Faccia a faccia

"L'importante è che tu sia infelice..."

venditti
di Silvia Mattoni

Antonello Venditti - mezzo secolo di successi artistici alle spalle - ci concede una lunga chiacchierata all'Auditorium parco della musica. Dice di considerarsi un ricercatore, data la sua curiosità. E spiega quanto sia importante, per restare sulla cresta dell'onda, cercare di restare sempre vicini ai giovani

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L'appuntamento è al bar dell'Auditorium parco della musica di Roma, dove Antonello Venditti deve partecipare, come presidente dell'Associazione amici dell'Auditorium, alla manifestazione ‘Scuole in palcoscenico. Sosteniamo la cultura giovanile' per stimolare l'inserimento del linguaggio musicale nel mondo della scuola. Le persone lo riconoscono e non fanno che fermarsi a guardare, scattare foto ricordo, chiedere autografi. L'autore di ‘Roma capoccia', ‘Sora Rosa', ‘Lilly', ‘Nata sotto il segno dei pesci', solo per citare alcuni dei suoi innumerevoli brani, ha un sorriso e un saluto per tutti.

Mezzo secolo di carriera, quello di Venditti: dal suo debutto negli anni Sessanta al Folkstudio di Roma, all'album del 1972 firmato con Francesco De Gregori ‘Theorius Campus', fino al primo grande successo tre anni più tardi con ‘Lilly'. E poi ‘Ullalla', ‘Nata sotto il segno dei pesci', ‘Buona domenica', il live ‘Circo Massimo', ‘Benvenuti in Paradiso', ‘In questo mondo di ladri', ‘Circo Massimo 2001', l'antologia ‘Diamanti', ‘Dalla pelle al cuore', ‘Le donne'. Nel 1999 festeggia all'Università La Sapienza di Roma i suoi 50 anni e coglie l'occasione per ritirare la laurea in Giurisprudenza. Nello stesso anno esce il suo romanzo autobiografico ‘L'importante è che tu sia infelice', premiato con il ‘Radicchio d'oro'. Nel 2004 ritira il Premio Lunezia per l'album ‘Che fantastica storia è la vita' e nel 2008 il Premio Laurentum ai ‘valori della cultura', per i suoi meriti artistici e il suo impegno civile.

Il segreto del suo successo?

Se ci fosse una formula la seguirei, la brevetterei e la divulgherei. E poi successo per chi, per cosa, verso chi e in che cosa? Il successo è affermazione sociale, è apparenza, in una società che misura le persone sulla fama spesso si confonde con la popolarità. E poi c'è quello nel rapporto con se stessi, quello vero. Certo, quando un autore realizza un'opera artistica cerca il consenso del pubblico, ma a volte fai una cosa per te bellissima che agli altri non piace. Il problema si crea quando invece a te non piace e la fai solo per piacere agli altri.

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Diciamo, allora: la sua accezione di successo?

Per me l'affermazione nel lavoro dipende dal cercare di scrivere belle canzoni, trovare storie da raccontare e, soprattutto, raccontarle bene. Un po' come il ricercatore, che sta anni su una formula con i suoi collaboratori e solo dopo anni arriva alla scoperta. Il successo allora sì che ha un senso: nell'interpretare bene i tempi che passano, nell'essere sempre presente, protagonista del momento in cui si vive, riuscendo a mettere in comunicazione persone appartenenti a età diverse, classi sociali, provenienze differenti...

In effetti il suo rapporto con i giovani sembra inossidabile.

Perché provo a crescere insieme con loro. Ho la curiosità dei tempi che passano, di sapere come la pensano le nuove generazioni, non ho un'età dell'oro a cui vorrei rimanere agganciato. In questi anni, poi, ho avuto l'opportunità di frequentare studenti e docenti delle scuole e delle università. Quest'anno sono anche salito con loro sui tetti per protestare contro i tagli alla ricerca e insieme a molti ricercatori italiani ho contribuito alla nascita del movimento della ‘Rete del 29 aprile'.

Sente vicino, quindi, il mondo della ricerca?   

Direi che io ‘sono' un ricercatore, per la mia curiosità. Qualche tempo fa ho incontrato un ricercatore della seconda Università di Roma che ha scoperto un esemplare di iguana rosa a 1.700 metri di altitudine in una delle isole delle Galapagos, a cui ha dato il nome Magda. Questa storia mi ha affascinato a tal punto che ho deciso di comporre una canzone sull'argomento. Mi interessano le storie ‘uniche'.

Però molte delle sue canzoni sono di impronta autobiografica, partono dal suo vissuto.

Tutte le mie canzoni sono in prima persona. A parte pochissime storie ‘oggettive', le altre parlano di ‘me', di ‘te'. Una cosa che ho capito grazie anche a uno studente dell'Università La Sorbona di Parigi che ha fatto una tesi rimanendo due anni con me ad analizzare le mie canzoni: dall'uso delle regole poetiche alla ricorrenza di alcune parole nei testi.

Un'altra grande protagonista della sua musica è Roma.

Trilussa, Belli, Balzani, i vari interpreti della canzone romana sono fondamentali ma anche qui sono andato alla ricerca di un altro linguaggio, che non fosse propriamente il ‘romanesco', che peraltro non è nemmeno un dialetto stabile, ma soprattutto una cadenza. ‘Sora Rosa', per esempio, è stata a suo modo una canzone rivoluzionaria.

Tornando sui giovani, l'autore di ‘Notte prima degli esami' che ricordo ha dei suoi esami di maturità?

Ai miei tempi si veniva interrogati su tutte le materie e l'esame di maturità era vissuto come un vero incubo. Ai ragazzi che lo affrontano oggi consiglio di portare nel cuore l'idea di classe, di scuola, dello stare insieme. Un'esperienza irripetibile per il resto della vita.

Ha mai partecipato a una rimpatriata con gli ex compagni del liceo Giulio Cesare?

Fino al 45° anno di età ci siamo incontrati, poi mi è passata la voglia. Con alcuni compagni ho avuto lo stesso feeling di allora, come se il tempo non fosse mai passato, altri invece hanno subito una trasformazione tale da renderli irriconoscibili: notai, avvocati, medici, supermanager.

Come è cambiata la sua musica con l'avvento del digitale e dei new media?

Oggi la tecnologia ha determinato un abbassamento della qualità. Sentire un brano in uno studio di registrazione è ben diverso rispetto al classico cd, i ragazzini che sentono l'MP3 pensano che la musica sia esclusivamente quella. È sconfortante, si è abbassato il livello del gusto. 

Cosa si attende dal futuro?

Penso che l'unica domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi sia: sei felice? La felicità è la perfetta identità fra i propri sogni e la loro realizzazione: è il prima dell'amore, il prima del successo. Mia madre mi diceva sempre: "l'importante è che tu sia infelice...". Infatti nel momento stesso in cui raggiungi la tanto sperata felicità, arriva la saturazione.

Quando si è avvicinato alla musica?

Da piccolo. Ero un bambino problematico: figlio unico, sovrappeso, spesso solo, con una madre insegnate di latino e greco e un padre prefetto. Dovevo essere primo a scuola, conoscere l'inglese e il tedesco, suonare il pianoforte, etc. Fu mia madre a obbligarmi a prendere lezioni di solfeggio, anche se di straforo studiavo comunque jazz con un altro insegnante. A 14 anni ho messo da parte tutto ciò che avevo imparato e ho iniziato a scrivere canzoni, applicando la mia voce al pianoforte. Tanto che quando sono andato a suonare al Folkstudio, la mia voce senza microfoni superava di gran lunga il suono del pianoforte.

Silvia Mattoni