Focus: Olimpiadi invernali

Il fascino dei diamanti gelati

ghiaccio cristalli
di Claudio Barchesi

Il simbolo del cristallo di ghiaccio è una metafora spesso utilizzata negli sport invernali. In natura, non ne esistono due uguali. La loro incredibile simmetria e loro infinita varietà ha sempre attratto il mondo della scienza, che ancora oggi li studia per comprendere meglio le precipitazioni

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Neve e ghiaccio: forme di acqua allo stato solido, dotate di affascinanti simmetrie, capaci di mostrare al meglio la straordinaria eleganza della natura. Il loro studio è legato a doppio filo con una disciplina a grande valenza multidisciplinare, la Cristallografia, termine che deriva dal greco 'krystallos’, 'ghiaccio’, e dal verbo 'graphein’, 'scrivere’.

“Il ghiaccio è un solido a struttura trasparente con una densità pari a 0,917 g/cm³ a 0°C, dell'8% inferiore a quella dell'acqua”, spiega Michele Saviano, direttore dell’Istituto di cristallografia (Ic) del Cnr. “Gli studi hanno permesso di capire che quasi tutto il ghiaccio della biosfera, il normale ghiaccio cristallino, presenta una struttura ordinata di natura esagonale. Una piccola quantità mostra struttura cubica metastabile, con gli atomi di ossigeno disposti in una configurazione simile al diamante”.

Anche i cristalli dei fiocchi di neve hanno la stessa struttura, ma come è noto non ne esistono due identici. “La neve è formata da cristalli a forma esagonale, tutti meravigliosamente simmetrici, ma tutti diversi”, prosegue Saviano. "Ogni singolo cristallo, all’atto della sua nascita, è influenzato dalle microcondizioni esterne in cui si forma (temperatura e umidità) e pur crescendo simmetricamente, il suo disegno segue ogni volta imprevedibili architetture, che non si ripetono mai”.

I cristalli di neve, per la loro incredibile simmetria e varietà, hanno sempre interessato gli scienziati. “Uno dei primi a occuparsene fu Keplero che nel 1611 tentò una descrizione matematica nel trattato 'Strena Seu de Nive Sexangula’”, precisa il direttore dell’Ic-Cnr. “Ricordiamo poi gli studi di Descartes (1596–1650) e di Hooke (1635-1703), che disegnò i cristalli nel suo famoso volume 'Micrographia’. Meravigliose fotografie che immortalano la bellezza e la diversità dei cristalli di neve sono state scattate da Wilson A. Bentley (1865-1931). Il primo a fare uno studio sistematico è stato un fisico nucleare giapponese, Ukichiro Nakaya (1900-1962), che utilizzando una camera convettiva fredda è riuscito a simulare la formazione della neve”.

Un mondo che ancora oggi non cessa di incuriosire la scienza. Gli studi sui cristalli di ghiaccio possono permettere di comprendere non solo la struttura intima della materia, ma anche fenomeni della natura apparentemente lontani. “Recentemente un gruppo di ricercatori del Max-Planck-Institut per la chimica fisica di Göttingen, ha pubblicato un articolo su 'Science’ che mostra come la cristallizzazione dell’acqua si verifichi sistematicamente solo quando il numero di molecole disponibili arriva almeno a 275. Questa informazione è importante per capire, ad esempio, i processi di nucleazione all’origine delle precipitazioni atmosferiche”, conclude Saviano.

L'Onu ha dichiarato il 2014 anno internazionale della cristallografia, riconoscendo che questa scienza, dischiudendo la struttura tridimensionale delle molecole, ha segnato una svolta cruciale in diverse discipline: dalla chimica alla biologia molecolare, dalle scienze farmaceutiche alla fisica e alla mineralogia. Maggiori informazioni sull’anno della cristallografia sono reperibili su: http://www.cnr.it/cnr/news/CnrNews?IDn=2851

Claudio Barchesi

Fonte: Michele Saviano, Istituto di cristallografia, Bari, tel. +39 080 5929148 , email michele.saviano@ic.cnr.it -