Sofia Corradi, mamma Erasmus
È stata lei a inventare il programma di mobilità internazionale degli studenti che, dal 1987, ha fatto viaggiare oltre dieci milioni di ragazzi e quasi 600 mila universitari italiani, permettendo loro di vivere un'esperienza di studio (e di vita) all'estero. Ci racconta le difficoltà che ha incontrato per avviare il programma, ma anche il successo che questo ha registrato e i miglioramenti che ha subito negli anni. Oggi tanti giovani le scrivono dopo il viaggio di studio: "Grazie, lei mi ha cambiato la vita"
Nata a Roma nel 1934, laureata in Giurisprudenza all'Università di Roma La Sapienza, fino al 2004 è stata professore ordinario di Educazione degli adulti all’Università degli Studi Roma Tre. Ma Sofia Corradi è per tutti “mamma Erasmus”: è stata lei infatti a ideare il programma di mobilità internazionale degli studenti che l’Europa promuove ai fini della partecipazione alla vita democratica e della comprensione interculturale delle generazioni più giovani.
La sua idea di un sistema universitario diverso nel quale lo studente potesse vedere riconosciuto come suo diritto lo svolgimento di parte del suo piano di studio presso università straniere è riuscita grazie al suo costante impegno ad affermarsi, portando alla nascita del programma Erasmus, che dal 1987 ha fatto viaggiare oltre dieci milioni di ragazzi europei e ha permesso a quasi 600 mila universitari italiani di vivere un'esperienza di studio (e di vita) all'estero. L'aumento dei nostri connazionali impegnati in un programma di mobilità è stato costante fino al 2019-2020, con 250.600 studenti partiti, di cui 55.180 per un tirocinio, che ha rappresentato un'opportunità per 13.000 neolaureati nel 2014-2020, a fronte di 182 mila loro coetanei stranieri giunti da noi nello stesso arco temporale. Poi la pandemia ha rallentato gli spostamenti, ma si spera che con il progressivo ritorno alla normalità la curva possa crescere. Nel 2022, il secondo anno della nuova programmazione 2021-2027, a disposizione della mobilità di atenei, Its e accademie Afam ci sono 103,4 milioni, il 38% in più dell'anno prima, quando l'asticella si era fermata a 74,5 milioni.
La storia di questa fantastico sogno diventato realtà è narrata e documentata nel suo libro “Erasmus ed Erasmus Plus, la mobilità internazionale degli studenti universitari”, ora disponibile gratuitamente sul sito www.sofiacorradi.eu.
Lei ha ideato, promosso e fatto nascere l’azione di maggior successo in campo educativo dell’Unione Europea, Erasmus. Quando ha iniziato a pensare a questo modello di internazionalismo culturale?
Erasmus ha veramente scardinato i sistemi universitari nel mondo, e oggi anche i Paesi che non vi partecipano ne adottano gli standard: è davvero diventato un modello. Io però non pensavo a questo, ritenevo piuttosto che il capitale umano andasse sprecato. Il fatto che gli studi all’estero non fossero riconosciuti era una tale stortura. Mi sono detta: ci sono problemi, troviamo una soluzione.
Chi scelse il nome del programma e perché? Ci si riferisce a Erasmo il viaggiatore instancabile, il grande umanista della pace tra i popoli?
Quando il programma era pronto, Jan Sperna Weiland, rettore dell’Università Erasmo da Rotterdam, ricevette una telefonata dall’Unione Europea che gli chiedeva un parere sull’opportunità di ascrivere il programma educativo europeo ad Erasmo, visto che le iniziali di questo programma potevano dare un acronimo del tipo Euramus. (European Action for the Mobility of University Students). Ovviamente lui disse di sì. Ecco, il nome nacque così.
Erasmus è nato ufficialmente nel 1987. Non deve essere stata una passeggiata, senza posta elettronica, senza internet, senza voli low cost. Come ci siete riusciti?
È stato un gettare il cuore al di là dell’ostacolo. Non immaginavo che sarebbe stato così difficile. A volte ho temuto che nessuno mi avrebbe dato retta. Però non ho dato pace a nessuno. Ero di una tale aggressività. Come ho osato inseguire la gente nei corridoi dei ministeri? Ancora me lo chiedo. Ero considerata una iattura. Al Ministero dell’istruzione godevo di una fama di persecutrice.
Il mondo senza tecnologia era poi forse più concreto? C’erano meno distrazioni?
Non credo. Sembrava ci fosse una certa voluttà a inventare ostacoli. L’essenziale era dire no. Nei trattati internazionali si parla tanto di cooperazione, ma quando si arriva a proporre iniziative concrete arrivano anche le difficoltà.
Ma Erasmus non avrebbe dovuto avere una prospettiva universale? Non sarebbe dovuta essere l’Unesco la sua casa?
È andata bene così come è andata. L’Unesco è un’organizzazione meravigliosa, prima o poi si arriverà comunque a una dimensione internazionale globale.
Intanto il Covid ha fermato un po’ tutto e mentre pensiamo a come allargare il programma il Regno Unito ne è uscito. Erasmus è un sogno ancora valido?
Certo e va avanti sempre di più. L’Erasmus è indifferente all’uscita della Gran Bretagna, e credo che anche loro prima o poi si pentiranno. Noi faremo come facevamo prima.
Il budget del programma dal 2014 al 2020 è stato di 14,7 miliardi. Quello previsto dall’Ue dal 2021 al 2027 è di 28,4. Ora c’è anche Erasmus Placement, cos’è?
Il programma è nato per gli studenti, poi si è così esteso che ormai c’è un Erasmus per tutti: per gli studenti universitari, per gli studenti delle scuole secondarie, per i docenti. Erasmus è per tutti quelli che famosi non lo sono ancora. Le sembrano pochi 14 miliardi di euro in più? Non sono un scherzo. In Erasmus+, con il placement si apre la mobilità anche agli studenti neo-laureati (entro 12 mesi dal conseguimento della laurea). Un’opportunità dunque per tutti a prescindere dall’età.
Qual è il momento migliore per partire?
A mio avviso andarsene lontani dalla propria famiglia troppo presto, quando non si ha ancora la maturità per poter usufruire pienamente di tutte le opportunità che questa esperienza può offrire è sconveniente. L’opinione prevalente è che il terzo o quarto anno di università siano i migliori. Quando ci si è ben incardinati nella propria università e si guarda già alla tesi, quando si possono apprezzare bene le differenze culturali con l’altro Paese, per avvantaggiarsene.
In Italia hanno usufruito del programma già seicentomila studenti. I giovani cosa dicono della loro esperienza?
Ho intervistato gli erasmiani e le loro famiglie, genitori, nonni. Tutti ne parlano bene. Ricevo tante e-mail dei giovani che mi ringraziano, esprimendo la soddisfazione di aver partecipato a questa esperienza che ha permesso loro di avere una grande crescita personale. Dicono: “Grazie professoressa, l’Erasmus mi ha cambiato la vita”.
L’acquisizione di maturità è quindi uno degli aspetti centrali dell’esperienza all’estero?
Esatto. Partono dei ragazzini e tornano degli adulti con una grande maturità. Si acquisisce indipendenza, intraprendenza, apertura mentale. Di necessità si fa allegramente virtù. Parte un piccolo provinciale e torna un cittadino del mondo.
Se fosse una studentessa, oggi, dove vorrebbe andare?
In qualunque posto, l’importante è partire.