Faccia a faccia

Quando la fisica batte il tempo

BENNATO
di Silvia Mattoni

Incontro con Eugenio Bennato nel backstage del Teatro Quirino 'Vittorio Gassman' di Roma, durante le prove del concerto 'Briganti emigranti'. Un cantante che si forma come scienziato, con una tesi al Cnr, per poi dedicarsi alla riscoperta e alla valorizzazione della musica popolare del Sud

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Fondatore nel 1969 di uno dei principali gruppi di ricerca musicale, la Nuova compagnia di canto popolare, Eugenio Bennato è un protagonista della scuola artistica napoletana. Musicista, cantautore e compositore, fonda anche i Musicanova, realizza album di successo come ‘Brigante se more', scrive colonne sonore per opere come 'Domani si balla' di Maurizio Nichetti, 'Don Chisciotte' di Maurizio Scaparro, 'Cavalli si nasce' di Sergio Staino e 'La stanza dello Scirocco' di Maurizio Sciarra,  per i quali riceve il Nastro d'Argento. Sulla scia del rinnovato interesse dei giovani per questo genere musicale e rituale, fonda il movimento 'Taranta power', esce con gli album 'Lezioni di tarantella' e 'Tarantella del Gargano', fonda a Bologna la Scuola di tarantella e danze popolari del Mediterraneo. Nel 2001 Partecipa al Womad Festival di Peter Gabriel in Australia. Da ricordare infine i più recenti: 'Che il Mediterraneo sia' del 2003, 'Sponda Sud' del 2007 e 'Grande sud' del 2008. Lo raggiungiamo nel backstage del Teatro Quirino ‘Vittorio Gassman' di Roma durante le prove del concerto ‘Briganti emigranti', ispirato al libro ‘Brigante se more: viaggio nella musica del sud'.

Come è nata l'idea di raccontare la storia del brigantaggio?

Nel 1979 quando, insieme a Carlo D'Angiò, inizio a comporre la colonna sonora per lo sceneggiato ‘L'eredità della Priora' di Anton GiulioMajano. Da qui il sogno di diffondere la musica popolare tra i giovani, all'interno di un movimento culturale che attraversi storiografia, teatro e danza, poi realizzato con ‘Taranta power'.  Ma anche per il desiderio di raccontare la storia del brigantaggio, il Risorgimento dalla parte dei perdenti. ‘Briganti se more' è un inno che vuole smuovere le coscienze.

Un messaggio storico che però interessa i giovani.

C'è uno straordinario e rinnovato interesse del pubblico giovanile verso questa dimensione musicale. In questi giorni, ad esempio, ho tenuto un concerto presso Benevento e nel pubblico c'erano moltissimi ragazzi che cantavano e ballavano seguendo il ritmo della tarantella.

A quale dei suoi lavori è particolarmente legato?

A ‘Che Mediterraneo sia', perché frutto di un'intuizione di cui vado fiero. Sono stato tra i primi artisti a parlare di Mediterraneo e oggi l'incontro tra i ritmi e culture provenienti dai diversi paesi che si affacciano sul Mare Nostrum è divenuto parte di un movimento di libertà e di democrazia. Penso all'Egitto, alla Tunisia, all'Algeria, al Marocco, alla Spagna. È questa la nuova voce del Sud.

Quali sono le differenze fra taranta calabrese, pugliese e napoletana?

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La pizzica, caratteristica del Salento, è legata alla funzione curativa del morso della tarantola, un piccolo ragno che si riteneva causasse tremiti e movimenti convulsi simili al parossismo del ballo. In Calabria, invece, si caratterizza più come una tarantella ‘a ballu', una sorta di sfida tra l'organettista e il ballerino con un'improvvisazione melodica molto forte. La tammurriata, o ballo su tamburo,  si caratterizza per un forte aspetto pittorico tipicamente partenopeo.  

Quali metodologie di indagine utilizza?

Andando di paese in paese alla ricerca delle antiche ballate popolari. Ad esempio in Calabria, nei paesi in cui c'è il ‘mastro a ballu' ed è tipica la ‘rota', ho scoperto ‘chitarra battente', lo strumento tipico della tarantella, insieme con il tamburello, le castagnette o nacchere, la zampogna e più recentemente l'organetto. Oggi per fortuna i liutai hanno ricominciato a realizzarla ed è uno strumento fondamentale per i miei concerti. Tutto è iniziato quando ho sentito un disco di Alan Lomax, che negli anni ‘50 fece una vasta opera di registrazioni sul campo in Italia.

Il suo prossimo lavoro?

Una raccolta di brani sull'argomento della ‘Questione meridionale' e dell'Unità d'Italia che uscirà anche in versione dvd. Un repertorio che propone anche alcuni inediti di grande coinvolgimento popolare.

Qual è stata la sua formazione?

Sin da bambino ho studiato musica, prima fisarmonica, poi chitarra classica e successivamente la musica popolare. Una grande scuola, tanto che nella pizzica salentina se il tamburellista non suona bene e non riesce a far guarire il malato, i parenti... lo aspettano fuori di casa. 

Da studioso di musica tradizionale, come vive il rapporto con le nuove tecnologie?

Va bene il rispetto per la tradizione, ma è importante anche usare i suoni digitali, il computer. Quindi direi che la soluzione ottimale è un mix di strumenti acustici ed elettronici. La musica secondo me è una materia viva, immediata, contemporanea, un insieme di creatività e poesia che non può prescindere dall'uso delle innovazioni. Anche dal punto di vista ritmico la musica ha subito in questi ultimi anni un'importante evoluzione: prima a costringere il musicista a seguire una determinata velocità c'era il metronomo, ora lo stesso strumento è in chiave elettronica, con un griglia da rispettare. È questo il linguaggio del nostro tempo. Proprio in questa chiave ho recuperato la registrazione live di un brano di Domenico Modugno dal titolo ‘Mala razza' e  l'ho inserito nel mio repertorio, riadattandolo alle scansioni di oggi.

Lei ha anche una formazione scientifica, come giudica la ricerca italiana, in particolare quella del Mezzogiorno?

Non penso si possa distinguere una ricerca del Sud da quella del Nord. Oggi per fortuna la ricerca è un'attività globale, internazionale, trasversale. Mi sono laureato in Fisica nucleare con una tesi al Cnr di Frascati e riguardo a questo settore posso dire che rispetto al passato, oggi la ricerca non è più condotta grazie al genio del singolo pioniere, ma da una grande rete organizzativa ed economicala. La ricerca oggi è insomma molto diversa da quella sperimentale di fine Ottocento che apriì nuovi campi di indagine con la scoperta dei raggi X e della radioattività. E anche da quella del '900 che si caratterizza con una serie di scoperte molto legate ai singoli, da Einstein, con la teoria della relatività, a Heisenberg con la nuova teoria anti-deterministica.

Ha mai lavorato come fisico?

No, ma in qualche modo uso la fisica per scrivere le mie melodie.

Silvia Mattoni

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