Italo Cucci, un romagnolo 'meridionale'
Allievo di Enzo Biagi e Gianni Brera, il giornalista Italo Cucci è uno dei più noti commentatori sportivi. Ha diretto molte testate tra cui Corriere dello Sport e Nazione. Docente presso la Luiss di Roma e l'Università di Teramo, collabora con numerose trasmissioni Rai come Unomattina e Sabato Sprint
Romagnolo purosangue, ma dal temperamento meridionale, ha diretto giornali girovagando per tutta la penisola. Dall'emiliano Guerin Sportivo al milanese Quotidiano Nazionale, dal fiorentino La Nazione fino al capitolino Corriere dello Sport, per poi finire al napoletano Roma. Un itinerante, ma con un'accentuata e appassionata vocazione per il giornalismo sportivo trasmessagli da Gianni Brera, uno dei suoi due maestri insieme con Enzo Biagi. Attualmente è ospite fisso alla Rai come opinionista in diverse trasmissione sportive e ha insegnato Sociologia della comunicazione sportiva all'Università di Teramo, oltre che giornalismo alla Luiss di Roma. Ha maturato anche un'esperienza nel mondo cinematografico, collaborando con Pupi Avati alla sceneggiatura del film ‘Ultimo minuto' con Ugo Tognazzi.
A chi e come ha copiato i ‘trucchi' del mestiere?
Quando si ha la possibilità di lavorare accanto a nomi come Gianni Brera ed Enzo Biagi, si cerca di apprendere il più possibile. Direi che Brera è stato la poesia del giornalismo mentre Biagi la prosa, nel senso che il primo era un ricercatore, amava spaziare dalla lingua araba a quella occidentale, bramava dal desiderio di conoscere ogni argomento mirando agli orizzonti più ampi. Biagi invece aveva la genuinità del narratore semplice, intuiva quello che i lettori desideravano leggere.
Secondo la sua esperienza fare il giornalista è più una vocazione o una scelta?
Intanto ai miei tempi era una scelta giovanile, si diventava giornalista a 20 anni, ora invece intorno ai 40. Poi ritengo che attualmente il mestiere si sia ridotto a una macchina burocratica e di marketing.
Differenze e difficoltà tra i giornali dove ha lavorato
Nonostante sia un romagnolo doc, mi sento molto legato al Centro-Sud e mi reputo un giornalista ‘meridionale'. Mi resi conto di questa propensione nel 1985, allorché ricevetti una proposta di lavoro dalla Gazzetta dello Sport di Milano e preferii il Corriere dello Sport di Roma. Per noi romagnoli la Capitale ha un fascino tutto particolare, anche perché raccoglie un bacino d'utenza molto interessante e variopinto.
Ha avuto un legame di amicizia molto stretto con Enzo Ferrari, dal quale ha ricevuto un premio alla carriera. Come lo ricorda?
Il vecchio Ferrari aveva un debole per me, è vero: anche se affermava che non capivo nulla di motori, mi volle come direttore della rivista ‘Autosprint'. Tra i ricordi che ne conservo, quello del racconto della visita che gli fece Mussolini a Maranello. Ferrari gli propose una passeggiata e così, come mi disse con un pizzico di superbia: "Sapevo che il Duce che era un uomo determinato, ma con me in macchina di paura ne ebbe tanta per il modo in cui guidavo e correvo".
In una disciplina come l'automobilismo, il rapporto tra la tecnologia e la capacità atletica è fondamentale
Ritengo che l'elettronica ormai sia il fulcro della Formula 1, la cosa più importante che i costruttori devono affrontare per essere vincenti. L'automobilismo è in questo senso il ‘laboratorio' dei contenuti tecnologici che in seguito verranno applicati dalle industrie automobilistiche. Sul cruscotto delle monoposto c'è il meglio di quella strumentazione che sarà poi realizzata sui veicoli comuni.
Si parla di tecnologia anche nel calcio, specialmente per la moviola e i sistemi tesi a evitare ‘sviste arbitrali'. Lei cosa ne pensa?
Sono un nemico della moviola in campo, perché penso che possa essere la fine del calcio. La sua originalità, il fascino del gioco sta proprio nell'incertezza, nella difficoltà di percepire l'errore. Uno strumento che fornisca risposte certe limiterebbe moltissimo la passione agonistica.
Da giovane a scuola che rapporto aveva con le materie scientifiche? Ha mai pensato a una carriera come ricercatore?
Mi piaceva la biologia ma non la matematica. Però mi ritengo a mio modo un ‘ricercatore', in qualche modo ogni giornalista lo è. Posseggo una biblioteca con circa 7.000 volumi, che spaziano in diverse discipline.
Quale ricerca vorrebbe che si fosse compiuta?
Una ricerca scientifica sostenuta da un approccio umanistico. La ricerca deve entrare nella vita quotidiana, non solo in quello ‘scientifico' nel senso più arido, altrimenti sarebbe la fine per l'essere umano.