Editoriale

Ricerca: investimento, non spesa

"Condividiamo l'auspicio del ministro Profumo a che il Parlamento corregga i tagli alla ricerca previsti dalla spending review. Siamo consapevoli che le difficoltà in cui si dibatte il paese necessitano del contributo di tutti, ma siamo altrettanto convinti che queste non possano essere superate attraverso tagli al settore ricerca e università, al contrario. Siamo pronti però a confrontarci perché una possibile maggiore efficienza del sistema ricerca porti a quei risparmi e ad un maggior ritorno economico i
di Marco Ferrazzoli

I "tagli" minacciati dalla spending review, proprio in coincidenza con uno straordinario successo scientifico come quello del "bosone di Higgs", hanno suscitato la reazione dei presidenti degli Enti del comparto. Che però non si sottraggono al richiamo a una maggior efficienza

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"Condividiamo l'auspicio del ministro Profumo a che il Parlamento corregga i tagli alla ricerca previsti dalla spending review. Siamo consapevoli che le difficoltà in cui si dibatte il paese necessitano del contributo di tutti, ma siamo altrettanto convinti che queste non possano essere superate attraverso tagli al settore ricerca e università, al contrario. Siamo pronti però a confrontarci perché una possibile maggiore efficienza del sistema ricerca porti a quei risparmi e ad un maggior ritorno economico in ambito europeo, come auspicato dal ministro".

È la dichiarazione congiunta che i presidenti di Inaf, Giovanni Bignami, Infn, Fernando Ferroni, e Cnr, Luigi Nicolais, hanno reso in merito alla vicenda dei "tagli alla ricerca", che nei giorni scorsi ha avuto un notevole risalto anche sulla stampa. Non si tratta certo una novità, purtroppo, ma di un mesto refrain che in dieci anni, considerando l'indicizzazione, ha portato soltanto il Consiglio nazionale delle ricerche a perdere il 12% di finanziamenti.

L'attuale dotazione Miur assicura al Cnr solo i due terzi del budget totale ed è stata ridotta, soprattutto, la parte destinata all'"attività ordinaria", tanto che le cosiddette "spese fisse incomprimibili" sono coperte solo per l'80% circa. Il nostro, come gli altri Enti pubblici di ricerca, vive insomma trovando buona parte delle proprie risorse grazie a bandi europei e nazionali, accordi con ministeri ed enti locali, attività di servizio, rapporti con le imprese. Questi ultimi, insiste non a caso il presidente Nicolais, dovranno sempre più intensificarsi, anche se sappiamo quanto sia difficile ottenere un adeguato investimento in ricerca e sviluppo da parte delle aziende italiane, che su questo fronte sono ad appena un terzo della media europea.

È però sempre bene ricordare, e la coincidenza temporale tra le ultime notizie sui "tagli" e le conferme ottenute in merito al cosiddetto "Bosone di Higgs" aiuta a farlo, che la ricerca scientifica non può essere solo applicativa, poiché il suo primo obiettivo è sempre l'avanzamento della conoscenza: dal quale, peraltro, derivano spesso ricadute di grande utilità concreta.

Della dichiarazione dei presidenti degli Enti di ricerca sopra citata è importante anche il riconoscimento che il dovere di una maggiore efficienza non esenta alcun comparto, stanti le particolari difficoltà non solo dell'Italia ma, e non è certo una consolazione, di tutto il sistema socio-economico e finanziario europeo e dei 'paesi avanzati'. I risparmi nella spesa pubblica in questa fase sono una necessità ineludibile e ciascuno deve fare la propria parte, ottimizzando risorse e strutture, onde evitare la contrapposizione manichea tra la demagogia degli 'sprechi' e la 'sindrome nimby' per cui si chiede sempre di tagliare da qualche altra parte.

Efficienza, insomma, per questo settore ha un significato preciso, dimostrare ai cittadini ciò che spesso diciamo: che la spesa in ricerca e innovazione è in realtà un investimento.