Vita Cnr

Come affonda Venezia

Veduta di Venezia
di F.G.

Uno studio pubblicato su 'Scientific Reports’ ha evidenziato il lento e progressivo abbassamento della città utilizzando dati satellitari ad altissima risoluzione. È l’effetto della 'subsidenza’, fenomeno naturale reso ancora più rapido dall’azione dell’uomo. La ricerca ha coinvolto l’Istituto di scienze marine del Cnr

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Venezia perde un millimetro all’anno a causa del cedimento del suolo e altrettanto per l’innalzamento del livello del mare. A evidenziarlo con una risoluzione senza precedenti è uno studio pubblicato sulla rivista open access del gruppo Nature 'Scientific Reports’, che grazie a dati acquisiti dai satelliti dell’Agenzia spaziale tedesca (Dlr), italiana (Asi) ed europea (Esa), ha permesso di monitorare gli spostamenti del suolo degli ultimi 20 anni, e di distinguere i movimenti naturali di lungo periodo da quelli indotti da attività antropiche.

Lo studio ha analizzato i fenomeni di subsidenza, il movimento geologico di progressivo abbassamento del suolo e del fondo marino. “I dati satellitari acquisiti nell'ultimo ventennio da sensori in banda C (satelliti Ers e Envisat) e in banda X (satelliti TerraSar-X e Cosmo-SkyMed) hanno permesso per la prima volta di distinguere e quantificare gli spostamenti decennali - o naturali - da quelli di brevissimo periodo, sostanzialmente indotti dalle attività antropiche”, spiega Luigi Tosi dell’Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr, che ha partecipato allo studio. “Se la subsidenza naturale, di lungo periodo è caratterizzata da un valore medio che si aggira su 1 mm/anno, quella antropica può raggiungere valori fino a 10 volte più alti, ed è collegata soprattutto a interventi di  ristrutturazione del patrimonio edilizio storico insieme ad attività di manutenzione urbana, come il restauro delle murature delle rive dei canali per garantire la loro stabilità. Tuttavia, le 'deformazioni’ della città causate dall’attività umana sono temporanee e localizzate, e al completamento dei lavori la città è più stabile”.

Anche la struttura geologica del sottosuolo della città, caratterizzata da zone più sabbiose in alternanza a riempimenti più limosi e compressibili, influenza significativamente il 'ritmo’ della subsidenza: “Venezia poggia su depositi sedimentari del quaternario: sabbie, limi e argille portate nel corso del tempo dai sistemi fluviali del Po e Brenta. L’assestamento di questo fondo è la causa principale dell’abbassamento naturale”, aggiunge Tosi. “Un ruolo importante è giocato anche dalla forte eterogeneità dei terreni superficiali: la città infatti ha iniziato il suo sviluppo su antiche isole sabbiose ben consolidate nel corso del primo millennio e successivamente si è espansa a seguito di riempimenti di canali e dei bassi fondali lagunari. La parte più antica, che generalmente coincide con l'estensione della città prima del 1500, mostra i tassi di subsidenza inferiori a quelli corrispondenti alle parti di sviluppo urbano più recente, dove la compattazione indotta dal peso degli edifici è ancora attiva. Una certa variabilità degli spostamenti è anche dovuta alle diverse profondità di fondazione e del carico dei palazzi storici”.

Nell’ultimo secolo Venezia è affondata complessivamente di 25 cm: moltissimo se si pensa che il centro storico si trova a soli 90 cm di altezza sul livello del mare. Per questo già da tempo sono stati studiati interventi di rialzo delle pavimentazioni giacenti a quote inferiori al livello di salvaguardia e dei margini delle rive e il risanamento statico dei muri di sponda. “Il nostro monitoraggio  ha confermato che in queste aree il terreno ha effettivamente smesso di abbassarsi, un esempio è quello della zona di San Marco. Ma un punto debole rimane quello dei canali. Lo studio ha dimostrato che la componente antropica dei movimenti del suolo è più intensa lungo le rive dei canali principali: una delle cause potrebbe essere l’impatto del moto ondoso. Poiché le zone di subsidenza sono generalmente concentrate lungo i principali canali che delimitano e attraversano la città è possibile ipotizzare che le onde indotte dei natanti sulle fragili murature dei canali contribuisca a indurre dei cedimenti” conclude il ricercatore.

Lo studio è firmato anche da Pietro Teatini del Dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell’Università di Padova e Tazio Strozzi di Gamma Remote Sensing (Svizzera).

Fonte: Luigi Tosi, Istituto di scienze marine, Venezia, tel. 041/2407949 , email luigi.tosi@ismar.cnr.it