Focus: Il muro di Berlino

Quando di Berlino ce n'erano due

Brandeburgo
di Emanuele Grimaldi

Simbolo della divisione ideologica e politica tra Est e Ovest, tra democrazie parlamentari e popolari, il Muro di Berlino fu abbattuto con i picconi dalla gente, dando il via al processo di riunificazione tedesca e alla fine dei blocchi e della Guerra fredda. A parlarne, Riccardo Pozzo direttore del Dipartimento scienze umane e sociali - Patrimonio culturale del Cnr

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Nel 1945, tramontati i sogni del Reich millenario, gli Alleati si riunivano, prima a Yalta e poi a Potsdam, per disegnare i nuovi criteri di organizzazione del mondo dopo la guerra. La Germania sarebbe stata divisa in quattro zone di occupazione: anglo-americani e francesi nella parte occidentale e russi nella parte orientale. Successivamente, nel ’49 nascevano due Stati formalmente indipendenti con due costituzioni: la Germania Federale (Brd) sotto l’egida degli Usa e quella democratica (Ddr) sotto l'Urss.

“In effetti, la riunificazione era prevista in una clausola della Costituzione della Brd, ma senza una procedura attuativa, e per 40 anni è stata semplicemente inimmaginabile”, spiega Riccardo Pozzo, direttore del Dipartimento scienze umane e sociali - Patrimonio culturale (Dsu) del Cnr. Mentre negli anni ’50 la Germania Ovest si riprendeva economicamente e politicamente, grazie anche agli aiuti degli Stati Uniti, la Ddr stentava a decollare, con evidenti differenze tra gli standard di vita dei cittadini delle due parti. Anche per questo motivo iniziarono le fughe dall’Est povero verso l’Occidente libero e più ricco, mettendo ancora più in affanno la Germania orientale. Da qui la decisione di costruire nel 1961 un Muro per dividere Berlino e impedire il superamento del confine tra le due Germanie, una soluzione che divenne una trappola mortale.

Ma come affrontarono i tedeschi questa prova che la storia poneva di fronte ai loro destini? “Molti fuggirono dall’Est quando era ancora possibile, altri proseguirono anche dopo il 1961, quando la costruzione del muro rese la fuga pericolosa”, precisa il direttore del Dsu-Cnr. “Si usarono mongolfiere, tunnel, barche, si andò a nuoto, ci furono circa mille persone uccise mentre cercavano di scappare. La nostalgia in entrambe le direzioni era fortissima”.

L’arrivo di Michail Gorbaciov come leader dell’Urss, le difficoltà politiche ed economiche dei Paesi dell’Est, il nuovo corso della Perestroika portarono nuove speranze di libertà, in tutti i paesi del Patto di Varsavia. Per le due Germanie la svolta avvenne nell’estate dell’89, quando tanti cittadini della Ddr riuscirono a passare il confine con l’Ovest. Nel frattempo chi era rimasto in patria cominciò a scendere in piazza, reclamando l'unità.

“Il percorso della riunificazione fu segnato dai pacifisti dell’Ovest, che si opposero al potenziamento delle testate nucleari negli anni Ottanta, e dai pacifisti dell’Est, che manifestarono per la libertà di parola e di culto”, precisa Pozzo. “Dal punto di vista filosofico, prevalse il principio romantico della nazione come organismo indivisibile”.

Dopo i fatti del 9 novembre, si ebbe “un intenso lavoro diplomatico che doveva assicurare il ritiro delle truppe sovietiche, come pure l’ammissione della Germania Est nella Nato”, conclude Pozzo. In questi 25 anni lo sforzo dei governi tedeschi per appianare le differenze economiche e sociali tra le due zone del Paese è stato colossale ed è ancora in corso. Tuttavia, i risultati positivi di questo impegno sono noti a tutti: Berlino è tornata a essere una grande capitale, e la Germania stessa a essere la 'locomotiva’ del Vecchio Continente. “Un Paese che rappresenta un modello per la contrattazione tra le parti sociali e una garanzia per la pace”.

Emanuele Grimaldi

Fonte: Riccardo Pozzo, Dipartimento scienze umane e sociali-Patrimonio culturale del Cnr, Roma, tel. 06/49933344 , email direttore@dsu.cnr.it -

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