Focus: Guglielmo Marconi

SOS in mare: dalle onde radio ai moderni sistemi di soccorso nautico

EPIRB
di Maria Teresa Orlando

All’alba del 23 gennaio 1909, il transatlantico Republic lancia il primo SOS della storia. 1700 persone si salvano in mare grazie al segnale di emergenza inviato con il radiotelegrafo di Marconi. In questo campo si sono fatti molti passi avanti, come spiega Barbara Masini dell’Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni del Cnr che illustra quali sono oggi i sistemi per la richiesta di soccorso in mare

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Alle prime luci dell’alba del 23 gennaio del 1909 un suono cupo e profondo risveglia Jack Binns dal suo turno di riposo, scaraventandolo giù dalla cuccetta. Jack è il marconista del transatlantico Republic, con 742 passeggeri, salpato da New York verso Gibilterra. Quel giorno la nebbia è così fitta che un’altra nave, il Florida, li ha speronati. Il Republic è però dotato del radiotelegrafo di Marconi, la cabina è danneggiata, ma il radiotelegrafo funziona ancora. In pochi minuti le luci si spengono in tutta la nave e nel buio profondo Jack urta la leva del telegrafo che si rompe. Sono attimi di angoscia, ma grazie agli accumulatori e tenendo stretta con una mano la leva rotta, Jack riesce a inviare il codice di allarme.

“È il segnale CQD che viene ricevuto dalle stazioni radio dell’isola di Nantucket, a nord est di New York, che a sua volta lo ritrasmettono a tutte le imbarcazioni disponibili; comincia uno scambio di messaggi, dal ritmo teso e cadenzato”, spiega Barbara Masini dell’Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni (Ieiit) del Cnr. “Il Baltic è la prima nave a rispondere e a dirigersi verso il Republic. C’è nebbia fitta e i soccorsi arriveranno solo ore dopo, ma tutte le 1.700 persone a bordo, di entrambe le navi, sono salve. È il primo esempio della terrificante potenza della radio”.

Ma facciamo un passo indietro. Nel 1895 Marconi aveva letto un articolo sulla rivista “L’Elettricità” a cui era abbonato: “Nessun compito sarebbe più utile […] di quello che avesse per scopo di strappare al mare una parte almeno delle sue vittime ed avrebbe maggior diritto di registrare qualche nuovo nome sul gran libro dei benefattori dell’umanità”. Mai articolo fu più profetico. Solo pochi anni dopo, nel 1901, grazie alla sua genialità e alla grande perseveranza, Marconi realizza il primo collegamento transoceanico senza fili, da Poldhu (Cornovaglia) a St. John’s (Terranova) e nel 1907 fonda la compagnia Marconi che fornisce il primo regolare servizio pubblico radiotelegrafico tra l’Europa e l’America, equipaggiando le navi sia degli strumenti ricetrasmittenti che del relativo personale, i cosiddetti Marconisti, dipendenti della compagnia Marconi.

EPIRB

Emergency Position Indicating Radio Beacon

“Il primo segnale di emergenza telegrafico era appunto il CQD (— · — · — — · — — · ·), un segnale in codice Morse precedente al più noto SOS. La prima parte del segnale, CQ, indicava la chiamata verso tutti (in broadcast), D l’emergenza. Nel 1906 la Convenzione radiotelegrafica internazionale propose di sostituire il CQD con il segnale SOS ( · · · — — — · · ·) più facilmente riconoscibile dai marconisti perché le tre lettere combinate insieme davano un codice inconfondibile nel linguaggio Morse, composto di tre punti, tre linee, tre punti”, precisa la ricercatrice del Cnr-Ieiit. “L’SOS però si diffuse soltanto dopo l’affondamento del Titanic del 1912; in quell’occasione, infatti, il codice CQD non fu riconosciuto a differenza dell’SOS”.

A quell’epoca, il radiotelegrafo era in grado di trasmettere solo i segnali del codice Morse, già in uso nel telegrafo, ma non la voce o suoni prolungati. “Fu proprio Marconi che il 30 maggio 1924 realizzò la prima trasmissione della voce umana intercontinentale fra Poldhu e Sydney, in Australia”, prosegue Masini.

Quell’invenzione profetizzava quella che sarebbe stata la magia delle onde radio nell’interconnettere le persone in tutto il mondo, in aria, in terra e in mare, dove il salvataggio e la messa in sicurezza di tantissime vite avviene proprio grazie ai segnali radio. Oggi il popolo dei diportisti ha a disposizione una serie di sistemi per dare l’SOS per il soccorso e l’alert di navigazione in mare. 

