Focus: Artico

Si fa presto a dire bianca... neve

neve
di Roberta Ribera

Il suo colore non è, come si potrebbe pensare, una proprietà. È legato invece alla sua struttura, costituita da una stella a sei punte che può presentarsi in un numero infinito di forme

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Guardando la neve si potrebbe pensare che il colore bianco che la caratterizza sia una sua proprietà. Sbagliato. I fiocchi di neve sono costituiti da minuscoli cristalli con una struttura a base esagonale che possono presentarsi in un numero pressoché infinito di forme, determinate da temperatura e umidità delle nubi all'interno delle quali i 'germi di ghiaccio' si accrescono. Una volta al suolo, i cristalli possono ancora cambiare aspetto per il vento o per variazioni termiche.

"Per questo l'osservazione dei cristalli di neve può quindi raccontare un'intera storia climatica", spiega Rosamaria Salvatori. "Dopo di che, i cristalli hanno la caratteristica di riflettere tutta la luce che li colpisce, da cui il colore bianco, mentre più strati di neve, gelando, tendendo all'azzurro, poiché parte della luce resta intrappolata nel ghiaccio".

Nelle zone artiche c'è chi, come Salvatori, studia proprio la proprietà della neve di riflettere la luce, tecnicamente riflettanza o albedo spettrale. La ricercatrice dell'Istituto di inquinamento atmosferico (Iia) del Cnr è alla sua quinta campagna alla base di 'Dirigibile Italia' e - prosegue - porta avanti un progetto "finalizzato a correlare le misure riprese in loco con quelle derivate dalle immagini satellitari, al fine di realizzare mappe di distribuzione dell'albedo e di classificare così le caratteristiche superficiali del manto nevoso".

"Si tratta di un'attività importante", racconta la geologa, "per i fisici che si occupano di bilanci radiativi, per approfondire le conoscenze sulle variazioni climatiche e caratterizzare la neve, tutte informazioni utili alla previsione di valanghe e a valutare, in base alla neve presente sul suolo, quanta se ne scioglierà e quanta andrà a ricaricare la falda per l'approvvigionamento idrico". Uno studio interessante su quest'ultimo aspetto è stato condotto dalla regione Emilia Romagna.

Ma come avvengono queste ricerche? "Noi qui, ogni giorno", continua Salvatori, "misuriamo la temperatura della neve superficiale, ed eseguiamo l'analisi degli strati, arrivando a determinare un profilo del manto nevoso. A questo punto procediamo con la misurazione della riflettanza attraverso l'uso di uno spettro radiometro: la quantità di luce riflessa cambia in base alle diverse lunghezze d'onda e alla purezza della neve. La radiazione riflessa è poi maggiore quanto più sono piccoli i granelli;  queste misure ci permetteranno di capire che tipo di neve c'è al terreno anche solo analizzando le immagini satellitari".

Roberta Ribera

Fonte: Rosamaria Salvatori, Istituto sull'inquinamento atmosferico, Monterotondo, tel. 06/90672451 , email salvatori@iia.cnr.it -

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