E. coli e nei lieviti. Iniziò una collaborazione con Maria Ciaramella che, insieme a tanti altri colleghi e studenti, con il loro lavoro hanno contribuito a sviluppare quelle competenze che hanno permesso di creare a Napoli una scuola, riconosciuta a livello internazionale, sullo studio della vita negli ambienti estremi con risvolti importanti dalle applicazioni industriali allo sviluppo dell’astrobiologia e della ricerca della vita su altri pianeti, in collaborazione con l’Agenzia spaziale italiana e quella europea. Il lavoro e i risultati scientifici ottenuti dai componenti di questa scuola è stato riconosciuto a livello internazionale, diventando un pilastro fondamentale della International Society of Extremophiles (Ise), e ponendo le basi per l’istituzione all’Università degli studi di Napoli “Federico II”, già riconosciuta come un centro di eccellenza, di un Master Program Internazionale con due curricula: Biology of Extreme Environments e Astrobiology.

I risultati ottenuti al Cnr e all’Università hanno avuto un importante impatto sulle conoscenze di base e generato profonde ricadute nel campo della biologia, della medicina, delle biotrasformazioni industriali e delle biotecnologie in generale. A Napoli fu individuato il primo enzima termostabile che permise l’amplificazione del Dna e successivamente lo sviluppo della tecnologia della Polymerase Chain Reaction (Pcr), alla base dello sviluppo della moderna biologia molecolare. Si è realizzato che le caratteristiche e le proprietà dei nuovi enzimi individuati espandono i limiti tradizionali per disegnare nuovi processi per prodotti innovativi riducendo le condizioni operative tra processi chimici e biologici. Successivamente e, sorprendentemente, nei fanghi bollenti della Solfatara furono individuati, da scienziati del Max Plank Institute di Berlino, i virus degli Archaea. Più recentemente, scienziati del Pasteur Institute di Parigi e altri scienziati francesi, studiando l’evoluzione della vita in un altro ambiente estremo della Terra, come quello intorno alle fumarole nelle profondità del mare, hanno isolato il “Mobiloma abissale” un complesso che individua tutti i componenti vitali coinvolti nella nascita della cellula eucariota.

Negli ultimi anni, il lavoro dei ricercatori è stato indirizzato alla comprensione dei meccanismi di attacco dei virus alle cellule e a quelli con cui i virus, entrando nel patrimonio genetico delle cellule, riescono a far sintetizzare le molecole che lo compongono. La cellula però ha i suoi meccanismi di difesa e riesce a bloccare i virus con cui ha già interagito. Se però il virus è di un nuovo tipo, la cellula non riesce a difendersi per cui il virus si moltiplica.Con la scoperta e il chiarimento dei meccanismi di integrazione dei virus nelle cellule ospiti, è stata messa a punto una nuova tecnica, la Crispr Cas, che ha rivoluzionato l’ingegneria genetica, consentendo la modifica e/o la sostituzione di uno o più basi del Dna o di interi geni nelle cellule, con risvolti applicativi non immaginabili sino ad ora in tutti i campi della scienza della vita. Le due autrici della scoperta sono state insignite del premio Nobel per la Chimica nel 2020. Questa ricerca non aveva inizialmente alcun intento applicativo riguardando una specie di sistema immunitario mediante il quale i batteri si difendono dai virus, ma da queste nuove conoscenze di buona ricerca di base sono nate infinite e interessanti applicazioni.

Essere sulla buona strada per uscire dalla pandemia del Coronavirus è un merito da attribuire al progresso delle conoscenze di base acquisite nei campi della fisica, chimica e della biologia, ma anche alla capacità di correlare, dare un significato e gestire, con il formidabile sviluppo e utilizzo delle tecnologie informatiche, le conoscenze acquisite attraverso i risultati ottenuti con il lavoro di migliaia di ricercatori in tutte le parti del mondo nella cosiddetta ricerca di base, in cui ognuno ha individuato e studiato un aspetto che di per sé non sembrava di aver un significato importante. Utilizzando le conoscenze consolidate, sono state messe a punto le nuove tecnologie che ci hanno aiutato a comprendere come difenderci dai virus ed a prepararci alla difesa da nuovi futuri attacchi. (terza e ultima parte)

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