Cinescienza: Terra

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di Danilo Santelli

Un racconto per immagini, una carrellata di esperienze in giro per il mondo immortalate dal fotografo Sebastião Salgado con il suo caratteristico bianco e nero: è “Il sale della Terra”, docufilm diretto dalla coppia Wim Wenders-Juliano Salgado, presentato nel 2014 e candidato all’Oscar nel 2015. Un lungometraggio nel quale vengono messi insieme alcuni scatti di una carriera quarantennale, che descrivono la bellezza e la barbarie coesistenti nel nostro Pianeta. E proprio le conseguenze di quest’ultime, assieme ad altre concause, spesso sono il motore dei flussi migratori, come spiega Michele Colucci, ricercatore dell’Istituto di studi sul Mediterraneo del Cnr

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Il regista tedesco Wim Wenders, accompagnato alla regia da Juliano Ribeiro Salgado, sceglie di raccontare in audiovisivo i fotoreportage di Sebastião Salgado, fotografo brasiliano padre dello stesso Juliano. Il risultato che ne scaturisce è il film documentario “Il sale della Terra”, uscito nelle sale cinematografiche nel 2014 e candidato ai premi Oscar nell’anno successivo. Nel corso della sua pluriennale carriera, la macchina fotografica di Salgado, che ha viaggiato a lungo, ha immortalato la bellezza della natura, spesso incastonata negli angoli più reconditi e misconosciuti del Pianeta, ma ha anche documentato le conseguenze delle attività dell’uomo in termini di sfruttamento del territorio, delle risorse disponibili e, non in minor misura, degli altri esseri umani. Da questo punto di vista, ne “Il sale della Terra” troviamo due sezioni molto rappresentative, Workers e Migrations, nelle quali viene raccontato lo status di una moltitudine di persone che vivono di lavoro sottopagato, svolto in condizioni inumane, e quello di altre che, per differenti ragioni, decidono di spostarsi dalle loro terre d’origine alla ricerca di una vita, o di una sopravvivenza, più dignitosa.

“Le cause dei movimenti migratori sono molteplici e variegate. Si tratta di motivazioni che possono essere ricondotte a matrici politiche, ragioni economiche, discriminazioni religiose e anche a fattori di tipo ambientale. Per la verità, molto spesso ci troviamo al cospetto di flussi migratori determinati da cause differenti, che si intrecciano tra loro. Negli ultimi anni, gli studi scientifici hanno posto particolare attenzione sulle ragioni che sono alla base di questi fenomeni, anche se quella delle migrazioni risulta essere una tematica spesso scivolosa. Per molto tempo è stato dato risalto alle motivazioni economiche che possono determinarle, soprattutto in aree ad alto tasso di disoccupazione, dove vi è la forte necessità di trovare un lavoro per ottenere condizioni materiali maggiormente favorevoli. Dal 2010, a partire dalla stagione delle cosiddette ‘primavere arabe’ del Nord Africa e del Vicino e Medio Oriente, è entrata prepotentemente in scena la questione dell’esilio politico e dello spostamento dei profughi, come conseguenza di guerre militari, civili e di situazioni sociali estremamente critiche. Ma negli ultimi anni si parla molto e sempre più frequentemente di migrazioni ambientali, per effetto della crisi climatica e delle ripercussioni di quest’ultima sulle persone e sull’ambiente”, spiega Michele Colucci, ricercatore dell’Istituto di studi sul Mediterraneo (Ismed) del Cnr.

Locandina del film Il sale della Terra

Attraverso l’obiettivo di Salgado, Wenders dà forma all’autolesionismo umano, in una rappresentazione figurativa dell’‘homo homini lupus’ che, oltre ad aggredire l’ambiente che lo circonda, attacca anche i suoi simili. “Va considerato che gli effetti delle attività antropiche hanno spesso avuto un impatto molto forte. Ma non si tratta di una novità, mentre inedita e particolarmente dirompente è la rapidità con la quale queste trasformazioni stanno gravando sulle società contemporanee. Dal punto di vista economico, il ciclo avviato con la rivoluzione industriale ha accelerato enormemente queste dinamiche e nelle epoche più recenti ci troviamo al cospetto di interventi dell’uomo in grado di trasformare la vita delle persone in breve tempo. Ad esempio, si pensi alla costruzione di grandi dighe, che possono determinare lo sfollamento di una moltitudine di persone. Oppure, nell’ambito delle politiche industriali, le delocalizzazioni da parte delle aziende che, quando coinvolgono molti posti di lavoro, hanno come diretta conseguenza alti tassi di disoccupazione e nuovi flussi di migranti economici”, conclude Colucci. “Le migrazioni, negli scenari attuali, rappresentano una questione estremamente sensibile alle scelte dei decisori politici e alla ridefinizione degli equilibri economici e politici su grande scala. La tendenza, già molto evidente da tempo, è quella di strumentalizzare questi fenomeni per interessi politici e ritorni elettorali, brandendo campagne di discriminazione e chiusura delle frontiere che possono avere effetti molto pesanti, poiché un clima da guerra sociale rischia di coinvolgere tutti. Anche per questi motivi dobbiamo imparare a considerare la migrazione come un fatto strutturale delle società moderne”.

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