Faccia a faccia

Il mio teatro instabile

ottavia piccolo
di Silvia Mattoni

Da quattro anni è in tournée con il monologo 'Donna non rieducabile' di Stefano Massini, la storia della giornalista Anna Politkovkaja, che ha pagato con la vita la sua onestà e la sua continua ricerca della verità. Incontriamo Ottavia Piccolo, una delle attrici più raffinate ed eleganti del panorama teatrale e cinematografico italiano

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Ha solo 11 anni quando inizia a calcare le scene accanto ad Anna Proclemer nella commedia di William Gibson ‘Anna dei miracoli', per la regia di Luigi Squarzina. La lunga e prestigiosa carriera di Ottavia Piccolo parte da qui. È sempre giovanissima quando appare in televisione con ‘Le notti bianche' ed esordisce al cinema con ‘Il gattopardo' di Luchino Visconti. Dopo varie esperienze teatrali, sempre con Visconti, recita ne ‘Le baruffe chiozzotte' e ‘Re Lear', sotto la guida di Giorgio Strehler, e nell'‘Orlando furioso' con Luca Ronconi, riadattato per il grande schermo. Al cinema interpreta 'Serafino' di Pietro Germi accanto ad Adriano Celentano e ‘Metello', con Mauro Bolognini, ‘per il quale riceve la Palma d'Oro come migliore attrice al Festival di Cannes del 1970. Ma è soprattutto il cinema francese a interessarsi di lei: 'L'evaso' di Pierre Granier-Deferre, ‘La vedova Couderc', prostituta in ‘Mado' al fianco di Simone Signoret e Alain Delon.

Successivamente si concentra sul teatro, rappresentando Shakespeare, Pirandello, Alfieri e Hoffmansthal, mentre in televisione prende parte a numerosi sceneggiati televisivi, come l'Augusta ne ‘La coscienza di Zeno', di Sandro Bolchi. Dopo dieci anni torna al cinema ne ‘La famiglia' di Ettore Scola, ‘Da grande', di Franco Amurri, ‘Condominio' e ‘Bidoni' di Felice Farina. Da quattro anni è in tournée con ‘Donna non rieducabile' di Stefano Massini, la storia della giornalista Anna Politkovskaja che ha vinto il premio Enriquez 2011 come migliore interpretazione, migliore testo e migliore regia.

Una bambina prodigio, a soli 11 anni interpretava Helen, la ragazzina cieca e sordomuta. Come è nata la passione per la recitazione? Cosa ricorda delle emozioni di quell'interpretazione?

All'inizio era un bellissimo gioco, solo dopo è diventato un mestiere. Mia madre mi aveva portato a fare un'audizione e sono stata scelta. Altri registi hanno continuato a ingaggiarmi e sono stata ‘promossa sul campo'. Non ho fatto studi, ho imparato lavorando, come gli apprendisti in bottega. Mi definisco una figlia d'arte adottiva. Emozioni? Come per la maggior parte dei bambini, ero tranquilla: mi dicevano cosa dovevo fare e io eseguivo. E poi c'era mia madre che mi consigliava e sosteneva. Ma non nego che quando il pubblico applaudiva, mi sentivo molto gratificata. Questa è stata la spinta a continuare e ancora adesso, in fondo, è questo che cerco: essere amata dal pubblico.

Consiglierebbe la carriera di attrice?

La consiglierei, chiarendo però agli aspiranti attori il rischio della precarietà. In Italia non ci sono compagnie stabili come in altri paesi dove si guadagna meno ma il lavoro è assicurato. Qui, si deve lottare ogni volta per una parte. Al di là del merito, del talento e della professionalità tutto è molto complicato e solo chi ha vera passione riesce a superare lo stress dell'instabilità. Non c'è un albo: tutti possono svolgere questo mestiere senza alcun controllo professionale. Così a recitare sono troppi e spesso senza preparazione. I giovani, prima di buttarsi nel mondo dello spettacolo, dovrebbero seguire un ciclo di studi serio, sia di base sia specialistico come l'Accademia d'arte drammatica, e solo successivamente mettersi sul mercato.

Un suggerimento per le donne, in particolare?

