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Il segreto dell’atleta 'perfetto’ è nascosto nel Dna. Individuare quali geni sono coinvolti nelle prestazioni di atleti di alto livello e riuscire a ottimizzare le loro performance è l’obiettivo dell’accordo siglato da Università Cattolica-Centro di ricerca in biochimica e nutrizione dello sport di Roma e Lega italiana calcio professionistico, che prevede per i prossimi anni una serie di test, analisi, studi ed esperimenti per riuscire a tracciare una sorta di mappa genetica del 'calciatore perfetto’.
I ricercatori svolgeranno sugli atleti analisi genetiche e molecolari e prelievi di sangue e saliva alla ricerca di marcatori, ovvero molecole indicatori di stress psicofisico, del metabolismo e di potenza e resistenza muscolare.
“Effettueremo alcune analisi molecolari che andranno a valutare una serie di marcatori di performance dell'atleta”, ha spiegato Ettore Capoluongo, responsabile di Diagnostica molecolare clinica e personalizzata. “La letteratura scientifica ha ormai reso disponibili dati importanti di associazione tra varianti di sequenza presenti in alcuni geni dette polimorfismi e la capacità di adattarsi meglio ad alcune tipologie di attività sportiva, di preparazione e di recupero post-training". In altri termini, esistono geni legati al 'talento sportivo’, che garantiscono al soggetto, portatore di alcune loro varianti, "migliori performance muscolari, migliore resistenza allo sforzo, muscoli più scattanti e altre caratteristiche corporee e metaboliche che fanno di un individuo un campione. Il segreto di molti assi del calcio e di altri sport è proprio nella combinazione in queste piccole ma sostanziali differenze”.
Nella scelta dei ruoli migliori per la squadra e per la pianificazione dell’allenamento, in alcuni club stranieri, sono già in uso parametri biomolecolari. “Un indicatore di performance è determinato dalla tipologia di fibre di cui sono composti i muscoli dell'atleta, la quale dipende a sua volta da determinati varianti genetiche”, precisa Capoluongo. “Per esempio, una macchina con un motore di 65 cavalli non potrà mai correre a 230 km/h: è inutile quindi forzare sull’acceleratore. Lo stesso vale per un muscolo che, per la sua componente biochimica, non permetterà mai all'atleta di essere un centometrista. Questo non vuol dire che, invece, quell'atleta non diventerà un eccellente maratoneta”.
“Cercheremo di individuare marcatori bio-molecolari precoci di stress monitorando gli atleti durante e dopo gli allenamenti, in modo da poter rendere disponibili, nuovi test scientificamente validi e schemi di recupero basati soprattutto su un corretto apporto e comportamento nutrizionale”, conclude Maria Cristina Mele, del Comitato scientifico del centro, “poiché la chiave per vincere è 'personalizzare’ dieta e allenamento”.
Un’Unità mobile di nutrizione nello sport, una novità per l’Italia, permetterà di raggiungere gli atleti nelle sedi delle rispettive sedi, evitando loro spostamenti e assenze dagli allenamenti.