Focus: Maltempo

Con la pioggia non bisogna sempre piantarla

di Silvia Mattoni

La vegetazione ha un ruolo determinante nella riduzione del rischio di erosione idrica del territorio. D'altra parte, quando la manutenzione delle sponde dei fiumi viene meno, le piante possono diventare una minaccia. Lo spiega l'Istituto di biometeorologia del Cnr di Firenze

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Evolute tecniche agricole e sistemazioni tradizionali, come terrazzamenti e ciglionamenti, adeguate canalizzazioni delle acque di ruscellamento insieme con una corretta gestione delle aree boschive rappresentano da secoli una garanzia per il mantenimento dell'equilibrio ecologico e territoriale italiano.

"La vegetazione", spiega Antonio Raschi, direttore dell'Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Cnr di Firenze, "ha un ruolo rilevante nel mitigare il rischio di erosione idrica. Le piante riducono notevolmente la forza di impatto della pioggia sul suolo: una porzione delle precipitazioni viene prima intercettata da foglie e rami, che ne favoriscono l'evaporazione (alcune specie mediterranee possono assorbire acqua anche direttamente dalla parte aerea); la lettiera (foglie e rametti in via di decomposizione) aumenta la capacità di infiltrazione del sottosuolo, agendo come una sorta di 'spugna'; le radici si trasformano in organi di accumulo, trasferendo quantitativi consistenti di acqua ai tronchi; l'erba e i fusti infine, costituiscono una barriera in grado di rallentare il deflusso superficiale dell'acqua e di ridurne la forza erosiva".

I progressivi disboscamenti, iniziati già in epoca romana, se hanno donato all'attività agricola spazi sempre più ampi, hanno al contempo facilitato fenomeni erosivi, frane e smottamenti. Tra le attività antropiche che maggiormente hanno concorso a perturbare le caratteristiche naturali dei suoli, quelle legate all'impermeabilizzazione dei suoli (soil sealing), conseguenti all'urbanizzazione dei territori.

"L'erosione idrica colpisce buona parte del territorio nazionale con eventi più o meno intensi a seconda del livello di interazione fra clima, natura, usi del suolo e situazione morfologica locale. Solo un'incessante regimazione delle acque, la manutenzione dei versanti e, soprattutto, un controllo costante e accurato delle condizioni del suolo possono permettere di contrastarle in modo efficace", aggiunge Roberto Costantini, ricercatore dell'Ibimet-Cnr. "È importante ricordare la manutenzione delle sponde dei fiumi, aree tipicamente propizia allo sviluppo della vegetazione, per la presenza di umidità nel suolo anche nel periodo estivo".

Se da una parte la vegetazione svolge un ruolo di importante presidio territoriale, infatti, "quella che cresce lungo i corsi d'acqua nonostante l'indubbio valore dell'elevata biodiversità che la caratterizza, rallenta il flusso dell'acqua e favorisce il deposito dei materiali in sospensione, causa il restringimento degli alvei e la riduzione della portata potenziale dei corsi d'acqua" prosegue il ricercatore.

"In caso di piene tale vegetazione viene facilmente asportata dall'acqua, contribuendo a ostruire ulteriormente il deflusso con formazione di masse considerevoli, ad esempio in prossimità dei ponti".

"Buona parte delle opere di manutenzione sono oggi abbandonate", conclude Luca Angeli, ricercatore dello stesso Istituto, "sia perché economicamente insostenibili, sia per una malintesa ricerca di 'naturalità', coincidenza con lo svanire della cultura rurale tradizionale".

Silvia Mattoni

Fonte: Roberto Costantini, Istituto di biometeorologia, Firenze , email costantini@lamma.rete.toscana.it - Antonio Raschi, Istituto di biometeorologia, Firenze, tel. 055/3033711 , email a.raschi@ibimet.cnr.it -