Su web ci piace tanto chiacchierare
E' quanto risulta da una ricerca condotta da Lella Mazzoli, sociologa della comunicazione, che ha raccolto una serie di interviste a conduttori e autori di talk show nel volume 'Cross-news. L'informazione dai talk show ai social media'. Dal saggio emerge come web 2.0 e social network siano strumenti di informazione ricchi di possibilità
La televisione mostra qualche segno di leggero calo e di deciso invecchiamento (lo spettatore tipo di un notiziario televisivo è uomo e over 65) ma resta ancora, almeno in Italia, il medium per eccellenza. La diffusione della rete prosegue però inarrestata: dal 51% del 2010 al 62% del 2012, percentuale peraltro molto arretrata rispetto al resto dell’Europa occidentale e agli Stati Uniti (l’Italia è penultima in Europa in quanto a diffusione della banda larga). Quasi due terzi delle persone ormai si procurano le informazioni tramite internet, ponendolo al secondo posto subito dopo la tv con l’88%.
Ma quale rapporto intercorre tra questi due mezzi di comunicazione e informazione? Per capirlo Lella Mazzoli, docente di Sociologia della comunicazione all’Università Carlo Bo di Urbino, ha condotto con alcuni colleghi e collaboratori una ricerca che prende in esame i consumi mediatici degli italiani e una serie di interviste a conduttori e autori di talk show (Giovanni Floris, Gianluigi Paragone, Salvo Sottile, Sarah Varretto, Filippo Nanni e altri), ora raccolte in 'Cross-news. L’informazione dai talk show ai social media’.
Il saggio permette intanto di fare un punto su caratteristiche note ma sempre imprescindibili della multimedialità nazionale: dalla natura di contenitore o “magazzino” della televisione, alla marginalità della carta stampata, tale da rendere paradossalmente meno significativa la crisi più recente, fino alle possibilità aperte da web 2.0 e social network di comporre percorsi multipli e differenziati di informazione opposti al cosiddetto “mainstream” dove “uno parla e tanti ascoltano”.
Ma tra la tv “medium passivo” e le innovazioni, positive o meno, offerte dalla rete, esiste una “via di mezzo” che garantisca quantità e qualità dei contenuti? In realtà, ricordava già quasi trent’anni fa Mauro Wolf, il pubblico tende “a esporsi alle informazioni congeniali alle proprie attitudini e a evitare i messaggi che sono invece difformi”: nella complessità del processo di formazione delle opinioni personali e collettive, quindi, nemmeno la fonte più potente può operare con automatismi causali.
Tale complessità appare oggi aumentata dal proliferare di piattaforme interattive dal "basso" come blog, open diary, siti di social network che intercettano l’interesse del pubblico in funzione della curiosità delle notizie, spesso non correlata alla loro attendibilità. Questo influisce poi nel senso della creazione di una “social tv”? Su questo il saggio non fornisce risposte dirimenti ma, certo, per la televisione il tempo dedicato alla fruizione si fa più elastico, si abbattono i confini tra pubblico e privato, si registra qualche iniziativa di crossmedialità. Processi che embrionalmente precedevano il web 2.0 (si pensi ai 'fagioli’ di Raffaella Carrà) e amplificati da innovazioni quali il digitale terrestre e i canali all news, che rendono ormai definitivamente sorpassata un’immagine come quella dei tg di pranzo o di cena quali primaria e talvolta esclusiva fonte di informazione: secondo i dati riportati nel saggio, il 97% degli italiani usa almeno due tipologie di media e circa un italiano su due ne usa da 5 a 7.
In tale quadro, quasi la metà degli italiani ricava notizie dai social network ogni giorno o quasi: desumendole però da contatti a loro vicini, col che tali piattaforme si pongono in uno spazio intermedio tra informazione ufficiale e comunicazione privata. Lo confermano il 77% degli intervistati, che segue le notizie “perché gli piace poter parlare”, e il 43%, che lo fa “perché è una forma di intrattenimento e distrazione”. Per citare una pubblicità di qualche anno fa “ci piace tanto chiacchierare”, e questo vale non solo per la comunicazione, dov’è più fisiologico, ma anche per l’informazione.
Peraltro, nonostante la loro velocissima evoluzione, i social sono diffusi nella popolazione con forti variabili, in primis quella anagrafica: la loro popolarità è ancora molto legata a fenomeni di costume giovanile, pensiamo ai 40 milioni di followers di Justin Bieber.
Volendo trarre una conclusione, si torna sempre a 'La Galassia Gutenberg’ in cui Marshall Mc Luhan evidenziava come l’introduzione della stampa a caratteri mobili avesse prodotto una modifica delle capacità dell’uomo, non una loro diminuzione o crescita. Riflessione che vale pienamente tuttora.
Marco Ferrazzoli
titolo: Cross-news. L’informazione dai talk show ai social media
categoria: Saggi
autore/i: Mazzoli Lella
editore: Codice edizioni
pagine: 193
prezzo: € 11.90