Focus: Rumore e silenzio

Vibrazioni che minacciano i monumenti

Colosseo
di Luisa De Biagi

L'inquinamento sonoro determina danni alla nostra salute ma anche all'habitat architettonico-paesaggistico. Per questo occorre proteggere i beni culturali dalle sollecitazioni meccaniche provocate dalle attività umane, come spiega Massimo Materassi, ricercatore dell'Istituto dei sistemi complessi del Cnr

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L'inquinamento acustico, oltre alla nostra salute, danneggia anche il nostro setting architettonico-paesaggistico. Per questo sul territorio italiano è particolarmente studiata la protezione dei beni culturali dagli effetti delle vibrazioni meccaniche circostanti, incluse quelle percepite dall'orecchio umano come rumore. “Il nostro Paese è un diario antico di pietre e marmi, ma deve evolversi e crescere nelle industrie, nei servizi, nelle comunicazioni: le grandi vie di comunicazione, coi loro volumi di traffico, ma anche l'affollamento turistico possono produrre vibrazioni meccaniche in grado di minacciare i nostri monumenti, con un'azione lenta ma costante nel tempo”, spiega Massimo Materassi, fisico dell'Istituto dei sistemi complessi (Isc) del Cnr.  “Occorre quindi proteggere i beni culturali e architettonici sia dalle sollecitazioni meccaniche dei fattori antropici sia dagli eventi naturali eccezionali”.

Per proteggere un bene occorre innanzitutto conoscere l'effetto delle sollecitazioni meccaniche sulla sua struttura e sulla sua stabilità. “Per capire l'effetto di una sollecitazione meccanica (vibrazione, rumore, onda, scuotimento, etc.) su un bene architettonico occorre descrivere la sollecitazione e il monumento stesso”, prosegue il ricercatore. “Si può fare a vari livelli, coinvolgendo sempre più gli strumenti matematici che la fisica applica da tempo a questioni teorico-sperimentali; le vibrazioni indotte dal passeggiare di poche persone saranno ovviamente meno intense di quelle di una folla, a loro volta meno intense di quelle del traffico urbano, di un concerto rock o del rombo di un aereo in decollo. Il primo modo per proteggere un bene architettonico è far produrre attorno a esso meno rumore e meno attività possibili, riducendo al massimo la forza delle sollecitazioni meccaniche a cui è sottoposto. Ed è proprio l'intensità delle vibrazioni trasmesse da una certa attività o mezzo a prevederne l'effetto; celebre è il caso del ponte crollato perché messo in vibrazione fatale dal passaggio di un certo numero di persone, che ritmicamente marciavano sincronizzate, e che invece era rimasto indenne al passaggio di folle maggiori che si muovevano però disordinatamente. Per capire questo esempio occorre caratterizzare la sollecitazione meccanica parlando della sua frequenza: se si 'scuotono' i manufatti umani a parità di intensità ma con vibrazioni più o meno fitte nel tempo, cioè con frequenza più o meno elevata, si hanno effetti diversi sul manufatto stesso. Tutti hanno esperienza di quello che succede su un vecchio bus quando si ferma a un semaforo: all'improvviso comincia a vibrare rumorosamente, sembra andare in pezzi; poi il motore riprende giri, il bus riparte e cessano rumore assordante e vibrazioni. La fisica ci spiega che la struttura del bus è un aggregato di parti materiali che, montate insieme proprio in quella maniera, ha una particolare frequenza di risonanza. Così, col mezzo in sosta, il motore 'culla' l'autobus in modo da farlo quasi smontare, mentre quando va, lo sollecita senza danneggiarlo. Chiaramente, un mezzo ben costruito e nuovo deve avere le frequenze di vibrazione del motore lontane il più possibile dalle sue frequenze di risonanza in tutte le condizioni d'esercizio”.

