Dimagrire, il Dna non basta
Curiosare nel proprio genoma alla ricerca di un regime alimentare efficace, duraturo e senza troppi sacrifici. È utile ma non sufficiente, spiega Roberto Volpe del Servizio prevenzione e protezione del Cnr
Raggiungere una perfetta forma senza troppi sacrifici. È il sogno di chi è perennemente a dieta. Tuttavia, grazie ai progressi nel campo della scienza e della nutrizione un aiuto per individuare un regime alimentare efficace e 'su misura’, potrebbe arrivare dall’esame del Dna. Con un semplice test genetico, non invasivo, è possibile stabilire una dieta 'personalizzata’, sulla base delle indicazioni fornite dal nostro genoma.
Ma in che cosa consiste la 'dieta genetica’ e, soprattutto, funziona? “La dieta genetica si basa sull’interazione tra genetica e nutrizione dell’individuo, al fine di proporre un regime alimentare personalizzato”, spiega Roberto Volpe, del Servizio prevenzione e protezione (Spp) del Consiglio nazionale delle ricerche. “Che la genetica sia importante, lo dice la diversa capacità degli individui di metabolizzare carboidrati e grassi alimentari e, quindi, di accumulare più o meno facilmente peso. E, in effetti, alcuni geni correlati all'obesità sono stati individuati”.
L’efficacia della dieta genetica però non è ancora del tutto dimostrata. “Se ci basassimo solo sui geni avremo una visione molto parziale di come rispondiamo all'alimentazione”, precisa il ricercatore dell’Spp-Cnr. “La genetica della nutrizione, se non si basa su informazioni complete della persona, può portare a conclusioni affrettate e apparire come una facile scorciatoia, a cui può seguire una ripresa dei chili persi”.
In effetti, i geni da soli non spiegano tutto. Altri fattori risultano fondamentali per l’indagine: la qualità e quantità di cibi introdotti quotidianamente e il livello di attività fisica svolta, con la conseguente valutazione del fabbisogno calorico giornaliero. Pertanto, oltre a un esame del sangue volto a valutare, ad esempio, i livelli ematici dell’insulina e degli ormoni tiroidei, molto utile risulta la compilazione, per una decina di giorni, di un diario alimentare e dell’attività fisica. “Esso ci fornisce informazioni per capire le abitudini (e quindi gli errori) del paziente, alla base del successivo intervento di educazione a una sana alimentazione ipolipidica-ipoglucidica e ipocalorica e alla giusta attività fisica personalizzata in base all’età, capacità e preferenze del soggetto” conclude Volpe. “Educare, sensibilizzare e motivare il paziente, è oggi l’unico intervento scientifico alla base di una efficace riduzione del peso che rimanga costante nel tempo e in grado di prevenire le troppo frequenti ricadute”.
Silvia Mattoni
Fonte: Roberto Volpe, Servizio prevenzione e protezione del Cnr, tel. 06/49937630 , email roberto.volpe@cnr.it -