È di qualche giorno fa la notizia che il Consiglio di Stato ha dato il via libera al nuovo Regolamento di attuazione del Codice della nautica da diporto, successivo alla riforma del 2020 che, insieme a una generale semplificazione di adempimenti e procedure, introduce per tutte le unità da diporto, private e a noleggio, una serie di standard costruttivi e dotazioni di sicurezza obbligatorie. Perché quando si parla di sicurezza in mare, il primo vero passo per uscire dai guai è la capacità di ogni imbarcazione di reagire, dando all’equipaggio il tempo e la possibilità di mettersi in sicurezza, ad esempio lanciando razzi di segnalazione o boette fumogene (segnali diurni da utilizzare per avvisare di un pericolo), utilizzando la zattera o il battello pneumatico, più noto ai diportisti con il nome di tender, e segnalando l’esatta posizione per il ritrovamento in mare.

Salvataggio in mare

Ma come si chiama oggi il soccorso e come si segnala l’esatta posizione in mare? “Anche in questo caso ci viene in aiuto un regolamento importante, il nuovo ‘Regolamento per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare’, che dà istruzioni precise ai naviganti. È stato proposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel 2022, introducendo l’obbligo per le imbarcazioni da diporto dell’installazione di apparati dotati di DSC (Digital Selective Calling), un sistema in grado di inviare messaggi digitali tramite apparati mobili di ricetrasmissione VHF marini”, precisa l’esperta.

Basta premere un tasto rosso e il sistema trasmette l’identificativo dell’imbarcazione che ha emesso il segnale, cioè il codice MMSI (Maritime Mobile Service Identity) che è composto da dieci cifre: le prime tre individuano la bandiera di appartenenza, per l’Italia è 247, le rimanenti sette cifre individuano esattamente l’unità da cui è partito l’allarme. “Il DSC trasmette non solo l’identificativo dell’imbarcazione in difficoltà, ma anche l’esatta posizione da cui si invia la chiamata. Se l’apparecchio è interfacciato con un sistema globale di navigazione satellitare in grado di geo-radiolocalizzarlo utilizzando i satelliti il segnale arriva a un altro dispositivo DSC che si trova a distanza utile e per maggiore sicurezza il segnale viene ripetuto ogni 4 minuti”, continua Masini. “Il DSC è parte di un sistema globale di comunicazione marittima, il GMDSS (Global Maritime Distress and Safety System) che è stato sviluppato nel 1992 e reso obbligatorio prima per le navi SOLAS, (Safety of Life at Sea) nel 1995 ed esteso poi alle altre categorie del naviglio maggiore, ovvero le imbarcazioni con scafo di lunghezza superiore ai ventiquattro metri e, dal 2022, a tutte le imbarcazioni”.

Questo obbligo nasce dalla necessità di evitare che si verifichino casi in cui coesistono due sistemi di telecomunicazione per la sicurezza della navigazione e la salvaguardia della vita umana in mare non compatibili tra loro. “Con le stazioni GMDSS l’ascolto avviene attraverso ricevitori digitali sul canale 70 in VHF e su 2187.5 KHz in MF (apparato SSB). Se un’imbarcazione che si trova in difficoltà dovesse lanciare un segnale di soccorso sul canale 16 VHF o su 2182 KHz in MF, correrebbe il rischio che il segnale non venga ricevuto anche se si trova nella stessa area di copertura delle navi SOLAS”, aggiunge la ricercatrice del Cnr-Ieiit.

Per le imbarcazioni non superiori ai 21 metri di lunghezza - naviglio minore - che devono dotarsi del sistema DSC, è stato studiato un modo per essere parte di questo nuovo sistema di comunicazioni senza troppe complicazioni tecniche e senza dover sostenere spese importanti. L’International Telecommunication Union (ITU) ha introdotto sul mercato nuovi standard tecnici per gli apparati da installare su imbarcazioni a vela e a motore, ma anche su pescherecci e barche da lavoro. “Questi sistemi sono in grado di trasmettere e ricevere protocolli DSS di classe inferiore (“D” per il VHF, ed “E” per MF). Anche in questo caso, il VHF DSC classe D e l’MF classe E garantiscono la chiamata di soccorso attivando un solo comando, con il quale il sistema trasmette l’identificativo MMSI che, se è collegato a un sistema GPS di Global Positioning System, aggiunge posizione e ora di chiamata” chiarisce Masini.

Infine, vediamo l’EPIRB (Emergency Position Indicating Radio Beacon), un altro apparato straordinario del sistema mondiale GMDSS per il soccorso e la sicurezza in mare, obbligatorio però solo per imbarcazioni abilitate alla navigazione oltre le 50 miglia. L’EPIRB è una piccola boa che consente la chiamata di emergenza via satellite. Le più comuni si attivano direttamente a contatto con l’acqua, basta lanciarle in mare, e funzionano grazie a un GPS integrato. “L’EPIRB è sicuramente uno strumento straordinario di sicurezza che consente chiamate di emergenza quando si è in mare aperto, ma non dà alcuna informazione sulla natura del problema a bordo e soprattutto il segnale non può essere disattivato una volta lanciato. Attivando l’EPIRB i soccorsi arriveranno nel più breve tempo possibile“, conclude la ricercatrice.

Fonte: Barbara Masini, Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni, barbara.masini@cnr.it

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