Rivolgere lo sguardo al passato aiuta a costruire meglio il futuro. Ne è convinto Sergio Marchiso, direttore dell'Istituto di studi giuridici internazionali (Isgi) del Cnr, che recentemente ha curato un convegno in collaborazione con la facoltà di Giurisprudenza di Roma Tre sul processo di unificazione italiano nel quadro dell'evoluzione del diritto internazionale.
"Il contributo del diritto internazionale al processo di unificazione nazionale è stato determinante, soprattutto se consideriamo che tale disciplina era in fase di rapida trasformazione", spiega Marchisio. Dopo l'esperienza napoleonica, il congresso di Vienna del 1815 aveva fondato l'equilibrio europeo sull'egemonia di una pentarchia di stati, sul legittimismo dinastico e sull'intervento armato per la restaurazione dell'ordine violato. Nessun valore era riconosciuto al principio di nazionalità e alle legittime aspirazioni dei popoli a costituirsi in entità politiche indipendenti".
Il concetto, per il nostro Paese, si tradusse nel famoso giudizio del principe Metternich, l'Italia si configura come 'una espressione di stati indipendenti compresi sotto la stessa espressione geografica' che mai avrebbe potuto aspirare a formare un unitario corpo politico.
Uno stato di cose che rimase tale fino a che la santa alleanza riuscì a imporre la sua supremazia.
"I principi giuridici del patto voluto dallo zar Alessandro, però, nel giro di qualche decennio sarebbero stati superati da nuove regole internazionali", prosegue il direttore dell'Isgi-Cnr. "La rivoluzione del 1848, movimento essenzialmente democratico, comportò modifiche costituzionali in Francia e in altri paesi, mentre l'idea di nazionalità si consolidò come fondamento del 'diritto delle genti'. La nazione, non lo stato, divenne l'unità elementare del diritto internazionale, principio certo rivoluzionario per l'epoca e base sicura per la rivendicazione d'indipendenza italiana. In tal senso la fondazione del regno d'Italia nel 1860 e successivamente dell'impero tedesco vengono considerate due novità essenziali nel sistema degli stati europei dopo il 1856".
Secondo gli studiosi, l'unificazione italiana rispose sostanzialmente ai principi giuridici in via di consolidamento e non fu realizzata contro le regole del diritto internazionale vigenti all'epoca, come alcuni internazionalisti del tempo ritenevano. "L'unico punto critico fu l'uso della forza, settore del diritto internazionale con regole allora incerte", conclude Marchisio. "L'unificazione italiana e altri eventi, rovesciando l'ordine stabilito a Vienna, consacravano il nuovo principio del non intervento a salvaguardia della libertà dei popoli di realizzare le proprie aspirazioni nazionali".
Fonte: Sergio Marchisio, Istituto di studi giuridici internazionali, Roma, tel. 06-49937667 , email sergio.marchisio@cnr.it