Al Politecnico ho preferito l'Accademia
"Mio padre mi portava spesso al cinema quando ero piccolo. Poi a casa mi divertivo a reinterpretare quei ruoli". Nasce così la passione di Andrea Tidona, un 'ingegnere mancato' che ha costruito il successo tra teatro, cinema e tv. "I 'tecnici' del palcoscenico mi hanno insegnato moltissimo"
Attratto sin da piccolo dal mondo del teatro e dello spettacolo, Andrea Tidona si diploma all'Accademia dei Filodrammatici di Milano nel 1976 debuttando con ‘Tre quarti di luna' di Luigi Squarzina. Scritturato dal Piccolo Teatro di Milano, lavora prima come attore e aiuto regista con Giorgio Strehler e successivamente con Glauco Mauri e molti altri. Ma è con le fiction televisive che raggiunge la grande notorietà: ‘Il Maresciallo Rocca', ‘La Piovra', ‘Le ali della vita', ‘Il commissario Montalbano', ‘Distretto di polizia', ‘Il Capitano', ‘Alcide De Gasperi', ‘Borsellino', ‘Il Capo dei capi', ‘Butta la luna', solo per citarne alcune. Ha partecipato anche allo show televisivo di Fiorello ‘Stasera pago io'. Al cinema lo ricordiamo soprattutto in ‘La vita è bella' di Roberto Benigni e ‘I cento passi' di Marco Tullio Giordana, per il quale ha recitato anche in ‘La meglio gioventù' e ‘Quando sei nato non puoi più nasconderti'. Recentemente lo abbiamo visto in ‘Il 7 e l'8' di Ficarra e Picone, nella miniserie televisiva ‘Il coraggio di Angela' e, nei panni di Mussolini, in ‘L'avvocato del Duce'.
Quando è nata la passione per il teatro?
Da sempre. Mio padre mi portava spesso al cinema, d'altronde la televisione non c'era, a vedere qualunque cosa, anche scene di sangue. Quando mi spaventavo, arrivava subito la sua frase tranquillizzante: "Ma è tutto finto...". E io a casa, di fronte allo specchio, reinterpretavo quei ruoli, inventando la sceneggiatura, una volta il re, un'altra il servo... Da grande la passione è tornata, non avevo voglia di fare altro, né università né lavoro d'ufficio. Ho sostenuto gli esami in Accademia, mi hanno ammesso e da allora non ho mai smesso. Passione, oppure incoscienza, follia.
Teatro, cinema, televisione... quale mezzo preferisce? E quale ruolo?
Come attore amo tutti i ruoli: se così non fosse diventerebbe un lavoro noioso. Per quanto riguarda le forme espressive, un tempo avrei detto senz'altro il teatro, oggi che ho avuto occasione di lavorare al cinema ad alti livelli, direi che non c'è differenza.
Cosa propone per avvicinare i giovani al teatro?
Bisognerebbe farne a scuola, sin dalle elementari. Si dovrebbero creare delle sezioni con la possibilità di realizzare vere e proprie compagnie. All'estero i ragazzi iniziano subito con Shakespeare. Il teatro è una scuola di vita, un luogo dove i ruoli sono chiari, senza possibilità di barare, anche se c'è chi riesce a farlo lo stesso. Dunque insegnare teatro potrebbe avere una funzione culturale, letteraria e ludica; ma anche educativa, formativa e civile. Poi, come diceva Vittorio Gassman, "Il teatro è terapeutico". Quindi salire sul palco e recitare sarebbe un'ottima occasione per i bambini per poter socializzare e superare i complessi.
E invece come si potrebbero avvicinare i giovani alla ricerca?
Lo Stato dovrebbe fare di più per entusiasmare i giovani e finanziare i loro progetti scientifici. Penso infatti che la voglia di scoprire e di migliorarsi sia insita nell'uomo, ma come sempre nel corso della storia ci sono accelerazioni e decelerazioni, evoluzioni ed involuzioni.
Segue le notizie di carattere scientifico e le novità tecnologiche?
Le seguo tutte con molta attenzione, sono soprattutto gli argomenti di medicina e di salute in generale ad attrarmi. Non nego di aver più paura della malattia e del dolore che della morte. Tanto "prima o dopo", come dice Amleto, "se non sarà ora sarà poi, se non sarà poi sarà ora: l'importante è essere pronti". Però, lo confesso, a volte sono molto scettico su alcune notizie che riguardano le ultime scoperte scientifiche e certe terapie ‘miracolose', che spesso si rivelano poco applicative nell'immediato futuro.
Quale scienziato porterebbe sulla scena?
Mi piacerebbe interpretare Galileo, Leonardo e, perché no, anche Darwin: questi scienziati ci hanno fatto aprire gli occhi sul mondo.
A scuola come andava in matematica e scienze?
In scienze abbastanza bene. In matematica ero ‘professore dipendente': se il docente era in gamba rendevo, altrimenti avevo qualche problema. Nonostante ciò le materie tecniche mi hanno sempre appassionato, non solo mi sono diplomato geometra, ma ho anche iniziato a studiare ingegneria al Politecnico di Milano. Mi piacevano la topografia e, in particolare, le tecnologie e le strumentazioni necessarie ai rilievi.
A proposito, ha avuto qualche esperienza ‘tecnologica' dietro le quinte?
Sì, ho lavorato sia come aiuto regista sia come direttore di scena. Ed è proprio in queste occasioni che sono venuto a stretto contatto con gli aspetti materiali del nostro lavoro come arredi, costumi, maschere, armi, mobili. E ho imparato moltissimo in particolare dai tecnici, loro sì sono dei veri ingegneri... del teatro.