Focus: Racconti di Natale

Lo tsunami di Santo Stefano

tsunami
di Luigi Cavaleri

Il disastro di Sumatra del dicembre 2004 nel ricordo di un esperto. L'evento sconvolse quelle terre lontane facendo più di 250.000 vittime, una cifra paragonabile per la sua rapida tragicità a quelle della Seconda guerra mondiale

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Le feste natalizie portano sempre a un rallentamento del ritmo quotidiano della nostra vita. La natura però ignora i nostri ritmi e può scatenarsi, nel bene e nel male, in qualsiasi istante. Il 26 dicembre 2004 dai notiziari arriva la notizia di uno tsunami, quello che una volta chiamavamo maremoto, abbattutosi sulle coste di Sumatra. Inizialmente si parla della possibilità di qualche vittima. L'evento è distante e la mente del ricercatore, all'inizio, dedica la sua attenzione solo in freddi termini professionali.

Ma come spesso accade in questi casi gli aggiornamenti si rincorrono rapidamente. Il numero delle supposte vittime cresce rapidamente in decine, centinaia, per poi superare il migliaio. Il paragone con esperienze precedenti suggerisce d'altronde che, se tanto dà tanto, l'evento dev'essere stato davvero enorme e devastante. Mi trovo da parenti, fuori Venezia, ma non c'é tempo da perdere: decido di rientrare e mi fiondo in ufficio. Da solo, qui, ho tutte le mie cose e mi concentro meglio.

Prima di tutto mi metto in contatto con l'Ufficio stampa del Cnr. Le notizie che si susseguono sono ancora approssimative. Era molto tempo che non succedeva e si riportava sui giornali qualcosa di simile. La memoria collettiva, poi, in particolare quella dei mass media, tende a svanire. Cerchiamo per lo meno di fornire un'idea chiara di cosa è probabilmente successo.

D'accordo con l'Ufficio stampa butto giù una breve nota dove descrivo la fenomenologia tipica di uno tsunami: come nasce, si propaga, si amplifica enormemente giungendo alla costa. Notizie generali, ovviamente, poiché non sappiamo nulla di preciso, ma la zona colpita è nota per la sua sismicità. Non sono un esperto di tsunami in assoluto, ma ne so abbastanza per spiegare con chiarezza e in termini semplici cosa presumiamo sia accaduto.

Il comunicato stampa, ritoccato dai giornalisti dell'Ufficio, diventa il primo e, per un po', l'unico sull'argomento. I media sono alla ricerca disperata di qualcuno che spieghi loro cosa è successo e nel testo diffuso abbiamo concordato di lasciare i miei riferimenti di casa e ufficio. Esplode un fuoco continuo di telefonate e di richieste di ulteriori informazioni.

Intanto, si comincia ad avere un'idea delle dimensioni del disastro. I morti sono già contati a decine di migliaia, purtroppo con una tendenza inesausta a crescere. La sera mi contatta tra gli altri Canale 5, vogliono assolutamente un'intervista. Io però ho altri impegni e devo partire: "Non importa, combiniamo lo stesso". Appuntamento alla stazione di Mestre dove, sul marciapiede esterno, rilascio cinque  minuti di riposte che finiranno integrali nel telegiornale delle 20.00. Questo accresce ancor più la reazione a catena e passo metà della giornata successiva, al telefono dei parenti presso cui mi trovavo, compresa un'ora di dibattito in diretta con un'altra emittente.

Man mano il tempo passa, il numero di esperti disponibili aumenta e la marea si calma. Le dimensioni totali del disastro si scopriranno solo dopo vari giorni: 250.000 morti. Non si parlava di queste cifre per vittime avvenute in un tempo così breve dai tempi della Seconda guerra mondiale.

Una frase mi è rimasta impressa di quanto dissi al Tg 5: "La previsione dei terremoti è un'arte ancora da scoprire". Conseguentemente, lo è anche quella degli tsunami. Il tutto continua a essere valido anche oggi.

Luigi Cavaleri

Fonte: Luigi Cavaleri, Istituto di scienze marine, Venezia, tel. 041/2404746 , email luigi.cavaleri@ismar.cnr.it -

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