Focus: Cervello

l déjà vu tra emotività e malattia

cervello
di Arianna Ligas

La sensazione di aver già vissuto una situazione è uno dei meccanismi cerebrali più complessi e misteriosi con cui si misurano oggi le neuroscienze. Ne abbiamo parlato con Luca Passamonti, dell'Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Cnr di Catanzaro

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La forte familiarità con una situazione che si è convinti di non aver mai vissuto in passato è una percezione con cui la maggior parte delle persone ha fatto i conti almeno una volta. Quello che in molti non sanno è che questa curiosa esperienza, il cosiddetto déjà vu, sta impegnando i neuroscienziati da diverso tempo.

“Il déjà vu è un fenomeno ancora poco noto da un punto di vista scientifico”, dichiara Luca Passamonti, dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare (Ibfm) del Cnr di Catanzaro. “Tuttavia una serie di ricerche ha iniziato a rivelarne le basi anatomiche e fisiologiche, dimostrando che è legato a specifiche strutture cerebrali fondamentali per la formazione dei ricordi, come il lobo temporale”.

Un fenomeno neurologico, dunque, che di solito avviene in presenza di intensi stati emotivi e di stanchezza mentale, ma che può essere anche sintomo di malattie. “Distinguere tra questi due tipi di déjà vu è importante, soprattutto qualora si sospetti la presenza di una forma di epilessia. In questi casi è necessario rivolgersi al più presto a uno specialista della patologia”, spiega il ricercatore dell’Ibfm-Cnr. "Una volta escluso un qualche deficit mentale, bisogna scoprire i fattori che lo scatenano. Le teorie degli studiosi in tal senso sono contrastanti: alcuni scienziati hanno ipotizzato che questa sensazione di falsa o distorta familiarità dipenda da un vero e proprio deficit di memoria. In altre parole, la difficoltà di ricordare tutte le informazioni presenti in uno specifico contesto potrebbe indurre una persona a commettere l'errore di credere che non abbia mai vissuto quella situazione, che per tanti altri versi però appare familiare”.

Preoccupante è invece la tesi emersa da altri studi, secondo i quali i déjà vu potrebbero essere legati a disfunzioni di alcune parti del cervello fondamentali per la formazione dei ricordi. “Al momento sono coinvolto in alcuni esperimenti su soggetti sani e pazienti epilettici che presentano episodi ricorrenti”, conclude Passamonti. “I partecipanti vengono sottoposti contemporaneamente a uno specifico test di memoria e a una risonanza magnetica, in modo da evidenziare il funzionamento e l’attività di determinate regioni del cervello, come il lobo temporale mediale. Al termine dei nostri studi saremo in grado di fornire maggiori informazioni e dettagli circa le basi cerebrali del fenomeno. In futuro speriamo inoltre di migliorare l’approccio diagnostico per alcuni pazienti neurologici in cui il dejà vu rappresenta un importante problema clinico”.

Arianna Ligas

Fonte: Luca Passamonti, Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare, Catanzaro, tel. 0961/3695902 , email luca.passamonti@cnr.it -

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