Focus: Oggetti smarriti (e ritrovati)

Dalla reflex al cellulare e ritorno

cellulare per selfie
di Anna Capasso

Le immagini che ogni anno vengono condivise sul web grazie alla rivoluzione della tecnologia mobile sono 657 miliardi. Ma c'è un enorme differenza tecnica e qualitativa tra gli scatti e i selfie dei cellulari che popolano il mondo dei social e il complesso, affascinante mondo della fotografia professionale. Ce lo spiega Marco Faimali, ricercatore dell'Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino del Cnr e vincitore di numerosi photocontest

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Cibo, bambini, animali, tramonti, selfie. Nella gallery del nostro telefonino ogni giorno registriamo e conserviamo innumerevoli immagini per condividere un momento, uno stato d'animo o raccontare una storia; nell'era degli smartphone e di Instagram tutto è immortalato e conservato e web e social network costituiscono un enorme archivio della vita umana, in crescita esponenziale. “Basti pensare che due miliardi e mezzo di persone nel mondo caricano in rete oltre 1,8 miliardi di immagini ogni giorno (657 miliardi l'anno) e per la comunicazione per immagini sono previsti 44 trilioni di Gb scambiati per il 2020”, afferma Marco Faimali, ricercatore dell'Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino (Ias) del Consiglio nazionale delle ricerche, fotografo subacqueo e vincitore di numerosi photocontest.

La grande rivoluzione della fotografia digitale, diffusasi nei primi decenni del Duemila e poi migrata irrimediabilmente verso gli smartphone, ha prodotto un fondamentale cambiamento: la fotografia, prima riservata a pochi, è diventata uno strumento alla portata di tutti. “Se oggi possiamo scattare una miriade di foto con qualsiasi cellulare è grazie a un processo iniziato nei primi decenni del Novecento, quando le macchine fotografiche cominciano ad assumere un formato portatile: risalgono a quel periodo alcuni celebri modelli di Reflex. Ma proprio l'accesso a tutti e la facile condivisione ha fatto sì che la fotografia ritrovasse un nuovo splendore”, prosegue Faimali. “La tecnologia ha messo a disposizione di tutti la possibilità di comunicare per immagini, ma ha anche fatto scoprire a molti l'esistenza di un linguaggio fotografico ben più profondo e accattivante”.

macchina fotografica

Ecco allora la riscoperta di tutto ciò che riguarda questo mondo, dalle reflex in chiave digitale alle fotocamere dalla stampa istantanea, fino ai corsi di formazione per capire cos'è un'inquadratura, conoscere le regole della composizione, sperimentare la 'magia' della stampa su pellicola e giocare con la luce. “La verità è che le incredibili potenzialità offerte dai cellulari hanno inevitabilmente trascinato la qualità della fotografia (non tecnica ma comunicativa) verso il basso”, prosegue il ricercatore. “C'è una grande differenza tra lo scattare una foto e il fare una fotografia. La fotografia, quella vera, non può e non deve essere solo il risultato di un'evoluzione tecnologica ma deve rimanere l'immagine di un'idea rappresentata con tecnica e passione attraverso una struttura compositiva in grado di racchiudere in sé un'intera narrazione. Insomma, per fare della vera fotografia, e non solo belle immagini, sono ancora validi i tre concetti chiave del grande Helmut Newton: il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare e il gusto di catturare. Tutte cose che Instagram non sarà mai in grado di dare automaticamente al popolo dei selfisti”.

 

Fonte: Marco Faimali, Istituto impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino, tel. 010/6475411 , email marco.faimali@ias.cnr.it -

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