Psicofarmaci, limiti e rischi
La sede centrale del Cnr ha ospitato un convegno dedicato a questo tema. Ospite d'eccellenza il giornalista statunitense Robert Whitaker, che nella sua 'Indagine su un'epidemia' mette in discussione l'efficacia del ricorso ai farmaci nel trattamento del disagio mentale. Con il contributo dei ricercatori dell'Istc
L’Istituto di tecnologie cognitive (Istc) del Cnr di Roma in collaborazione con l’associazione 'Rete italiana noi e le voci’ ha organizzato lo scorso 5 maggio un confronto su un tema tanto attuale quanto insidioso: 'Limiti e rischi degli psicofarmaci: i dati emersi dopo anni di pubblicità a senso unico’. Ospite d’eccellenza il giornalista statunitense Robert Whitaker, che ha presentato il suo libro 'Indagine su un’epidemia’.
L’intervento di Whitaker ha preso avvio da alcuni interrogativi. Se i trattamenti sono sempre più efficaci, perché le malattie mentali sono sempre più diffuse? Sono veramente tutte 'malattie’ quelle curate con farmaci psicoattivi? Domande che hanno permesso al giornalista di evidenziare il processo di 'medicalizzazione’ di quelli che oggi vengono catalogati come disagi mentali, come emerge anche da un’analisi storica del Dsm (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il sistema di classificazione maggiormente usato da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo. La quinta edizione del manuale, pubblicata nel maggio 2013, riporta una classificazione di disturbi mentali pari a tre volte quella della prima edizione, uscita nel 1952.
Whitaker ha poi illustrato numerosi dati relativi a ricerche che dimostrano come l’utilizzo, di tranquillanti e antidepressivi specie se prolungato, si riveli dannoso per l’organismo. “I farmaci non assicurano la guarigione”, ha spiegato. “Per contro, è stato verificato che inducono reazioni adattative a livello cerebrale che producono uno squilibrio chimico compensatorio analogo, paradossalmente, a quello che inizialmente si considera quale causa del disturbo”. Accade, infatti, che di fronte all’azione del farmaco antipsicotico, che agisce bloccando i recettori della dopamina, il cervello risponda, aumentando i recettori stessi per cercare di 'compensare’ il blocco.
“Abbiamo pensato a lungo che i farmaci fossero la risposta, ma è ora di cambiare strada e di intraprenderne una che elimini l’uso farmacologico o almeno lo integri con terapie basate su percorsi orientati a cambiare la persona dall’interno, rivedendo il suo modo di dormire, l’alimentazione, la qualità della vita nel suo insieme. In America solo oggi si è aperto un dibattito che mette in dubbio l’utilità delle sostanze psicoattive nelle cure”, ha concluso Whitaker.
Hanno partecipato all’incontro Raffaella Pocobello e Cristiano Castelfranchi, che hanno curato la postfazione del saggio. I due ricercatori dell’Istc-Cnr hanno portato una testimonianza circa la storica collaborazione con il progetto Basaglia, sottolineando come oggi più che mai sia importante partire dal basso, coinvolgendo operatori sanitari, famiglie e strutture preposte. In Italia un piccolo passo in avanti è stato compiuto dalle associazioni di promozione sociale e di auto-aiuto attive nel settore, come la 'Rete italiana noi e le voci’, che tendono a parlare di "esperienze umane" più che di "malattie mentali", un primo 'mattoncino’ per arrivare a un profondo mutamento culturale.
Alessia Bulla
Fonte: Raffaella Pocobello, Istituto di scienze e tecnologie della cognizione, Roma , email raffaella.pocobello@istc.cnr.it -