Con il gel la colonna torna nuova
Per trattare questa e altre patologie della colonna vertebrale, l'Imcb-Cnr di Napoli ha messo a punto nuovi materiali biocompatibili e iniettabili
Biomateriali sintetici/naturali iniettabili per trattare fratture e altre patologie della colonna vertebrale. È la nuova tecnica, ancora in fase di sperimentazione, messa a punto dall'Istituto per i materiali compositi e biomimetici (Imcb) del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli in collaborazione con partners nazionali ed europei, nell'ambito del progetto europeo 'Disc regeneration' coordinato dal direttore dell'Imcb-Cnr, Luigi Ambrosio.
"Il disco intervertebrale è un sistema composito naturale che permette l'articolazione fra vertebre contigue della colonna", illustra Ambrosio: "La sua degenerazione, a seguito di un inevitabile processo di invecchiamento di tipo naturale o patologico, rappresenta una delle principali cause di sofferenza lombare. La rigenerazione del disco intervertebrale è una delle sfide più ambiziose della bioingegneria per la sua complessità, dal momento che coinvolge una serie di tessuti con struttura, proprietà e funzioni differenti, a partire dal nucleo (tessuto soffice altamente idrofilico con funzione di ammortizzatore), fino all'annulus (tessuto fibroso con funzione di contenimento) e agli endplates (tessuto più rigido che assicura continuità all'interfaccia con le vertebre)".
Nel corso degli ultimi decenni è stata lanciata sul mercato una grande varietà di materiali e prodotti per sostenere la crescente richiesta di dispositivi con impiego nella rigenerazione del disco e del tessuto osseo vertebrale adiacente, spesso coinvolto da patologie e fratture, anche in età precoce. "In particolare, rappresenta un approccio interessante ai fini del recupero della mobilità della colonna vertebrale", spiega il direttore, "la sostituzione del solo nucleo con materiali sintetici/naturali nei casi di ernia del disco, senza danneggiare l'annulus e gli endplates"
Numerosi sono stati in questi anni gli sforzi per realizzare sostituti biocompatibili del nucleo polposo, iniettabili nel corpo mediante tecniche chirurgiche o vie d'accesso anatomiche mini invasive. Ma sebbene capaci di ristabilire lo spazio tra le vertebre e la mobilità, i sistemi proposti non hanno consentito un recupero ottimale della biomeccanica della colonna vertebrale. "Per ovviare a tali problematiche", aggiunge Ambrosio, "sono stati presi in considerazione nuovi materiali, come gel iniettabili bioattivi costituiti da collagene e acido ialuronico, rinforzato con microsfere di gelatina, in grado di soddisfare le complesse proprietà meccaniche del nucleo e capaci di rigenerare di nuovo il tessuto".
Sono molto frequenti anche le patologie della colonna che riguardano la degenerazione del tessuto osseo delle vertebre direttamente a contatto con il disco. "Qui la ricerca per i sostituti ossei iniettabili, utili per la rigenerazione dell'osso vertebrale", precisa Ambrosio, "è stata orientata verso materiali compositi che combinano polimeri sintetici bio-compatibili a calcio-fosfati bio-attivi, che consentono la realizzazione di sistemi riassorbibili con composizione simile all'osso naturale e proprietà superiori in termini di prestazioni meccaniche e capacità di integrarsi con l'osso e rigenerarlo durante la loro degradazione".
In collaborazione con Fin-ceramica Faenza S.p.A., l'Istituto Cnr ha sviluppato anche polimeri idrofilici sintetici combinati con i materiali bioceramici. "Questa miscela" spiega il ricercatore" consente di migliorare le proprietà reologiche del cemento, conferendo eccellenti capacità di scorrimento sotto carico e spiccate qualità di lavorabilità, iniettabilità e adattabilità alla complessa geometria delle cavità ossee. Il recente utilizzo di cementi ossei acrilici, infatti, pur garantendo elevate proprietà meccaniche e una buona stabilizzazione del tessuto nel sito di impianto, hanno mostrato alcuni limiti soprattutto in relazione a temperature elevate - oltre 70°C - e durante la polimerizzazione del cemento che avviene dopo essere iniettato nella vertebra, con conseguenti danni irreversibili ai tessuti sani circostanti. Al contrario, i gel compositi proposti, a base di fosfati di calcio (CPCs) hanno la capacità di indurire direttamente in vivo a 37°C, all'interno della cavità ossea, una volta a contatto con i fluidi biologici, attraverso una reazione di idrolisi".
Silvia Mattoni
Fonte: Luigi Ambrosio, Istituto per i materiali compositi e biomedici, Napoli, tel. 081/7682400 , email ambrosio@unina.it -