Focus: Animali

Ai Poli, vite al limite

Ghiacci polari
di Luisa De Biagi

La scoperta casuale di 16 spugne e 22 animali a circa 1 km sotto i ghiacci antartici, nel buio totale, ci pone di fronte a svariati interrogativi sulla presenza di vita in condizioni finora ritenute impossibili. Sull’argomento abbiamo sentito Maurizio Azzaro, responsabile  della sezione di Messina dell’Istituto di scienze polari del Cnr

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“Non dovrebbero essere qui, per un sacco di buone ragioni...”. Così ha sentenziato il biologo marino Huw Griffiths del British Antarctic Survey (Bas) dopo essersi ritrovato inaspettatamente davanti a un enorme sasso appoggiato sul fondale, ricoperto da 16 spugne e altri 22 animali non ancora identificati, a circa 1 km sotto i ghiacci antartici. 

“Negli ambienti polari esistono una serie di adattamenti fisiologici che permettono alla vita di esistere in condizioni estreme, sorprendendo ancor oggi, a più di un secolo della conquista dei due Poli, la comunità scientifica mondiale. Questi ecosistemi lontani ci forniscono continuamente informazioni essenziali sull’origine della vita e indizi su come essa possa esistere e svilupparsi in pianeti lontani”, spiega Maurizio Azzaro, responsabile della sezione di Messina dell’Istituto di scienze polari (Isp) del Cnr. “Recentemente la vita è stata trovata anche sul fondo della calotta glaciale della piattaforma Filchner-Ronne, a circa 900 m di profondità e a 260 km dal fronte glaciale che si trova nel Mare di Weddel.  Forme sessili di spugne e probabilmente cirripedi vivevano sul fondale marino e gli scienziati si interrogano sull’età di queste specie (in Antartide sono state trovate spugne con più di 10.000 anni di vita) e sulle fonti di cibo-energia di cui beneficiano per la sopravvivenza. Una scoperta analoga è stata fatta nel suolo nella zona attorno al ghiacciaio Teardrop, nell’Artico canadese in prossimità dell’Isola Ellesmere, dove l’arretramento del ghiacciaio ha portato alla luce gli steli e le foglie di briofite che erano rimaste ibernate nei ghiacci dai tempi della Piccola era glaciale. Sorprendentemente, queste ardite briofite sono state fatte rifiorire in laboratorio e per la loro grande resistenza potrebbero essere candidate a colonizzare ambienti estremi, anche nello spazio”. 

Ricercatori al Polo

Photo by Olaf Eisen, AWI

Va ricordata poi la spedizione di 80 giorni Chasing the Light-Antarctica 2021, in cui gli esploratori Justin Packshaw e Jamie Facer Childs hanno lavorato per la Nasa, la Stanford University e l'Esa percorrendo l’Antartide “coast to coast” senza assistenza, a piedi e con il kite, facendo affidamento esclusivamente sulla forza fisica e mentale. La missione ha consentito agli scienziati di osservare l’adattabilità umana e la mappatura di modelli di dati genomici, fisiologici, psicologici e ambientali per un’esplorazione spaziale centrata sull'uomo. Anche i ricercatori del Cnr-Isp di Messina sono impegnati su diversi progetti del Programma di ricerche in Artico (Pra) e in Antartide (Pnra) e internazionali (Interact). “Studiamo la vita microbica estremofila negli ecosistemi polari, dagli ambienti glaciali, limnologici e marini artici nelle Isole Svalbard (Progetti Ecoclimate, ICEtoFLUX e MICROTRACER), in Canada (SNOW-BALL) e Finlandia (CIRCE), fino al lago più salato al mondo (Don Juan Pond), nelle valli secche di McMurdo in Antartide, ritenuto senza vita; dalle brine racchiuse nei laghi perennemente ghiacciati antartici (IPECA), fino alle grotte fumaroliche nel ghiaccio del Monte Melbourne, un vulcano nella Terra Vittoria in Antartide (Progetto MIMIC)”, continua il ricercatore del Cnr-Isp. “Nell’Antartide marittima, includendo la Penisola Antartica, saranno condotti studi da un lato sulla vita microbica (funghi e batteri) in associazione con la vegetazione ivi esistente, anche in relazione ai cambiamenti climatici (Progetto PNRA19_00081), e dall’altro sulla plastisfera, così come sull’ingestione di plastiche e il trasferimento lungo la fragile catena trofica, problema emergente anche nelle aree polari (EXPLORA)”.

Infine, l’applicazione della robotica consentirà di studiare l’ecosistema a ridosso e sotto i ghiacciai antartici del Mare di Ross. “Potremo osservare forme di vita uniche e nicchie ecologiche inesplorate ancora dall’uomo, vista l’impossibilità di accesso con altri mezzi, grazie al Progetto RESTORE. Questi studi sono importanti non solo per comprendere meglio la vita estremofila e aumentare le potenzialità biotecnologiche a disposizione delle sfide dell’uomo nel terzo millennio, ma anche per capire i limiti della vita in chiave astrobiologica. La vita microbica è ovunque sulla Terra e dovremmo sorprenderci non sulla sua scoperta anche nei luoghi più remoti, ma sull’eventuale sua assenza, e interrogarci sul perché”, conclude Azzaro.

Fonte: Maurizio Azzaro, Istituto di scienze polari, e-mail: maurizio.azzaro@cnr.it

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