Finanziare la ricerca: ci sono molte ra(e)gioni
Fino a due anni fa la ricerca scientifica non veniva valutata appieno per la sua utilità, poi è arrivata la pandemia e la quantità di finanziamenti regionali destinati a questo settore è aumentata notevolmente rispetto agli anni precedenti, anche i primi dati del 2021 sembrano andare in tal senso. Ne esaminiamo tipologia, entità e ripartizione con l'aiuto di Andrea Filippetti dell'Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie e di Giorgio Sirilli dell'Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile del Cnr
L'ultimo anno e mezzo è stato molto importante per la ricerca scientifica perché ha messo in luce i benefici che la società può trarne e la conseguente necessità di aumentare i finanziamenti pubblici a essa destinati. I dati Istat riferiti al 2020 mostrano un aumento sostanzioso dei finanziamenti pubblici per questo settore, ma anche ma anche un brusco calo dei finanziamenti privati. “La spesa in ricerca e sviluppo (R&S ) nel settore privato è diminuita per effetto del Covid in tutti i Paesi, mentre il settore pubblico è generalmente più resiliente e meno dipendente dal ciclo economico”, spiega Andrea Filippetti dell'Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie (Issirfa) del Cnr. “La quota di spesa privata è maggiore di quella pubblica quasi ovunque. È un effetto di lungo periodo che ha visto la spesa pubblica decrescere rispetto a quella privata”.
Un altro dato interessante relativamente al biennio 2019-2020 rivela che sia i finanziamenti pubblici che quelli privati sono stati destinati soprattutto allo sviluppo sperimentale e meno alla ricerca di base e a quella applicata. “Questi dati potrebbero essere dovuti a un aumento della spesa in R&S nel settore sanitario dovuto all'emergenza pandemica oppure potrebbe essere che le imprese, viste le difficoltà congiunturali, abbiano rimandato progetti di ricerca di base o applicata per concentrarsi sui progetti più prossimi al mercato”, ipotizza il ricercatore del Cnr-Issifra. Simile è il parere di Giorgio Sirilli ricercatore associato dell'Istituto di ricerca sulla crescita economica sostenibile (Ircres) del Cnr, secondo il quale lo sviluppo sperimentale sarebbe necessario per “affrontare la crisi di breve periodo della pandemia e superarla con un'ottica di sopravvivenza”.
Secondo l'Istat, nel 2020 i finanziamenti in ricerca e sviluppo di Amministrazioni centrali, Regioni e Province autonome sono aumentati del 6,2%, passando da 9.836 milioni di euro del 2019 a 10.445 milioni nel 2020. Andando più a fondo, è interessante notare che i tre quarti dei finanziamenti totali del biennio 2019-2020 sono stati stanziati da Lombardia (20,2%), Lazio (14,2%), Emilia-Romagna (12,9%), Piemonte (11,9%), Veneto (8,7%) e Toscana (7,5%), mentre le regioni del Sud e le isole hanno stanziato circa il 14,5%. “Il fatto che la spesa in R&S continui ad aumentare è positivo. Ciò riflette la struttura industriale di alcune regioni, ad esempio i settori knowledge-based in Lombardia, i settori farmaceutico e Ict del Lazio e le filiere automotive in Emilia Romagna”, chiarisce Filippetti. “Evidenzia inoltre la crescita di alcuni poli di ricerca pubblica di eccellenza in alcune regioni, come i politecnici e il Cnr. Il rinnovato dinamismo dei settori manifatturieri più orientati ai mercati internazionali che si è registrato negli ultimi mesi induce ottimismo circa un circolo virtuoso caratterizzato da investimenti in ricerca (pubblica e privata) e innovazione tecnologica. A influenzare la quantità dei finanziamenti stanziati sono anche i grandi poli universitari, i grandi ospedali e gli enti di ricerca come il Cnr”.
La maggior parte di questi fondi sono destinati alle Università sotto forma di Fondo di finanziamento ordinario (circa il 39,8% del totale secondo l'Istat), mentre i restanti vengono ripartiti tra l'esplorazione e utilizzazione dello spazio (14,6%), la protezione e promozione della salute umana (10,3%) e le produzioni e le tecnologie industriali (9,4%). A questo proposito il ricercatore del Cnr-Issirfa commenta: “Non c'è da stupirsi che la maggior parte dei finanziamenti venga destinato all'università, mentre il dato sullo spazio è relativamente sorprendente. Tuttavia occorre rilevare due circostanze, una generale e una particolare. La prima è che avanzamenti tecnologici introdotti nel settore spaziale hanno generalmente una ricaduta trasversale su molti settori industriali, si pensi al Gps o al 6G. In particolare, l'Italia vanta un settore spaziale abbastanza sviluppato sia nel campo della ricerca pubblica, sia in quello delle grandi imprese (le poche rimaste in Italia) che possono fungere da traino nel campo delle innovazioni tecnologiche”.
Il mondo della ricerca spera che i finanziamenti destinati a ricerca e sviluppo possano continuare ad aumentare anche nei prossimi anni ora che è emersa la loro importanza e il beneficio sociale che ne deriva, e soprattutto ora che l'economia del Paese si sta rimettendo in moto. “È difficile dirlo, ma cerchiamo di essere ottimisti. Siamo ora in una fase di ripresa, ed il Pnrr dovrebbe costituire un forte stimolo all'aumento dell'impegno per la R&S”, conclude Sirilli
Fonte: Andrea Filippetti, Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie "Massimo Severo Giannini", Roma , email andrea.filippetti@cnr.it - Giorgio Sirilli , email giorgio.sirilli@cnr.it -