Focus: Le feste a tavola

A volte conviene piantarla

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di Emanuele Guerrini

L’Istituto di biologia agro-ambientale e forestale del Cnr studia come selezionare piante sempre più efficienti nel ridurre o contenere la diffusione di sostanze chimiche nei suoli e di evitarne l’introduzione nella catena alimentare. Il direttore dell'Istituto, Angelo Massacci, fa il punto della situazione

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"La contaminazione da metalli pesanti dei suoli agrari e dei prodotti destinati al consumo sta divenendo un fenomeno allarmante, anche se nella maggior parte dei casi lungo tutta la filiera che va dal terreno di produzione al consumo si ha un notevole effetto diluizione", dice Angelo Massacci, direttore dell'Istituto di biologia agro-ambientale e forestale (Ibaf) del Cnr.

Le piante, per loro natura, sono soggette ai cambiamenti ambientali e hanno evoluto efficienti sistemi di difesa e tolleranza verso gli inquinanti del suolo. "Alcune specie vegetali dette 'escludenti' riescono a evitare l’effetto tossico dei metalli pesanti in eccesso", continua Massacci, "annullando il loro assorbimento oppure la traslocazione dalla radice alla porzione aerea, preservando i frutti e le parti edibili ed eliminando così il rischio di diffusione nella catena alimentare. Altre piante dette 'iperaccumulatrici' sono invece capaci di assorbire e accumulare nei propri tessuti quantità di metalli pesanti da decine a migliaia di volte superiori a quelle tollerate da altri organismi".

Nei terreni agricoli, le fonti di metalli pesanti sono principalmente tre: le emissioni da industrie vicine, l’utilizzo per l’irrigazione di acque di scarsa qualità e la distribuzione di prodotti fertilizzanti e fitosanitari contenenti microelementi essenziali come il ferro, il rame o lo zinco oppure contaminanti quali il cadmio, il cromo e il piombo. "I primi risultano tossici per gli organismi solo se superano determinate soglie, i secondi sono potenzialmente tossici a qualsiasi livello, non svolgendo particolari funzioni metaboliche", chiarisce il direttore dell’Ibaf-Cnr.

L’esposizione ai metalli pesanti può causare allergie, intolleranze e intossicazioni e può avvenire sia per ingestione di alimenti e acqua sia per inalazione. "Per questo in tutti i paesi sono state istituite strutture di controllo di questi parametri", rassicura Massacci. "In Italia l’Istituto superiore della sanità e l’Inail hanno stabilito quali sono le concentrazioni-dose di riferimento (RfD) per ingestione e inalazione dei metalli pesanti più pericolosi, oltre le quali la nostra salute è a rischio. Il piombo, ad esempio, ha una RfD di 1,00E-07 mg/kg-giorno, il cadmio di 5,00E-04. Nel nostro Paese la concentrazione soglia di contaminazione (Csc) per ciascun metallo pesante nei terreni agricoli e industriali è definita dal Decreto legislativo n. 152/2006 (Testo unico ambientale). La Csc più bassa è stabilita per il mercurio, il tallio e lo stagno in 1 mg kg-1 e per il berillio, il cadmio e il cromo VI in 2 mg kg-1".

Nonostante il problema della contaminazione da metalli pesanti dei suoli coltivati sia reale, a oggi il caso più grave in questo ambito è ancora la sindrome nota come 'Itai itai' riscontrata in Giappone nel 1946 a causa di un’intossicazione cronica da cadmio provocata dall’inquinamento di origine industriale delle acque di irrigazione usate per la coltura del riso".

 

Fonte: Daniela Di Baccio, Istituto di biologia agro-ambientale e forestale, Monterotondo Scalo, tel. 06/90672528 , email daniela.dibaccio@ibaf.cnr.it - Angelo Massacci, Istituto di biologia agro-ambientale e forestale, Monterotondo Scalo, tel. 06/90672537 , email angelo.massacci@ibaf.cnr.it -

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