Una Sistina appena 'spolverata'
Restauratori e conservatori vaticani, ripetono ogni anno la pulizia istituita da papa Paolo III nel 1543, due anni dopo l'esecuzione del 'Giudizio universale', per proteggere il dipinto dal deposito delle polveri. L'ultima manutenzione eseguita, tra novembre e dicembre scorso, ha restituito la Cappella in tutta la sua bellezza
conservatori dei Musei Vaticani non potevano immaginare che ci sarebbe stato un motivo in più per metter mano alla 'spolveratura' della Cappella Sistina', iniziata il 19 novembre e terminata il 14 dicembre scorso. In quei giorni i restauratori, nelle ore di chiusura al pubblico, hanno controllato le superfici affrescate liberandole da polveri e depositi, dall'alto di una gru smontabile, il cosiddetto 'Ragno', capace con il suo braccio di sollevarsi fino ai 21 metri di altezza del sacello.
La Sistina è stata così consegnata al Conclave in tutto il suo splendore. La prassi della 'spolveratura', che avviene ogni anno, ha origini antiche: già papa Paolo III (1468-1549), committente del 'Giudizio universale' dipinto da Michelangelo (1475- 1564), si preoccupò a due anni di distanza dalla conclusione del capolavoro di nominare un 'mundator', compito che fu affidato al fedele domestico e aiutante di Michelangelo, Francesco Amadori detto l'Urbino, il quale nettava le superfici con un panno di lino e mollica di pane.
Oggi i conservatori hanno a disposizione tecnologie per monitorare l'ambiente e scongiurare il degrado dei dipinti, sensibili agli sbalzi di temperatura e umidità arrecati dai flussi di visitatori. "L'edificio voluto da Papa Sisto IV (1414-1484) fu consacrato il 9 agosto 1483 e dedicato all'Assunzione della Vergine", spiega Sandra Fiore, storica dell'arte del Cnr. "A decorarne le pareti furono chiamati i pittori più in auge nell'epoca, come Perugino, Ghirlandaio, Botticelli, Signorelli, ai quali si deve l'esecuzione delle storie del Vecchio e Nuovo Testamento, le une di fronte alle altre".
La volta, come nella tradizione medievale, era semplicemente stellata. Tuttavia, movimenti di assestamento del terreno su cui poggiava il sacro edificio, produssero una grossa crepa nel soffitto, tale da spingere papa Giulio II (1443-1513) a intraprendere nuovi lavori. "Nel 1508 incaricò Michelangelo Buonarroti di realizzare la famosa volta affrescata, impresa che egli eseguì da solo, dopo aver congedato gli 'aiutanti' iniziali", continua Fiore. "L'impresa costò al pittore uno sforzo fisico immane: in quattro anni, su una impalcatura sospesa, sdraiato contro il soffitto, dette vita a un'opera che rivoluzionò la sensibilità e il 'modus pingendi' degli artisti che vennero dopo di lui. Sulla volta si susseguono le scene della Genesi tornate alla luce nel loro splendore cromatico grazie a un sapiente restauro realizzato nel 1980. Le tinte cupe, rese tali anche dai restauri dei secoli passati e dal nerofumo, lasciarono il posto a una tavolozza di colori brillanti, aciduli e cangianti con i quali Michelangelo plasmò i suoi personaggi dal modellato scultoreo. L'artista completò il programma iconografico, con il Giudizio Universale: ormai settantenne, stanco e pieno di acciacchi, per volere di Paolo III e in pieno clima controriformistico eseguì l'opera che rinnovò l'iconografia tradizionale: il Cristo, giovane e atletico, domina il movimento rotatorio dell'ascesa al paradiso dei beati e della caduta agli inferi dei dannati".
Fonte: Sandra Fiore, Ufficio Stampa del Cnr, tel. 06/49933789 , email sandra.fiore@cnr.it -