Non solo uova di Pasqua
I dolci tipici di questa festività forniscono lo spunto a Ester Cecere, ricercatrice dell’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr e curatrice della rubrica “Vita di mare”, di fare una carrellata sulle uova degli animali marini, delle quali illustra le diverse caratteristiche e particolarità
Pasqua è vicina. Anche involontariamente, nel nostro immaginario, associamo a tale festività l’uovo, generalmente quello di cioccolato, che di solito si dona ai bambini. D’altro canto, l’usanza dello scambio delle uova ebbe origine addirittura nel Medioevo come regalo alla servitù! Alla parola uovo siamo soliti associare anche Cristoforo Colombo. Chi non ha mai usato almeno una volta l’espressione “è l’uovo di Colombo”? Oppure “meglio l’uovo oggi o la gallina domani?”. Sicuramente non pensiamo all’uovo quando lungo la costa, in prossimità del bagnasciuga, proprio dove l’acqua è molto bassa rinveniamo, spiaggiate dopo le mareggiate, alcune formazioni, sicuramente di sostanza organica, ma che non fanno pensare assolutamente a strutture riproduttive. Sono le uova degli animali marini, definite con termine scientifico “ovature”. Sono caratteristiche di ogni specie e hanno forme strane, particolari, di astuccio, di sacchetto, di spirale, di nastro; sembrano opere di designer alla ricerca dell’originalità a tutti i costi.
Decisamente particolari sono le capsule ovigere dello squalo gattuccio (Scyliorhinus canicula), specie largamente pescata e commercializzata in tutta Europa, che difficilmente raggiunge la lunghezza di 1 m. La femmina depone le uova e le ancora sui rami delle gorgonie (Paramuricea clavata o Eunicella cavolinii) in fondali non molto profondi. Esse hanno la forma di sacchetti o astucci, detti “borsellini della sirena”, lunghi da 5 a 10 centimetri e di colore bianco-giallo traslucido. Ai quattro angoli del “sacchetto” sono presenti dei filamenti che servono ad ancorarlo agli scogli o ai rami delle gorgonie. Simile a questo è l’uovo di razza. Anch’esso è rettangolare e munito di protuberanze filiformi e molto resistenti alle quattro estremità, ed è nero e rigido. Sul guscio si presentano doppie striature biancastre che consentono alle uova di “ancorarsi” al fondo, oltre che forellini utili per l’ossigenazione dell’embrione. I piccoli avannotti appena nati si liberano del rivestimento scuro che la corrente talvolta conduce a riva, dove lo si può osservare. Ancora più originale è la struttura dell’uovo dello squalo di Port Jackson (Heterodontus portusjacksoni), che vive lungo le regioni costiere dell'Australia meridionale, compresa, appunto, la località di Port Jackson. Ogni femmina depone circa 15 uova a forma di cavatappi fra le crepe delle rocce o in mezzo alle alghe. Le capsule ovigere hanno forma di spirale, sono ruvide, di colore scuro, larghe circa 7-8 cm e lunghe circa 15. Appena deposte sono morbide, col tempo si induriscono. Si schiudono dopo 10-12 mesi.
Per non parlare, poi, degli strani nastri di sabbia, nei quali è facile imbattersi sulle spiagge in primavera. Sono molto fragili e sottili e hanno una caratteristica orlatura su uno dei lati. Non lo diremmo mai ma sono le ovature di un mollusco Gasteropode Naticidae dal poetico nome di Neverita Josephinia, più comunemente conosciuta come natica o in inglese moon snail cioè chiocciola della luna. La conchiglia è leggermente appiattita, globosa e liscia, di un delicato rosa pallido, da cui deriva probabilmente il suo nome volgare. Questa specie, comune nel Mediterraneo fino a 10 metri di profondità, vive in acque calme e ricche di nutrimento su fondi sabbiosi. Il mollusco impasta le uova con la sabbia e un muco da esso secreto e poi le depone sul fondo, tra marzo e giugno. Contrariamente alla loro forma aggraziata, i Naticidae sono infallibili e voraci predatori; sono loro, infatti, i responsabili dei perfetti forellini che possiamo vedere sulle conchiglie delle valve che troviamo spiaggiate.
