Focus: L'estate con il Covid

Caldo e mascherine, una convivenza difficile

Ragazza con mascherina
di Rita Bugliosi

L'arrivo dell'estate ha reso più fastidioso l'uso di questi dispositivi, che restano comunque uno strumento efficace per contrastare la diffusione del Coronavirus. Marco Morabito del Cnr-Ibe evidenzia i disagi del loro utilizzo per l'organismo, in presenza di alte temperature ed elevati livelli di umidità

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Secondo quanto raccomandato dagli esperti, insieme al distanziamento sociale di almeno un metro e a un frequente e accurato lavaggio delle mani, l'uso della mascherina costituisce un efficace deterrente alla trasmissione del Coronavirus. “In una recente ricerca pubblicata sulla rivista statunitense “Pnas” in cui sono state analizzate le strategie di intervento messe in atto nel periodo gennaio-maggio 2020 per contrastare la pandemia di Covid-19, l'utilizzo delle mascherine in pubblico è risultata essere la misura più efficace, riducendo nel nostro Paese il numero di infezioni di oltre 78.000 unità, tra il 6 aprile e il 9 maggio”, sottolinea Marco Morabito dell'Istituto per la bioeconomia (Ibe) del Cnr.

Ma se l'utilizzo di questo dispositivo di protezione, pur provocando qualche fastidio, era nei mesi scorsi abbastanza tollerabile, con l'arrivo dell'estate e con il conseguente innalzamento delle temperature il suo uso crea qualche problema. Tra i fastidi provocati, quelli legati a reazioni cutanee determinate dall'elevata temperatura associata ad alti tassi di umidità. “In uno studio condotto attraverso la somministrazione di questionari a operatori sanitari cinesi, è risultato che l'uso della mascherina ha provocato prurito (15%), arrossamento della pelle ed eritema (13%), eruzione cutanea (12%) e xerosi cutanea (pelle secca) (12%)”, precisa il ricercatore del Cnr-Ibe.

Indossare la mascherina quando fa caldo ha però anche altri effetti. “Alcuni scienziati hanno evidenziato che, tra i disagi segnalati dalla popolazione, il più diffuso è stato la difficoltà respiratoria (circa il 36% del campione studiato), seguito dal caldo associato a sudorazione (21%)”, continua Morabito. “In presenza di elevate temperature la frequenza respiratoria tende ad aumentare - anche in base al livello di attività fisica svolta -, il disagio termico non è quindi limitato al viso ma si estende a tutto il corpo. Ne consegue un calo generalizzato delle condizioni psico-fisiche, un aggravamento di malattie preesistenti e un possibile aumento del rischio di infortuni o di complicanze dovute a stress da caldo, con disturbi che possono variare da crampi, svenimenti, edemi, disidratazione, fino alla situazione più grave rappresentata dal colpo di calore”, continua Morabito.

In un progetto finanziato da Inail e coordinato dal Cnr-Ibe (Impatto dello stress termico ambientale sulla salute e produttività dei lavoratori: strategie di intervento e sviluppo di un sistema integrato di allerta meteo-climatica ed epidemiologica per vari ambiti occupazionali - Worklimate) sono state condotte sperimentazioni per valutare gli effetti dell'uso della mascherina durante lo svolgimento di diverse attività e in condizioni di forte caldo. “I risultati preliminari hanno mostrato aumenti significativi della temperatura, e soprattutto dell'umidità, all'interno della mascherina rispetto all'esterno: di circa il 20% la temperatura, poco più del 55% l'umidità. A questa situazione era associato un generale aumento del disagio termico percepito a livello locale (viso), ma anche a livello globale (corpo intero), con un peggioramento della situazione nel caso di esposizioni alla radiazione solare diretta”, aggiunge l'esperto.

Ancora più accentuate sono poi le conseguenze derivanti da questo dispositivo di protezione per alcune categorie di persone. “L'uso della mascherina rappresenta un fattore aggravante degli effetti del caldo sulla salute specie per la parte più vulnerabile della popolazione, quindi persone anziane con più patologie e in trattamento con più farmaci, persone con malattie croniche o con disturbi psichici, con ridotta mobilità e/o non autosufficienti, donne in gravidanza, lavoratori impegnati in attività fisiche intense all'aperto o in ambienti non condizionati, e anche persone che hanno o sono in fase di convalescenza post Covid-19, perché in parte impedisce lo scambio termico tra corpo e ambiente, ma soprattutto ostacola il processo di respirazione specie se si è esposti a caldo eccessivo”, conclude Morabito. “Bisogna considerare infatti che le mascherine non sono nate per un utilizzo diffuso e prolungato da parte della popolazione né per un uso all'aperto in condizioni di elevate temperature e di esposizione alla radiazione solare; non sono dunque testate da un punto di vista microclimatico e di potenziale impatto sulla percezione del disagio termico. Il cuscino di aria molto calda e umida che si crea sotto la mascherina a contatto con pelle, bocca e naso rappresenta un ostacolo importante al normale processo di respirazione”.

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Fonte: Marco Morabito, Istituto per la bioeconomia, e-mail: marco.morabito@ibe.cnr.it

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