Dalla seta ai tessuti tecnologici
Marco Polo nel suo libro “Il Milione” narra, tra l’altro, dell’economia della provincia cinese del Catai, famosa per la produzione della seta, tessuto pregiato che arrivava in Europa dall’Oriente. Oggi però accanto a questa e ad altre fibre naturali ne esistono di tecnologiche, che svolgono diverse funzioni utilizzabili in campo medico, ma non solo. Ne abbiamo parlato con Irene Bonadies dell’Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali del Cnr
La “via della seta”, il termine usato oggi per indicare importanti accordi commerciali con la Cina, in passato indicava l’insieme di rotte commerciali tra l’Asia orientale, in particolare la Cina, e i Paesi dell’area mediterranea, le stesse tramite le quali arrivava in Europa la seta, prodotta nella provincia del Catai. A rendere noti questi percorsi, lungo i quali nei secoli sono passati un gran numero di viaggiatori e mercanti, ha contribuito senz’altro Marco Polo, che narra ne “Il Milione” del suo avvincente viaggio che si snoda appunto tra l’Europa e l’Oriente.
E varie sono le caratteristiche della seta, pregiato tessuto che spingeva tante popolazioni a importarlo dal Paese del Dragone e che ce lo fanno apprezzare ancora oggi, tra queste un’elevata resistenza, superiore a quella di cotone e nylon, ottima flessibilità, una gran leggerezza e alta ipoallergenicità.Si tratta sicuramente di qualità importanti, ma oggi esistono tessuti che, grazie all’utilizzo di tecnologie innovative, interne alle fibre stesse, oltre ad avere funzioni estetiche e di confort, hanno applicazioni in settori che dal campo dell’abbigliamento sconfinano in quello della medicina o della robotica, come spiega Irene Bonadies dell’Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali (Ipcb) del Cnr: “Partendo da tessuti di cotone opportunamente modificati, sono stati realizzati sensori multifunzionali tessili in grado di rilevare simultaneamente diversi segnali esterni, come una sollecitazione meccanica o modifica della temperatura (materiali multisensing) o di rispondere a una sollecitazione esterna in modo diverso (resistenza elettrica e luminiscenza). Tali sensori, se opportunamente integrati all’interno di magliette, permettono di realizzare indumenti smart, con i quali è possibile monitorare attività fisiche e fisiologiche dell’uomo in diverse condizioni di utilizzazione, consentendo così una diagnosi di stress e contribuendo a preservare la salute e la corretta postura. In questo contesto, i sensori di deformazione indossabili richiedono un’alta sensibilità alle piccole deformazioni, stabilità all’usura, all’umidità e al lavaggio e, allo stesso tempo, devono garantire traspirabilità e flessibilità. Per la loro realizzazione, gli studi condotti presso il nostro Istituto sono incentrati sull’uso del grafene e materiali 2D. In particolare, si utilizza un additivo funzionale, quale l’ossido di grafene (GO), che viene prima depositato sulle fibre mediante la tecnica di ‘dip coating’ (immersione) e poi trasformato chimicamente mediante un processo di riduzione nel più conduttivo derivato, l’ossido di grafene ridotto (rGO). Il tessuto così modificato ha mostrato una buona conducibilità termica, traspirabilità e durabilità anche dopo vari cicli di lavaggi, caratteristiche che garantiscono all’utilizzatore confort e gestione della termoregolazione e che lo rendono potenzialmente utilizzabile anche per applicazioni biomedicali come la terapia termica”.
Tessuti tecnologici meccanoluminescenti per sensoristica
Ma non sono solo queste le possibili applicazioni di questo tipo di tessuti. “In un secondo studio i colleghi hanno aggiunto al rivestimento di rGO nanoparticelle di silice appositamente modificate con una polvere fluorescente”, continua la ricercatrice del Cnr-Ipcb. “In questo modo è stato possibile non solo controllare meglio la risposta meccanica e quindi elettrica del tessuto, ma anche di conferire a esso meccano-luminescenza, rendendolo visibile durante il movimento, permettendone in tal modo l’utilizzo al buio”.
Tra i tessuti tecnologici stanno acquisendo poi sempre più importanza quelli adatti al settore biomedicale. “In questo ambito si ricorre a diversi trattamenti per conferire ai tessuti proprietà come quelle batteriostatiche/battericide, grazie alla presenza nel rivestimento di rame o argento. In questo settore interessanti sono anche i tessuti ottenuti mediante tecniche alternative a quelle tradizionali, come l’elettrofilatura. Si riescono infatti così a realizzare tessuti-non-tessuti o tessuti con particolari strutture (ad esempio fibre allineate), caratterizzati dall’avere fibre con un diametro nanometrico. Tali tessuti possono essere costituiti da diversi polimeri, polimeri naturali o biopolimeri, anche contemporaneamente presenti nel tessuto”, conclude Bonadies. “La nanodimensione abbinata a specifiche proprietà chimiche e funzionali di additivi organici e inorganici che possono essere aggiunti alle fibre (internamente o come rivestimento), consente il raggiungimento di specifiche proprietà finali del tessuto, come repellenza per gli insetti o risanamento delle ferite della pelle. Aggiungendo poi nanoparticelle di ossido di ferro si riescono ad avere proprietà magnetiche che rendono i tessuti particolarmente adatti per applicazioni teranostiche (integrazione di un metodo diagnostico con uno specifico intervento terapeutico)”.
Fonte: Irene Bonadies, Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali, irene.bonadies@cnr.it