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Quando il poeta Gennaro Quaranta scrive la 'Maccheronata' si rivolge a Giacomo Leopardi e gli ricorda: "se tu avessi amato i Maccheroni più de' libri... non avresti patito aspri malanni". E allora la mia proposta per un regalo di Natale quest'anno è un cesto pieno di 'benessere', che è qualcosa in più della 'salute' in senso stretto. Un dono ricco di gusto e sapori, che non abbia come principio ispiratore la quantità ma la qualità e che punti su alimenti tradizionali e tipici.
L'Italia detiene in Europa il primato in prodotti di qualità con 246 tra Dop o Igp e oltre 4.500 'prodotti tradizionali', ovvero ottenuti con metodiche di lavorazione e conservazione consolidate nel tempo, censiti di recente dal ministero delle Politiche agricole e forestali. Tuttavia, la varietà di prodotti tipici e di tradizioni nelle nostre regioni rendono la preparazione del cesto un'impresa titanica: come non fare torto a nessuna delle tipicità di valore, cosa scegliere e cosa escludere? Forse la cosa migliore da fare è mettere un prodotto per ciascuna regione, non necessariamente il più rinomato o di maggior pregio, quale simbolica testimonianza della tradizione alimentare del territorio. E poi, in tempi di spending review, è opportuno coniugare la scelta con le necessità di spesa, privilegiando la qualità sulla quantità.
Una composizione gastronomica potrebbe quindi prevedere salumi quali il prosciutto friulano di S. Daniele e i salamini alla cacciatora del Molise, formaggi come il caciocavallo silano lucano e il pecorino sardo, da consumare con un po' di miele di castagno o di acacia raccolto sulle venete Dolomiti Bellunesi, olive ascolane per completare il tipico antipasto all'italiana.
Non farei mancare la pasta campana di Gragnano, lo zafferano dell'Aquila e il pomodoro siciliano di Pachino, le lenticchie umbre di Castelluccio di Norcia e il carciofo romanesco per il Lazio, da condire con olio pugliese Terra di Bari o della Riviera Ligure, a seconda del gusto individuale. E poi, frutta fresca di stagione: clementine di Calabria dal Sud e mele lombarde della Valtellina; come frutta secca nocciole del Piemonte e susine essiccate di Dro dal Trentino Alto Adige. Come dolci, un castagnaccio con i marroni di Castel del Rio dell'Emilia Romagna e Ricciarelli di Siena. Infine, per digerire, un Genepi della Valle d'Aosta. Per il vino esiste una carta di tale livello e così lunga che preferisco lasciare la scelta ai lettori, purché ricordino di bere con moderazione.
La tipicità del nostro patrimonio agroalimentare, così come di quello culturale e ambientale, rappresenta una grande potenzialità di sviluppo economico dell'intero Paese. E la tutela del benessere individuale passa anche attraverso la riscoperta delle nostre tradizioni alimentari, davvero uniche al mondo per gusto e sapori.
Gianvincenzo Barba
Fonte: Gianvincenzo Barba , Istituto di scienza dell'alimentazione, Avellino, tel. 0825/299353, email gbarba@isa.cnr.it