Quello degli storici dell'arte e degli archeologi in 'trincea' è un capitolo non ancora del tutto esplorato delle vicende della Prima Guerra mondiale. Sono diverse migliaia le figure che vi parteciparono, alcuni anche come volontari, distinguendosi in molti casi per atti di eroismo e congedandosi con alti riconoscimenti al valor militare. Massimo Cultraro, ricercatore dell'Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam) del Consiglio nazionale delle ricerche, si è messo sui passi di questi intellettuali, attraverso lo studio dei loro taccuini e della corrispondenza privata. “Uno dei contributi più interessanti è offerto da un'ampia categoria di studiosi di origine ebraica”, spiega Cultraro. “Alessandro Della Seta (1879-1944) lasciava la cattedra di Archeologia all'Università di Genova e, all'età di trentotto anni, si arruolava combattendo sull'Asiago, per poi tornare a casa con due croci di guerra. Altri ebrei italiani furono coinvolti in situazioni più drammatiche e sofferte, come Vittorio Macchioro (1880-1958), docente di archeologia all'Università di Napoli, che visse il ferimento e l'abbandono a ridosso delle linee nemiche come un'esperienza interiore che lo portò, a guerra finita, a convertirsi al cristianesimo”.
Alcuni studiosi dopo l'esperienza della prima linea si dedicarono a temi mistici. “Il ripiegamento interiore è il segno di quella 'irreversibile ri-generazione', come è stata definita dallo storico Antonio Gibelli, che lascia al veterano la consapevolezza di una violenta e inarrestabile trasformazione della propria personalità”, continua il ricercatore. “Molti di loro, come lo stesso Della Seta o il noto orientalista Giorgio Levi Della Vida (1886-1997), segneranno il progresso degli studi classici in Italia, facendo spesso menzione dell'esperienza vissuta da giovani sui campi di battaglia. Ci fu anche chi, come l'archeologo veneto Pirro Marconi (1897-1938), ufficiale volontario degli Alpini e pluridecorato, fece tesoro delle conoscenze maturate in guerra: quando nel 1927 cominciò gli scavi di Agrigento, appena assegnato alla Regia soprintendenza di Palermo, fece costruire una linea ferrata Decauville, su modello di quella utilizzata dal genio militare, per facilitare le operazioni di movimento terra e accelerare l'attività di scavo”.