Focus: Mediterraneo

Al centro della storia

Antico monumento
di Alessandro Frandi

Nel Mare Nostrum convengono processi culturali che, prendendo avvio dal continente asiatico o africano, nel bacino finiscono per assumere una nuova dimensione identitaria. La contrapposizione tra il Mediterraneo e la parte continentale europea, sembra evidenziare la subordinazione culturale di quest'ultima rispetto alla dimensione policentrica delle culture che si affacciano sul mare. Ne parliamo con lo storico Massimo Cultraro

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I più recenti studi sul Mediterraneo antico impongono di rileggere lo sviluppo delle prime civiltà umane in una prospettiva globale e di relazioni, anche a lungo termine, tra i diversi contesti che lo compongono. Nessun archeologo oggi dubita che le origini e i primi sviluppi della grande rivoluzione neolitica vadano ricercati nel Vicino Oriente a partire dal 12.000-9.000 a.C., ma è altrettanto dimostrato che le forme e i tempi della “neolitizzazione” in Europa abbiano avuto differenti risultati in relazione alla variabilità dei contesti mediterranei.

“I vecchi studi di fine Ottocento-primi del Novecento maturati nel campo della scuola paletnologica italiana hanno riconosciuto nella dimensione pan-mediterranea la sola chiave di lettura per spiegare i processi di formazione delle più antiche civiltà umane”, spiega Massimo Cultraro, dirigente di ricerca dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Ispc) del Cnr. “Le linee di sviluppo di alcuni fenomeni culturali, tuttavia, non sempre appaiono chiari e frutto di dinamiche riconducibili a fattori esterni. Ad esempio, l’imponente processo di nascita e sviluppo dell’architettura dei Templi di Malta a partire dal 3.800 a.C. coinvolge solo l’arcipelago locale e non si espande verso la Sicilia, che, poco dopo, sperimenta soluzioni architettoniche di matrice continentale prese a prestito dal megalitismo europeo. Il Mediterraneo, dunque, può essere teatro di isolamento culturale e conservatorismo, ma anche luogo di convergenza di fenomeni culturali provenienti da aree differenti”.

E l’analisi di Cultraro prosegue: “Il 'Grande mare verde', come lo chiamavano gli Egizi, era periferia della terra di Maat, dove risiedeva l’ordine costituito dall’armonia tra dei e faraoni, ma poteva diventare anche un insieme di luoghi con cui instaurare rapporti commerciali e diplomatici. Tra queste regioni spicca l’isola di Creta che, a partire dal 2100 a.C., diventa l’epicentro della cultura minoica fondata sulle grandiose architetture dei palazzi, quali Cnosso e Festòs. La menzione, nelle più tarde fonti storiche greche, del sovrano Minosse che esercitava il controllo sui mari e sulla pirateria trova un diretto riscontro nella documentazione archeologica relativa all’espansione della civiltà minoica verso il Mediterraneo orientale e l’Egitto. Pochi secoli più tardi, a partire dal XVII sec. a.C., una nuova civiltà, quella micenea, formatasi nel cuore della Grecia continentale, aprirà le vie verso lo sconosciuto Occidente, spingendosi fino alla penisola italiana e alle sue due maggiori isole, Sicilia e Sardegna”.

Antico monumento

Da questo momento in poi cominciano a vedersi i vari poli culturali intorno ai quali si organizza di volta in volta l’identità culturale mediterranea: se la marineria minoica segna l’asse di collegamento tra Egeo, Egitto e Levante, quella micenea sposterà il baricentro su due differenti vettori, il primo verso il Mediterraneo occidentale, alla ricerca di materie prime necessarie per l’economia palatina, il secondo verso Nord, aprendo i contatti con il Mar Nero e, quindi, con l’area euroasiatica.

Mobilità di gruppi, circolazione di élites artigianali, trasmissione di saperi e tecnologie sono gli ingredienti che segnano la più antica storia europea-mediterranea. Se non si tiene conto della combinazione di questi fattori non si comprende l’altro grande fenomeno di mobilità umana: la colonizzazione greca in Italia a partire dalla metà dell’VIII sec. a.C. Dall’incontro con i primi coloni greci insediatisi nel Mar Tirreno e lungo lo Stretto di Messina nasceranno forme originali di ibridazione tra mondo greco e indigeno. Cultraro  descrive quello che ha rappresentato la fusione del mondo dell’Etruria con gli Elleni: “La rapida trasformazione del mondo etrusco, del quale le fonti ci dicono che era sempre propenso a includere nelle proprie città artigiani stranieri, trova la sua maggiore concretizzazione nella fase monarchica di Roma, dove i recenti scavi sul Palatino hanno confermato la forte commistione, ad esempio nell’architettura religiosa, di elementi etrusco-italici e magnogreci.  Non diversamente dai Latini e dagli Etruschi, anche per i Greci spesso i rapporti, almeno all’inizio, con le culture indigene avvengono attraverso operazioni militari che prevedono razzie, sottomissione di territori, distruzioni e riduzione della popolazione in schiavitù. Forse una delle sintesi più acute della più antica storia di Roma è quella che il regista Luigi Magni nel suo 'Scipione detto anche l’Africano' (1971), mette in bocca a Catone il Vecchio, interpretato da Vittorio Gassmann, il quale, nel constatare che i Romani avevano copiato dai Greci il modello di casa e dagli Etruschi statue e religione, concludeva mestamente che buona parte della civiltà romana non era altro che bottino di guerra”.

Fonte: Massimo Cultraro, Istituto di scienze del patrimonio culturale, e-mail: massimo.cultraro@cnr.it

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