Per loro la situazione si complica. Le donne spesso pensano che la bella presenza sia un passepartout per il successo, mentre il canone estetico non conta. Mi viene in mente Meryl Streep, un'attrice bravissima dalla fisicità ‘anomala' che può interpretare qualsiasi personaggio, bello e meno bello.

Avendo affrontato teatro, cinema, radio, tv, quale mezzo sente più vicino?

Sicuramente il teatro, perché mi offre maggiori possibilità di esprimermi anche attraverso la scelta dei personaggi da interpretare. Non è un caso che ultimamente mi sia dedicata esclusivamente al palcoscenico, precludendomi anche qualche opportunità cinematografica e televisiva. Ogni sera, prima di entrare in scena, provo un'emozione diversa, proprio per questo intenso rapporto con il personaggio che incarno e con il pubblico. Direi che fare teatro è terapeutico.

Durante la sua carriera, ha indossato i panni di personaggi molto diversi. A quale è rimasta particolarmente legata?

Li ho amati più o meno tutti. I ruoli che ho interpretato mi sono serviti sia professionalmente sia umanamente. Anche quando ho portato sulla scena personaggi negativi, poco vicini al mio temperamento, sono riuscita comunque a tirarne fuori la parte più nascosta di me.

Ha mai vestito i panni di una scienziata? E quale?

No ma mi piacerebbe, perché sarebbe un modo per avvicinarmi ad argomenti a me lontani. Se mi proponessero un testo su Margherita Hack, per esempio, sarei ben felice di interpretarlo. Tra l'altro la Hack è talmente brava a portare i suoi lavori sulla scena che forse non ce ne sarebbe neanche bisogno.

Da bambina, invece, ha mai immaginato di diventare una scienziata?

Prima di iniziare a fare l'attrice, pensavo di dedicarmi all'archeologia. La mia insegnante di prima media mi aveva aperto un mondo fino ad allora sconosciuto, facendomi leggere ‘Civiltà sepolte. Il romanzo dell'archeologia': un libro, in forma di romanzo, che illustra alcune civiltà e città del passato, da Ercolano, Pompei, Troia, fino ai Maya e agli Aztechi, e descrivendo le scoperte, a volte fortuite, degli archeologi nella storia. È una curiosità che ancora oggi coltivo.

In questi giorni è in tournèe con un monologo sulla giornalista Anna Politkovskaja, con la regia di Silvano Piccardi. Come è arrivata a questo lavoro?

Mi è piaciuto molto il testo che mi ha proposto Stefano Massini, autore con cui collaboro da tempo, e mi è sembrato ‘necessario' portarlo sulla scena. Ho iniziato più di quattro anni fa e ancora non ho smesso. È un monologo sull'esistenza quotidiana della Politkovskaja e la sua lotta per la libertà di stampa e di informazione, attraverso una ventina di istantanee che mostrano i diversi momenti della vita della giornalista, fino alla sua morte. Mi sono messa al servizio di Anna, dandole carne e voce, proprio come lei stessa aveva fatto con il suo mestiere. È una storia di generosità e coraggio raccontata con semplicità. Per l'occasione è stata anche realizzata una versione televisiva dal titolo ‘Il sangue e la neve' prodotta da RaiTrade e andata in onda su Raidue con la regia di Felice Cappa, che è disponibile anche in dvd ('Anna Politkovskaja', Stefano Massini, Corvino Meda Editore promo music).

Il sul prossimo spettacolo sarà la versione teatrale del libro di Gianrico Carofiglio ‘L'arte del dubbio'. Qualche anticipazione?

È molto di più di una semplice versione teatrale del libro. È una riflessione sulla forza delle domande e su quanto queste possano influenzare la nostra vita di tutti i giorni, le scelte, le relazioni, le amicizie. Insomma, quanto l'arte del dubbio sia in realtà il vero motore del pensiero umano. Lo spettacolo, di Stefano Massini con la regia di Sergio Fantoni, andrà in scena da gennaio del prossimo anno con debutto in prima nazionale il 20 gennaio a Urbino e a seguire a Milano (teatro Carcano dal 29 febbraio all'11 marzo 2012) per poi andare in tournée in molte altre città.

Silvia Mattoni

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