L'esempio delle frequenze delle vibrazioni, più vicine o più lontane dalla frequenza di risonanza, vale per tutti gli oggetti materiali, anche per i beni architettonici. “A parità di intensità, esistono sollecitazioni capaci di danneggiare seriamente un monumento e altre che non gli faranno niente; nell'ottica della tutela del bene culturale, è necessario limitare le vibrazioni con le frequenze 'fatali'”. In quest'ottica si capisce perché a impegnarsi nello studio accurato delle frequenze di risonanza in rapporto al bene architettonico-monumentale deve essere un team di scienziati di diverse competenze: geofisici, sismologi, fisici, matematici. “Individuare le frequenze maggiormente dannose per una realtà complessa come un bene architettonico è un lavoro complicato, perché un monumento è composto da tante parti e tanti materiali, ciascuno dei quali ne avrebbe una propria e che ne hanno ancora altre essendo assemblati insieme”, prosegue Materassi. “Una cosa che si può fare, e che costituisce fra l'altro il tipo di monitoraggio che il Cnr-Isc e l'Ingv metteranno in atto presso il Parco archeologico del Colosseo appena possibile, è analizzare l'effetto del rumore sismico naturale in termini di vibrazioni quotidiane del monumento stesso. Si collegano diversi sismografi a diverse parti del monumento da studiare e si analizzano le serie temporali di vibrazioni del monumento che questi misurano, cioè, per ogni minuto, secondo o frazione di secondo si registrano le fluttuazioni del monumento. Che cosa induce queste fluttuazioni? Evidentemente, tutto ciò che è in contatto meccanico col monumento stesso: il terreno su cui poggia e i suoi moti geologici (assestamenti, microsismi, spostamenti naturali); le attività umane circostanti (traffico, industrie, cantieri); gli agenti atmosferici (il vento che soffia, la pioggia). Studiando le serie di queste minute vibrazioni quotidiane con opportuni strumenti matematici della fisica si mettono in evidenza le frequenze a cui il monumento è più suscettibile, cioè sul cui sollecito si muove di più e potrebbe danneggiarsi. Questo monitoraggio, fatto per lunghi periodi di tempo in condizioni di attività umane e meteo diverse, consente di individuare le frequenze a cui, presumibilmente, il monumento non deve essere sollecitato”.

Ma l'effetto del tempo imperversa anche sui monumenti e sui i materiali che li costituiscono e legano. Come ci si deve comportare? L'invecchiamento dei materiali può cambiare le frequenze di risonanza del bene architettonico, i cui criteri di protezione dovranno, perciò, essere aggiornati”, aggiunge il ricercatore. “C'è poi uno studio ancora più innovativo che va sotto il nome di analisi frattale della dinamica, che serve a dirci se, col passare del tempo, le vibrazioni caratteristiche del monumento, nelle condizioni date, si avviano verso un mantenimento della sua stabilità strutturale o, invece, preludono a eventi catastrofici, cioè a vibrazioni gigantesche e improvvise, a crolli. Calcolando i particolari indicatori numerici ottenuti si potrà così capire se la probabilità che il monumento collassi stia crescendo o diminuendo col tempo e si potranno quindi predisporre le azioni di protezione e mitigazione conseguenti”.

Infine, c'è qualcosa cui gli scienziati sempre ambiscono e sistematicamente fanno quando studiano un qualsiasi oggetto: modellizzarne il funzionamento. “È innata nell'uomo l'ambizione di osservare le cose per capire come funzionano, e questo è quello che significa, in ultima analisi, modellizzare un sistema fisico come un bene architettonico: dallo studio delle serie sismografiche si potranno costruire modelli matematici dinamici in grado non solo di descrivere quello che attualmente sta accadendo a un monumento, ma anche di prevedere quello che potrebbe accadergli quando fosse posto in condizioni differenti, per esempio se si aprissi un cantiere stradale proprio vicino a esso. La sfida, dunque, è mettere insieme il genio artistico e quello delle scienze esatte. Una pratica che è certamente nelle corde del nostro Paese”, conclude Materassi.

Fonte: Massimo Materassi, ISC-Istituto dei Sistemi Complessi , email massimo.materassi@isc.cnr.it -

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