Prima i geologi sovietici e poi quelli ucraini hanno capito che il contesto geologico era ideale per trovare non solo pietre preziose ma anche pegmatiti con spodumene e altri minerali di metalli critici (tantalio, niobio, terre rare). Negli ultimi vent’anni, il Servizio geologico Ucraino ha condotto ricerche scientifiche e strategiche e ha individuato numerose zone con pegmatiti a spodumene. In questo momento l’Ucraina, insieme alla Serbia, ha probabilmente il maggiore potenziale per litio dell’intera regione europea.
La compagnia mineraria di Khoroshiv-Volodarsk aveva cercato uno specialista toscano dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr perché le pegmatiti litinifere dell’Isola d’Elba che noi studiamo sono tra le più famose al mondo e, pur non essendo sfruttabili industrialmente, rappresentano da oltre due secoli una fucina di nuove idee scientifiche. Gli ucraini volevano sviluppare un modello concettuale del loro giacimento che li aiutasse a incrementare le risorse della miniera, io invece volevo allargare il mio bagaglio scientifico per arrivare - forse un giorno - a capire come si formano queste rocce così strane e così ricche di metalli critici.
Non so cosa stia succedendo agli amici ucraini di Khoroshiv-Volodarsk. Al loro Paese va il mio rispetto per l’approccio con il quale hanno affrontato la sfida della transizione energetica. Si sono guardati “sotto i piedi” per capire se, dopo decenni di sfruttamento sovietico, vi erano ancora risorse nascoste. Hanno trovato l’oro bianco, come viene chiamato il litio nel mondo finanziario, e hanno provato a coinvolgere l’Europa (un accordo bilaterale con una società mineraria europea era in fase di definizione poco prima del conflitto). Noi cosa faremo? Avremo il coraggio di guardarci sotto i piedi? Il litio non si trova solo nelle rocce pegmatitiche, esistono altre rocce e fluidi geotermici che ne contengono quantità rilevanti, anche in Italia. Basterebbe capire che ci sono ancora molte cose da scoprire su questo Pianeta, affrontando la transizione energetica con l’approccio di chi abita nella “terra di mezzo”.
Fonte: Andrea Dini, Istituto di geoscienze e georisorse, e-mail: a.dini@igg.cnr.it