Per molti decenni Torino ha conosciuto fenomeni immigratori di varia intensità e durata: da fine Ottocento al boom economico degli anni ’60. "La crescita del gruppo Fiat trainò lo sviluppo urbanistico e demografico e in un solo anno (luglio 1956-giugno 1957) arrivarono a Torino più di 50.000 nuove persone: 35% dal Centro Sud, 23,5% dal Nord e 35% dal resto della regione. Nel 1961 il capoluogo oltrepassò il milione di abitanti”, spiega Secondo Rolfo, direttore dell’Istituto di ricerca sull’impresa e lo sviluppo (Ceris) del Cnr.
Con la crisi degli anni ’70 però Torino smise di essere un polo di attrazione per chi cercava lavoro; lo ridiventerà in parte negli anni ’90 con i nuovi flussi provenienti dal Maghreb, dall’Europa dell’Est e dall’ America Latina. “Gli arrivi in questo caso sono caratterizzati da tre principali tipologie: manodopera maschile non qualificata (edilizia e servizi), operai specializzati e donne impiegate nella cura delle persone (badanti, colf). I residenti stranieri, circa 30.000 nel 1998, ma oltre 103.000 nel 2007, con l’ingresso della Romania nell’Unione Europea, hanno raggiunto nel 2011 il 14,4% della popolazione e vivono principalmente in quartieri come Aurora e Barriera di Milano”, prosegue il direttore del Ceris-Cnr.