Focus: Corpo

Una nanosonda per fare luce sull’organismo

Esperimento
di Gabriella Zammillo

Questa  nuova tecnica non invasiva, messa a punto da uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia (Nanotec) del Cnr  e dell’Istituto italiano di tecnologia, apre la strada a importanti prospettive per sistemi di diagnosi precoce in vivo di alcune malattie neurodegenerative e di tumori. Ce lo spiega Marco Leonetti, fra gli autori della ricerca

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Fare diagnosi precoce in campo oncologico e neurologico significa individuare il problema allo stadio iniziale, consentendo di intervenire chirurgicamente e farmacologicamente in modo tempestivo e non eccessivamente invasivo per migliorare la qualità di vita del paziente. A partire da questo concetto, un team di ricerca guidato da Giancarlo Ruocco, coordinatore del Center for Life Nano-&Neuro-Science - CLN2S dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit), e formato da Marco Leonetti, ricercatore dell’Istituto di nanotecnologia (Nanotec) del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma e affiliato Iit, con i colleghi dell’Istituto nazionale di ricerca metrologica (Inrim) e dell’European Laboratory for Non-linear Spectroscopy (Lens), ha testato una nuova tecnica non invasiva basata sulla luce, che utilizza in modo innovativo le nanosonde a tecnologia a Dna e ricava informazioni all’interno di un sistema complesso come gli organi e i tessuti del corpo umano, senza bisogno di interventi chirurgici o procedure più delicate per il paziente. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Nature Communications”.

“I ricercatori hanno simulato in laboratorio la diffusione della luce in un sistema complesso come il corpo umano, utilizzando ossido di zinco, un materiale fortemente riflettente e biocompatibile. Nel sistema creato ad hoc, è stata inserita la nanosonda, di dimensione 10.000 volte inferiore al diametro di un capello, in grado di misurare la deformazione delle proprietà locali della luce”, spiega Leonetti. “Il sistema viene illuminato con luce verde, che la nanosonda capta, e riemette a sua volta fluorescenza (luce rossa). In generale, a tali profondità e in condizioni di forte scattering non è possibile generare un’immagine nitida. I ricercatori, però, tramite la lettura delle fluttuazioni nel tempo e nello spazio della fluorescenza in risposta all’ambiente circostante, possono riconoscere la presenza di particolari aggregati di proteine intorno alla nanosonda, che essendo più densi lasciano un’impronta ottica della loro presenza”.

I risultati dello studio rappresentano i primi passi per sviluppare futuri sistemi di diagnostica precoce di alterazioni macroscopiche del tessuto, tipiche dei tumori o di alcune patologie neurodegenerative connesse all’accumulo di aggregati proteici, come il morbo di Alzheimer. “La nanosonda è un oggetto comunemente usato in microscopia e unisce le ultime tecniche di ingegneria genetica e di controllo delle sorgenti luminose. Si comporta come un satellite inviato nello spazio che raccoglie le informazioni nelle sue vicinanze e le trasmette sulla Terra anche quando è talmente lontano da non essere visualizzato nemmeno col migliore dei telescopi”, conclude il ricercatore. “Essa, infatti, misura le proprietà della luce nelle vicinanze e riesce a mandarle agli strumenti di misura dei ricercatori oltre il ‘muro opaco’. Questa tecnica consente così di avere informazioni in vivo, evitando interventi invasivi”.

Partendo dall’esperimento dimostrativo è quindi possibile pensare a una futura generazione di nanosonde biocompatibili, in grado di restituire informazioni sull’insorgenza di alterazioni locali del tessuto in zone inaccessibili del corpo umano.

Fonte: Marco Leonetti, Istituto di nanotecnologia, marco.leonetti@cnr.it

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