Editoriale

Riflessioni tra scienza e conoscenza

microscope
di Marco Ferrazzoli

L'avanzamento delle conoscenze non viene sempre e subito acquisito come verità, come confermano i toni sempre più roventi della vicenda vaccinazioni. La ricerca ci dice in fondo che il mondo non è come appare: alla base delle scienze moderne vi sono metodologie che si basano sulla presa di distanza dalle percezioni sensoriali, con risultati per nulla intuitivi o scontati, basti pensare a teorie come relatività e quantistica

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Dedichiamo anche questo editoriale di Almanacco estivo, come il precedente, ad alcuni consigli di letture speriamo stimolanti per chi fa divulgazione scientifica e non solo. Partiamo da 'La guerra dei mondi', una collettanea che Andrea Lavazza e Massimo Marraffa hanno curato per Codice e che affronta il rapporto niente affatto scontato tra “scienza e senso comune”. L'avanzamento delle conoscenze non viene sempre e subito acquisito come verità: lo confermano i toni sempre più roventi della vicenda vaccinazioni, ma basta pensare a come teoria della relatività di Einstein e fisica quantistica stiano scardinando “le nostre idee intuitive di tempo e divenire” (ne abbiamo già parlato recensendo 'L'ordine del tempo' di Carlo Rovelli, secondo il quale le due teorie “funzionano terribilmente bene”, eppure non possono essere entrambe vere, poiché si contraddicono).

“Quando si parla di senso comune, per paradosso, non sembra esservi nulla di intuitivo o di scontato”, osservano Lavazza e Marraffa. I dati sensoriali (cfr. la recensione di 'Psicologia della percezione', in questo stesso numero) e la tentazione di “vedere una finalità nella natura” in ottica antropomorfa fanno spesso sfociare la fisica in metafisica e cozzano con le ipotesi complesse e contro-intuitive a cui la ricerca ci pone dinnanzi. “Frequentemente e in ogni tempo i più diversi saperi hanno suggerito agli uomini che il mondo in verità non sia come appare (o, almeno non solo come appare)”, avverte Carlo Gabbani nel suo contributo alla raccolta. All'origine stessa delle scienze moderne vi sono metodologie che si basano sulla “presa di distanza dalla ordinaria dotazione sensoriale della nostra specie”: in un esperimento si usano strumenti raffinatissimi, in condizioni straordinarie, indagando le caratteristiche più recondite della realtà.

Parafrasando Kant, questo sforzo concettuale dovrebbe “liberarci da illusioni che per quanto consolanti ci rendono meno capaci di libertà e verità”, ma l'esercizio di queste due facoltà è faticoso, ed è comprensibile che “maestri del sospetto” come Copernico, Darwin o Freud siano ricambiati con lo stesso atteggiamento. Come accettabile è che capiti di opporre un rifiuto istintivo e iniziale quando le scoperte minano consolidate certezze, specie se si eccede in espressioni deterministiche, come quella di Francis Crick secondo cui “identità personale” e “libero arbitrio” non sono “altro che la risultante del comportamento di una miriade di cellule nervose e delle molecole in esse contenute”. È un paradosso, conclude Lavazza, che se “a lungo è stato sostenuto un determinismo teologico per cui ogni fatto e ogni evento sono causati invariabilmente” dalle prescienti e provvidenti divinità, si affermi ora “il determinismo relativo all'essere umano”.

Certo, qualche filosofo non sarebbe d'accordo. Per esempio Husserl affermava che “l'unico mondo reale” è “quello che si dà realmente nella percezione” della “nostra vita quotidiana” e la scienza opera una “surrettizia sostituzione” con “un mondo di idealità matematicamente costruito”. Proprio spostandoci sulla filosofia della scienza troviamo altre due interessanti pubblicazioni dell'editore Carocci. 'Come distinguere scienza e non-scienza' di Carlo Dalla Pozza e Antonio Negro pone sin dal titolo una questione tutt'altro che astratta, solo che si pensi alla già citata querelle no vax o alla scelta dei criteri con cui “lo Stato può finanziare progetti di ricerca o cure mediche”. Tommaso Piazza, in 'Che cos'è la conoscenza', ricorda che nelle 'Meditazioni metafisiche' Cartesio osserva che “non possiamo avere conoscenza del mondo esterno perché non possiamo escludere di essere i protagonisti di uno scenario scettico”, potremmo sostenere cioè “che non sappiamo (o peggio che non possiamo sapere) niente di quello che crediamo di sapere”. Secondo lo “scetticismo cartesiano”, per esempio, non possiamo “escludere di essere una vittima di Matrix” e credere di avere due mani che sono solo frutto di una nostra elaborazione cerebrale, come accade in sogno.

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