Il lungo viaggio dei meteoriti
Per capire come si sono formati i planetesimi, i corpi rocciosi che aggregandosi tra loro hanno dato origine ai pianeti del sistema solare, vengono in aiuto i meteoriti, rocce di natura extraterrestre che di tanto in tanto precipitano sulla Terra. Ce ne parla Stefano Iannini Lelarge dell’Istituto di geoscienze e georisorse del Cnr, che studia questi materiali rimasti nella loro forma originaria da quando si sono formati attorno ai 4,6 miliardi di anni fa
È possibile studiare un corpo extraterrestre in laboratorio, in particolare si può fare con i meteoriti, che cadono sul nostro Pianeta lasciando scie luminose del loro passaggio in atmosfera; queste ultime aiutano i cacciatori di meteoriti a individuarle nel punto di impatto al suolo, spesso tra bianchi deserti, dove spiccano col loro caratteristico colore scuro. Che si tratti di residui della formazione del Sistema solare o di frammenti rocciosi sfuggiti dalla Luna o da Marte, sono veri e propri elementi alieni, che abbiamo la fortuna di poter toccare per scoprire molte cose del passato del nostro Sistema solare.
Stefano Iannini Lelarge, assegnista di ricerca presso l’Istituto di geoscienze e georisorse (Igg) del Cnr studia questi corpi provenienti dallo spazio per capire come si sono formati altri corpi rocciosi, i cosiddetti” planetesimi”, da cui si ipotizza abbiano avuto origine per aggregazione i pianeti attuali. Ricostruire l'immagine di un puzzle a partire da un solo pezzo: è questa la metafora che Iannini utilizza per descrivere lo scopo delle sue ricerche. “Analizzando i meteoriti, possiamo ottenere informazioni sui planetesimi, che non possiamo studiare in modo diretto. I meteoriti si dividono in due gruppi principali. Le condriti, le più comuni, rappresentano l'86% dei meteoriti note e sono caratterizzate dalla presenza di condrule, piccoli oggetti sferici costituiti da silicati, metalli, solfuri e altri materiali. Le condriti sono molto importanti perché, essendosi formate agli albori del Sistema solare, rappresentano il materiale originario presente in quel momento. Si può dire che siano il materiale di base da cui si sono formati tutti gli altri corpi; dall’aggregazione delle condriti, infatti, si sono andati a formare corpi rocciosi via via più grandi, che hanno dato luogo alla formazione di piccoli planetesimi e dei pianeti rocciosi. Una parte delle condriti è sfuggita a questi processi di aggregazione, viaggiando nello spazio per milioni di anni, fino a cadere in alcuni casi sulla Terra sotto forma di meteoriti”, spiega Iannini.
Il restante 14% dei meteoriti è composto principalmente da quelli cosiddetti acondritici o acondriti. Un famoso meteorite acondritico è stato usata per il pugnale di Tutankhamon, un materiale ferroso così particolare da essersi guadagnato un posto d’onore nella tomba del faraone per la sua evidente natura extraterrestre. Diversamente dalle condriti, i meteoriti acondritici hanno una struttura priva di condrule. Sono infatti frammenti di corpi più grandi che hanno subito processi di differenziazione planetaria, cioè che hanno avuto modo di diversificarsi in un nucleo, un mantello e una crosta, come vediamo oggi nei pianeti rocciosi come la Terra. “I meteoriti acondritici, come anche gli altri corpi di dimensioni maggiori, planetesimi compresi, sono stati sottoposti a processi fisici da cui hanno tratto una quantità di calore sufficiente per poter fondere. La fusione ha permesso di separare le diverse componenti chimiche presenti nella roccia per formare le diverse parti: il metallo per il nucleo, i silicati per la crosta e il materiale residuo per il mantello. La continua aggregazione di questi corpi ha portato a formare corpi via via più grandi, dando luogo ai pianeti che conosciamo attualmente”, continua il ricercatore del Cnr-Igg.
Iannini cerca di riprodurre i processi di differenziazione planetaria sottoponendo a temperature tra i 1000 e i 1400 °C campioni di condriti, quelli più primitivi e meno differenziati, portandoli a fusione parziale. Quando i risultati ottenuti con questa fusione controllata si avvicinano ai risultati dei processi di differenziazione planetaria avvenuti nel Sistema solare durante la sua formazione, possiamo scoprire qualcosa in più del contesto che li ha generati. “Gli esperimenti in laboratorio consentono di scegliere pressione, temperatura e composizione iniziale. Vedendo il risultato di questo processo, possiamo capire se ci sono similitudini con i processi di formazione di altri tipi di corpi”, chiarisce l’esperto.
Le difficoltà non sono poche, a causa dell’assenza di un contesto generale di provenienza dei campioni. “I pezzi che abbiamo a disposizione per capire la nascita dei planetesimi sono limitati ed è difficile ricostruire il puzzle. A differenza di quanto accade per capire la Terra, inoltre, qui non possiamo andare a raccogliere campioni e scegliere quelli migliori: le uniche tracce che abbiamo dei planetesimi sono i meteoriti, che hanno vagato fino a oggi nello spazio per finire nei nostri laboratori”, continua il ricercatore.
Per capirlo meglio pensiamo a un archeologo che invece di avere vari pezzi di un vaso antico ha molti pezzi di vasi diversi. “Siamo molto bravi a classificare e mettere insieme meteoriti che presumiamo appartengano a uno stesso corpo; restano comunque pochi e soprattutto completamente decontestualizzati tra di loro. È come dare a un esperto di ceramiche un sacco con resti di vasi greci, maya e mesopotamici e chiedergli di ricostruire le civiltà che li hanno prodotti, senza sapere niente dei vasi da cui provengono. Magari è facile classificarli in diversi gruppi e si possono fare varie ipotesi sulle tecniche di produzione, ma è molto complicato poter ricostruire informazioni sulle civiltà che li hanno realizzati”, conclude Iannini.
L'ultimo studio sperimentale su cui sta lavorando il ricercatore del Cnr-Igg fornirà un collegamento tra alcune condriti dalla composizione anomala (note come ricche in silicio e ricche in alcali) con alcune acondriti primitive e potrà darci ulteriori informazioni sulle tempistiche e le dinamiche di formazione di questi materiali. Nel frattempo, se vi capita di trovare un pezzo di roccia dall’aspetto molto extra e poco terrestre, sappiate che potreste essere incappati in una meteorite.
Fonte: Stefano Iannini Lelarge, Istituto di geoscienze e georisorse, stefano.iannini@igg.cnr.it