Ovatura dello squalo di Port Jackson
E che dire di quelle stranissime formazioni irregolari, gialline, composte da un insieme di piccoli contenitori, che a prima vista sembrano spugne? Sono nientedimeno che le ovature dei murici spinosi (Bolinus brandaris), che contengono migliaia di teche, le quali a loro volta custodiscono migliaia di uova. Questi molluschi gasteropodi, chiamati anche lumache di mare o coccioli a Taranto, hanno una conchiglia lunga circa 6 centimetri, robusta, munita di prolungamenti spinosi, dalla particolare forma a clava, stretta in basso e larga nella parte superiore. I murici, feroci predatori come le natiche, sono noti fin dall’antichità. Egizi, Greci e Fenici, infatti, li utilizzavano per produrre la porpora, un pigmento secreto da una ghiandola sotto forma di un liquido vischioso di colore violaceo, che essi usavano per la colorazione delle stoffe. In età imperiale, il porpora rappresentava il colore per eccellenza.
Della forma di nastro, lungo fino a un metro e largo circa 20-30 centimetri sono invece le ovature del mollusco gasteropode Tonna galea, il cui nome in latino vuol dire barile. La conchiglia ha la forma di un elmo, intendendo per elmo quello romano in pelle, detto doglio, come viene anche chiamata la specie. Ha dimensioni che si aggirano intorno ai 15-20 cm di diametro, ma talvolta raggiungono i 30 cm. Il nastro, di colore tra il rosa e il salmone, è simile a un tessuto ricamato a piccoli disegni geometrici. Tale disegno è dovuto alla regolare disposizione delle capsule ovigere, più di un migliaio, avvolte nel muco e in un tessuto nutritivo e contenenti ciascuna un centinaio di
Uva di mare vengono chiamate le uova delle seppie, per la loro forma ad acino e la disposizione a grappolo. Di colore nero, dalle femmine vengono attaccate alle alghe o ad altri oggetti sul fondo. Qualche volta, però, le mareggiate strappano le uova dai loro appigli, rigettandole a riva. Se lo spiaggiamento è recente, osservandole in controluce si potranno vedere all’interno le seppiette vive pronte per uscire. Ogni femmina nel corso della stagione riproduttiva depone ben 3.000 uova. La seppietta appena nata è lunga solo pochi millimetri, ma ha già la forma adulta ed è un’abile cacciatrice. Si, stiamo parlando della seppia comune (Sepia officinalis), il mollusco cefalopode diffuso nel mar Mediterraneo e nell'Atlantico orientale ma anche sulle nostre tavole. Anche le uova dei calamari vengono deposte a grappoli, ma in sacche gelatinose e allungate, gialline, che vengono attaccate a spugne, gorgonie, ecc. Queste sacche contengono un fluido perivitellino, ipertonico che previene la schiusa prematura.
E che dire di quelle strane bolle gelatinose, trasparenti, che si trovano in autunno in prossimità del bagnasciuga? Ebbene, sono le ovature del polichete Arenicola marina, un verme dell’aspetto di un lombrico, ben noto agli amanti della pesca che lo usano come esca, che appartiene al phylum degli Anellidi. Gli individui vivono singolarmente nella sabbia, in gallerie a forma di U, quindi con due sbocchi. Durante la bassa marea, ogni individuo con la parte posteriore del corpo, espelle la sabbia impoverita delle sostanze organiche di cui si è nutrito. Intorno al foro di uscita si creano così le caratteristiche formazioni consistenti in tubicini di sabbia consolidati da muco, avvolti su stessi, che denunciano la presenza del verme.
Terminiamo questa carrellata sulle ovature con gli spaghetti. A questi rassomigliano infatti le ovature di Aplysia depilans o lepre di mare, un mollusco opistobranco, dalla conchiglia piccola e interna e dalla colorazione molto variabile, da bruno chiaro a quasi nero. Le sue uova, deposte in modo da formare caratteristici cordoni di colore arancione, sono appunto chiamati spaghetti di mare.