Fusione, un'energia stellare
È iniziata la progettazione di Demo, il reattore dimostrativo a fusione su cui l’Europa intende puntare nei prossimi decenni per produrre energia su larga scala, sicura e nel rispetto dell’ambiente. A darne la notizia, EUROfusion, in occasione della conferenza di lancio del nuovo programma Horizon
La prima centrale elettrica a fusione entrerà in funzione verso la metà del secolo con l’obiettivo di produrre 300-500 MW di energia elettrica, una quantità equivalente a quella prodotta da una centrale termica di medie dimensioni. “L’impianto, chiamato Demo (Demonstration Fusion Power Reactor), consentirà di traghettare la ricerca dalla fase di sperimentazione verso la produzione e commercializzazione su larga scala dell’energia da fusione”, commenta Daniela Farina, direttrice dell’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi (Istp) del Cnr.
Il principio è in apparenza semplice: replicare sulla Terra reazioni di fusione che la natura stessa spontaneamente fa, analoghe a quelle che accadono nel Sole e nelle stelle, dove nuclei di idrogeno si fondono in elio, rilasciando un’enorme quantità di energia. “E' un compito decisamente ambizioso, che impegna da tempo la comunità scientifica internazionale in uno sforzo congiunto”, prosegue la ricercatrice. “Oggi sappiamo progettare un impianto a fusione, prevedere e controllare i fenomeni che accadono nel plasma. Con Iter prima e con Demo poi impareremo a operare l’impianto a fusione, ossia a capire come integrare le nostre conoscenze per produrre l’energia che serve. Ci sono ancora importanti aspetti tecnologici e scientifici da affrontare: è il compito che ci attende nei prossimi anni”.
A questo scopo, l’Europa e la comunità internazionale hanno elaborato un fitto programma di ricerca su esperimenti in tutto il mondo, in parallelo alla realizzazione di Iter, il primo reattore sperimentale a fusione. La sua costruzione sta progredendo a grandi passi nel sito di Cadarache, in Francia, dove sta sorgendo una vera e propria città: 39 grandi edifici e imponenti infrastrutture oramai già in fase avanzata. Vi lavorano più di 4.000 persone, la metà dedicata all’assemblaggio e all’installazione dei diversi componenti del reattore. Il compito di Iter, una volta in funzione, sarà dimostrare la fattibilità della fusione, generando almeno 5 volte la potenza iniettata nel plasma. Precederà di una trentina d’anni Demo, il cui compito sarà invece dimostrare la produzione di energia elettrica da fusione.
Stato della costruzione di Iter - Cadarache (Francia)
In questa corsa a grandi balzi nel progresso scientifico e tecnologico verso la ricerca di nuove risorse energetiche a basso impatto ambientale, il Cnr gioca un ruolo di primo piano, con i laboratori di Milano e di Padova, dove si trova il Consorzio Rfx, e altre realtà sparse nel territorio nazionale, in strettissima collaborazione con i colleghi di Enea (capofila), Infn, università e centri di ricerca italiani, che insieme stanno progettando la realizzazione del super laboratorio Dtt (Divertor Tokamak Test). Il Dtt avrà sede presso il Centro di ricerca Enea di Frascati, dove si testeranno nuove e diverse configurazioni e materiali per il divertore di Demo, il dispositivo che dovrà smaltire il calore residuo all’interno dei reattori a fusione con flussi di potenza superiori a 10 milioni di Watt per metro quadrato, confrontabili con quelli della superficie del Sole.
Nel laboratorio di Padova, al Consorzio Rfx, di cui il Cnr, è socio fondatore, dal 1996 due grandi impianti catturano l’attenzione della comunità scientifica: l’esperimento Rfx-mod, una delle infrastrutture di ricerca ad alta priorità, del Pnir, il Piano nazionale delle infrastrutture di ricerca italiane 2021-2027, e il laboratorio di sviluppo degli iniettori di particelle neutre per Iter Nbtf- Neutral Beam Test Facility, a cui spetterà il compito di riscaldare il plasma di Iter fino a 150 milioni di gradi.
“L’annuncio dell’avvio della progettazione di Demo conferma la strada intrapresa dalla roadmap europea, ma per conseguire questo obiettivo con successo è importante che la ricerca della comunità scientifica prosegua attivamente sui temi scientifici e tecnologici tuttora aperti in un’ottica più ampia possibile, sui quali il Cnr sta lavorando in sinergia con gli altri enti e istituzioni italiani e nel quadro di una straordinaria collaborazione mondiale. È uno sforzo globale che non può attuarsi senza un sostegno convinto nel lungo termine”, conclude Farina.
Fonte: Daniela Farina, Istituto per la scienza e la tecnologia dei plasmi, e-mail: daniela.farina@cnr.it